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Il ruolo svolto dall’industria mangimistica italiana all’interno della filiera zootecnica, è da sempre di notevole rilievo. Si tratta di un settore d’industria che ha reso possibile nel nostro Paese lo sviluppo dell’allevamento, contribuendo alla crescita sia delle consistenze di capi allevati sia alla qualità e alla sicurezza delle produzioni che ne originano (carni, latte, uova, pesce e tutti i loro derivati).

Se oggi in Italia abbiamo raggiunto l’autosufficienza nell’approvvigionamento di prodotti avicoli (carni e uova), se riusciamo a produrre una buona parte del latte, della carne bovina e suina che consumiamo, lo dobbiamo alla capacità delle aziende mangimistiche di produrre una quantità di mangime sufficiente ad alimentare gli animali da cui questi prodotti derivano . Senza escludere, poi, la domanda dei molti allevamenti operanti nei più importanti consorzi e circuiti di produzioni DOP che la nostra industria riesce a soddisfare, contribuendo così già dalla base a mantenere alta la bandiera del made in Italy dei prodotti alimentari di origine animale, vero vanto del nostro Paese nel Mondo.

In totale, l’industria mangimistica italiana assicura oltre il 96% del mangime utilizzato ogni anno dall’allevamento nazionale, un risultato reso possibile dalla professionalità, dall’impegno e dalla passione delle nostre aziende che, tuttavia, sono chiamate a operare in un contesto complesso e non di rado problematico: la zootecnia vive un periodo di difficoltà, tra costi di produzione crescenti (a causa anche di normative ambientali, di benessere animale e di sicurezza alimentare sempre più stringenti) e prezzi alla produzione stagnanti, faticando a restare competitiva sui mercati sempre più globali delle carni e dei prodotti di origine animale. Questo ha generato e continua a generare forte crisi di liquidità dei nostri clienti allevatori, che si ripercuote sul nostro settore sotto forma di rischi e costi di un’esposizione finanziaria crescente, visto che i tempi di pagamento dei mangimi si sono dilatati notevolmente negli ultimi 3 anni. A ciò si aggiunge il fenomeno della concorrenza proveniente dall’auto-produzione aziendale di mangimi, così come quella esercitata da operatori che preparano miscele con sistemi non sempre “ortodossi”.

In questo contesto noi continuiamo a lavorare seriamente e responsabilmente, senza aver mai ottenuto od usufruito – nemmeno nei momenti più difficili come quelli dell’epidemia mediatica della BSE e, dell’influenza aviaria– di alcun aiuto pubblico o comunitario e senza la benchè minima misura di sostegno. Anzi, al contrario, spesso ci troviamo di fronte a norme nazionali che ci penalizzano rispetto alle aziende che operano in altri Paesi dell’UE, che impongono divieti o che prevedono sanzioni che gli altri non hanno, creando una grave “gap” competitivo per l’industria mangimistica italiana.

A questo si aggiunga che anche in quei pochi casi in cui a livello regionale vengono stabiliti crediti agevolati o finanziamenti per l’industria agroalimentare, il nostro settore ne viene di fatto escluso, in quanto da tali agevolazioni sono esclusi i mangimifici che impiegano materie prime di derivazione GM, come è il caso della soia. Una discriminazione che penalizza ancora di più l’industria mangimistica visto che in alimentazione animale non esistono valide alternative all’impiego di questa materia prima, che deve essere importata dall’estero per il 90% del nostro fabbisogno e tenuto conto che quella presente sul mercato mondiale è quasi interamente di natura GM.

Si tratta di una situazione di cui vogliamo venga presa coscienza dal mondo politico, dalle Amministrazioni centrali e locali, da tutti i nostri principali interlocutori, perché pone seri interrogativi sulla sostenibilità economica dell’attività mangimistica. Una attività senza la quale, sia bene inteso, la zootecnia italiana non sarebbe in grado di sopravvivere.

Vorrei concludere, però, con una nota di ottimismo, che deriva, da un lato, dai primi dati sul settore alimentare italiano del 2010 che evidenziano l’anticiclicità del comparto e sembrano delineare un futuro di ripresa della domanda; dall’altro, dalla consapevolezza che la nostra industria continua a sopravvivere e a crescere nonostante i problemi, a testimonianza di un patrimonio di responsabilità e di competenza che nessuna crisi potrà mai toglierci. E che, se troveremo il sostegno della filiera e dei decisori pubblici, sono certo che sarà la chiave di una nuova era per il nostro settore.

 

Pubblicato: Aprile-Giugno 2010

Silvio Ferari – Presidente Assalzoo