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Il rischio micotossine nei pet food

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Le micotossine sono metaboliti secondari tossici, prodotti da funghi filamentosi, che hanno effetti negativi sulla salute dell’uomo e degli animali. I principali funghi micotossigeni appartengono a specie dei generi Fusarium, Aspegillus e Pencillium. Essi possono contaminare e produrre micotossine sia sulle piante in campo, che durante la raccolta, il trasporto e lo stoccaggio delle materie prime. In modo particolare i cereali, la frutta secca e diversi prodotti di origine animale (latte e carni e loro derivati) possono essere contaminati da micotossine. I normali trattamenti tecnologici per la preparazione dei pet food influiscono in modo limitato sulla la contaminazione da micotossine. del prodotto finito.

Le principali micotossine riscontrate nel pet food sono le aflatossine, l’ocratossina A e le Fusarium-tossine (tricoteceni, zearalenone e fumonisine in particolare).

Le varie micotossine oltre ad effetti specifici a carico di definiti organi ed apparati, esercitano effetti di carattere generale quali una certa depressione del sistema immunitario, i cui effetti sono facilmente immaginabili.

 

Aflatossine. Le aflatossine sono prodotte principalmente da Aspergillus flavus e A. parasiticus, funghi ubiquitari capaci di contaminare da aflatossine principalmente cereali (mais in particolare), cotone, arachidi e loro sottoprodotti, latte polvere (AFM1). Le aflatossine sono epatotossiche, cancerogene, causano anoressia e depressione comportamentale. Cani che ingerivano 0,5-1,0 mg di aflatossine per kg di peso corporeo sono morti in pochi giorni con sintomi quali vomito, depressione, polidipsia, poliuria ed epatite (Böhm & Razzai-Fazeli, 2005). Livelli più bassi (15 μg di AFB1/kg), ma assunti per 80 settimane, hanno causato l’insorgenza di tumori maligni nei ratti (Newberne & Wogan, 1968). Ad ogni modo, l’LD50 (espressa in mg/kg di peso corporeo) varia fra le specie ed è particolarmente bassa nei conigli (0,3) e nei gatti (0,55), mentre risulta più alta nei cani (1,0) e nei criceti (10,4). La contaminazione del pet food è un problema molto sentito negli USA e in America meridionale. Tuttavia, anche in uno studio condotto in Portogallo è stato evidenziato come più del 25% delle partite analizzate fossero contaminate da AFB1. Il livello massimo ammesso nel pet food per questa micotossina è 20 μg/kg

 

Ocratossina A. – OA Viene prodotta da Aspergillus e Penicillium spp. Gli alimenti a rischio sono frumento, orzo, sottoprodotti della molitura, le carni e le frattaglie (in particolare quelle suine). La Comunità Europea non ha fissato né raccomandato limiti per la concentrazione di OA nel pet food. L’OA altera il metabolismo della fenilalanina e la trasduzione del DNA; ad alti livelli (0,3 mg/kg di peso corporeo) induce danni renali, anoressia, vomito, perdita di peso, emorragie intestinali, disidratazione, prostrazione e morte in cani di razza Beagle (Szczech et al., 1973). L’esposizione prolungata (1 anno) ad OA (0,8 mg/kg di peso corporeo) ha causato neuropatologie ed immunotossicità, teratogenicità e nefrocancerogenicità nei cani.

 

Fusarium-tossine. Le principali tossine prodotte da specie del genere Fusarium sono le fumonisine (FB1, FB2), i tricoteceni e lo zearalenone (ZEA). Il pet food risulta spesso contaminato da queste micotossine; in particolare, le fumonisine sono comuni contaminanti del mais e dei suoi sottoprodotti. Inoltre, sia il mais che l’orzo risultano spesso avere alti livelli di deossinivalenolo (DON), uno dei principali tricoteceni. La contaminazione massima raccomandata nel pet food per le fumonisine e per il DON è di 5 mg/kg5. Le diverse Fusarium-tossine hanno effetti differenti; ad esempio, i tricoteceni causano vomito, rifiuto degli alimenti, irritazioni gastrointestinali ed immunodepressione. Tali sintomi sono stati riportati in cani che ingerivano alimenti contaminati da DON a livelli compresi fra 4,5-7,7 mg/kg (Huges et al., 1999). Lo ZEA ha proprietà estrogeniche: turbe nel normale ciclo riproduttivo di cani domestici sono state riportate quando agli animali è stata somministrata una quantità di 0,2 mg/kg di peso corporeo per una settimana (Gajecka et al., 2004). Le fumonisine, invece, sono coinvolte nella sintesi degli sfingolipidi e possono causare danni agli organi degli animali (Haschek et al., 2002).

 

L’industria del pet food

L’industria del pet food deve confrontarsi con il problema della contaminazione da micotossine alla stregua dei mangimifici che operano nella produzione di alimenti per le specie da reddito.

I punti critici riguardano:

  • Utilizzo di materie prime e loro sottoprodotti contaminati: spesso i sottoprodotti della lavorazione dei cereali (crusca, buccette, farinaccio, cruschello, germe, glutine, pula, farinette, etc.) hanno una contaminazione molto più alta del cereale grezzo.

  • Condizioni di stoccaggio: i principali fattori ambientali associati alla produzione di micotossine sono le temperature medio-alte (> 20°C) e il tenore elevato di umidità delle derrate e quindi di acqua libera (> 0,80).

  • Non corretta valutazione della contaminazione per errori di campionamento: la non uniforme distribuzione delle micotossine rende necessari campionamenti il più possibile rappresentativi delle materie prime e/o dei prodotti stoccati.

  • Non conoscenza della presenza di “micotossine nascoste”: sono tossine che non vengono quantificate dalle normali metodiche analitiche, in quanto legate o coniugate ad altre molecole, ma che se ingerite dagli animali hanno gli stessi effetti delle micotossine libere.

  • Metodologie analitiche non idonee: recentemente abbiamo pubblicato vari lavori in merito (Gallo et al., 2009; Gallo et al., 2010), nei quali si è stato dimostrato come la determinazione delle micotossine possa variare notevolmente a seconda della miscela estraente utilizzata (metanolo, acetone, acetonitrile, cloroformio, etc.) o a seconda del metodo di quantificazione utilizzato (kit ELISA, HPLC, TLC, etc.).

  • Sostanze interferenti nelle determinazioni: la presenza di argille nei mangimi, anche in quantità inferiori all’1%, può causare una grave sottostima (fino a -90%) della reale contaminazione degli alimenti, in modo particolare quando l’estraente utilizzato è il metanolo. Ricordiamo che le bentoniti, le clinoptinoliti, le zeoliti e le altre argille sono normalmente impiegate negli impianti come anticompattanti e pellettanti. Tale sottostima della contaminazione da micotossine è da imputare solo ad aspetti di carattere analitico (Masoero et al., 2009).

 

Strategie di prevenzione

Nel caso le materie prime risultino contaminate, vari processi di decontaminazione e detossificazione possono essere utilizzati dall’industria. Fra questi, i principali sono:

  • Processi tecnologici: la corretta pulitura, setacciatura, etc. delle partite di cereali, allontanando le parti a più alto rischio di contaminazione, riducono in generale la contaminazione da micotossine;

  • Supplementazioni alimentari: la supplementazione agli alimenti contaminati di diverse tipologie di nutrienti (aminoacidi, antiossidanti, vitamine, PUFA, DHA, EPA, etc.) può alleviare gli effetti negativi dovuti all’ingestione delle micotossine e avere effetti protettivi sui vari apparati dell’organismo animale;.

  • Utilizzo di agenti sequestranti le micotossine: abbiamo valutato recentemente l’efficienza di sequestro reale di diverse tipologie di adsorbenti, simulando l’ambiente del tratto gastro-intestinale dei monogastrici (Gallo et al., 2010). Da questa ricerca è emerso come le bentoniti, la clinoptinolite ed i carboni attivi siano efficienti nel sequestro delle aflatossine. Altri prodotti (zeoliti, caoliniti e pareti di lievito) sono risultati meno efficienti. Perciò, la corretta scelta dell’adsorbente da utilizzare appare fondamentale per ridurre al minimo il rischio derivante dall’ingestione di micotossine.

  • Disattivazione microbica o enzimatica delle micotossine: alcuni microrganismi sono capaci di detossificare le micotossine degradandole in prodotti meno pericolosi. Essi sono attivi nel tratto gastrointestinale degli animali, ancor prima che le micotossine vengano assorbite. Esempi sono Trichosporon mycotoxinivorans, in grado di deattivare l’ocratossina A e lo zearalenone, o batteri isolati dal liquido ruminale e capaci di distruggere la molecola dei tricoteceni. Recentemente, alcune ditte hanno commercializzato miscele enzimatiche, estratte da culture batteriche (un esempio è Eubacterium spp. BBSH 979) e lieviti, in grado di deattivare l’anello epossidico dei tricoteceni, di degradare ocratossina A e zearalenone e conseguentemente di proteggere l’animale dagli effetti negativi dovuti alla loro ingestione.

 

Conclusioni

Le micotossine sono responsabili del benessere animale e di certi problemi sanitari, a volte gravi anche negli animali da compagnia. La mancanza di specifiche normative per il pet food per le diverse micotossine, crea certamente una situazione di incertezza. In ogni caso, già oggi è possibile salvaguardare gli animali famigliari dall’ingestione di alimenti contaminati adottando opportune misure di controllo e di prevenzione.

 

Pubblicato: Aprile-Giugno 2010

Foto: © pitrs_Fotolia

Gianfranco Piva, Amedeo Pietri, Antonio Gallo