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Storia di un carnivoro obbligato. Le diete vegane nel gatto: dove, come, quando e perché

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Le matricole che intraprendono il corso di studi in Medicina Veterinaria sono ben presto svezzate. Quando fin dal primo anno si inizia ad approcciare la diversità morfologica, funzionale e clinica di ben sette specie di mammiferi domestici, ci si accorge subito della vastità e della varietà biologica che ci circonda. Tuttavia, nel corso della specializzazione e, successivamente, della professione può rendersi necessario ampliare le competenze studiando dettagliatamente altre specie animali, come gli avicoli (in parte già affrontati in alcune discipline del corso di laurea), gli animali acquatici o gli esotici, ciascuna con le proprie esigenze, definibili pertanto ontologiche. Naturalmente l’approccio comparato con l’uomo è una costante nell’arco del corso di studi, soprattutto per quanto riguarda la salvaguardia della salute pubblica, nell’ottica di quella che è sempre più riconosciuta come l’interazione tra l’uomo, l’animale e l’ambiente, ossia il principio One-Health (un’unica salute).

Per comprendere la chiave di questa interazione è di fondamentale importanza la conoscenza dei fondamenti dell’etologia (scienza che studia il comportamento animale), ossia la sopravvivenza dell’individuo e della specie. Una delle strategie per la sopravvivenza dell’individuo in relazione all’ambiente che lo circonda è data sicuramente dalla ricerca degli alimenti (risorsa primaria), da cui trarre l’energia e i nutrienti, e che l’animale riconosce (per apprendimento) per essere componenti essenziali della propria dieta. Ed è proprio attraverso la dieta che le tanto studiate sette specie sono classificate, ossia in base alla propria ‘diversità nutrizionale’ (che si fonda su specifiche specializzazioni morfologiche, utili a giustificare la funzione di organi e apparati), in erbivori (ruminanti e monogastrici), onnivori e carnivori. Tra questi ultimi, il cane ed il gatto.

Cane e gatto convivono con l’uomo e di conseguenza condividono con quest’ultimo diversi tipi di ambienti (domestici, urbani o rurali). Con noi instaurano un rapporto di condivisione di abitudini, di stili di vita e spesso di alimentazione. Tuttavia, nel rispetto della diversità specie-specifica citata in precedenza, tale condivisione del tempo e dello spazio, deve necessariamente considerare le esigenze di ‘specie’ di ciascuno. Il proprietario e/o il detentore, se si considera strettamente la gestione della risorsa primaria, ossia l’alimento (ivi inclusa l’acqua di bevanda) hanno infatti l’obbligo di curare il proprio animale domestico assicurando di ‘ hellip;Fornire al proprio animale il cibo e l’acqua regolarmente e in quantità sufficienti; le necessarie cure sanitarie ed un adeguato livello di benessere fisico ed etologico hellip;’. Senza addentrarci nei meccanismi del condizionamento umano della dieta del cane domestico moderno (senza però dimenticare che in natura diversi canidi selvatici mostrano una certa propensione per una dieta onnivora e opportunistica), il gatto, fedele alla propria impronta naturale, si manifesta per essere un carnivoro obbligato, ossia un carnivoro in senso stretto. Esso necessita nella sua dieta di alcuni nutrienti essenziali (non sintetizzati de novo nell’organismo), alcuni presenti unicamente o più facilmente reperibili in tessuti animali. Questi nutrienti, se non presenti in adeguata concentrazione nella dieta, possono comportare disordini e lesioni (anche permanenti). Esempi tipici di carenze nutritionali che nel gatto possono sfociare in importanti manifestazioni cliniche sono l’aminoacido taurina, largamente diffuso nei tessuti animali e poco rappresentato nel mondo vegetale, e la vitamna A. Quest’ultima, contrariamente al cane e a molte altre specie tra cui l’uomo, non pu oacute; essere ottenuta (per una mancanza di enzimi) a partire dalla provitamina o beta;-carotene di origine vegetale, e deve pertanto essere assunta direttamente nella sua forma biologicamente attiva, presente in alcuni tessuti animali e principalmente nel fegato.

L’atto di alimentare pertanto è ben diverso dall’atto di nutrire.

La prevenzione dei risvolti patologici relativi a carenze o eccessi nutrizionali passa attraverso la formulazione, da parte del veterinario nutrizionista, di una dieta opportunamente bilanciata. Quest’ultima viene pensata per l’individuo, sulla base del suo stato nutrizionale e metabolico, nell’ottica del mantenimento del benessere fisico, etologico e dello stato di salute.

Tuttavia, recentemente, la sensibilizzazione dell’opinione pubblica verso diverse tematiche di interesse globale e dai risvolti etici ha investito anche l’alimentazione degli animali da compagnia, senza necessariamente implicarne una conoscenza approfondita. Il benessere degli animali allevati per la produzione di alimenti per l’uomo, assieme alle tematiche associate alle responsabilità dell’impatto ambientale delle attività antropiche, includendo le aziende operanti nel settore delle produzioni zootecniche, ha generato una serie di correnti di pensiero e movimenti etici che spesso manifestano diverse sfaccettature della pratica di alimentazione umana, senza risparmiare quella degli animali domestici conviventi. Motivate dalla volontà di alimentare in modo più rispettoso del benessere animale ed ecologicamente sostenibile, sono diffuse nell’alimentazione del gatto le diete vegetariane, fino alle vegane (totalmente basate su alimenti dei 4 regni della natura[1], escluso quindi l’animale, spesso ricorrendo a processi di sintesi in laboratorio per i nutrienti derivati).

La ricerca nel campo della nutrizione veterinaria e lo sviluppo delle strategie dell’industria mangimistica volte a soddisfare la richiesta per la produzione di questo tipo di alimenti vegani per il cane e per il gatto richiede competenze estremamente specialistiche e i cui risvolti non appaiono ancora del tutto chiariti e spiegati sul lungo periodo.

Per aiutarci nella disamina dell’impiego delle diete vegane nel gatto (carnivoro obbligato), cercheremo di affrontare l’argomento per step e per far questo, abbiamo cercato di sviluppare i diversi temi in una sorta di intervista, in cui Maria Grazia Cappai (MGC) rivolge alcune domande a Marco Fantinati (MF), che quotidianamente e specificamente (nel senso stretto del termine) dedica la propria attività clinica, didattica e di ricerca alla nutrizione del gatto.

MGC: ‘Dr. Fantinati, potrebbe in pochi e semplici passaggi spiegare perché noi medici veterinari identifichiamo il gatto come carnivoro obbligato?

MF: In poche parole questa classificazione deriva da un insieme di caratteristiche anatomiche, come la dentatura e uno stomaco proporzionalmente piccolo, a cui segue un intestino relativamente corto, e fisiologiche, quali l’assenza di amilasi salivare e l’assenza o scarsa attività di altre vie enzimatiche che rendono perci oacute; essenziali alcuni nutrienti che sono più facilmente reperibili in tessuti animali (taurina, vitamina A, acido arachidonico) piuttosto che vegetali. Queste cosiddette ‘idiosincrasie metaboliche’ sono loro stesse responsabili dell’elevato fabbisogno di proteine e quindi amino acidi rispetto ad altre specie. Tra questi ultimi ricordiamo l’amino acido taurina che nel gatto, contrariamente al cane, é considerato essenziale.

MGC: ‘Dr. Fantinati, ci potrebbe riportare quali sono i principali nutrienti essenziali per il gatto che possono non essere adeguatamente presenti in una dieta vegana e perci oacute; condurre a sindromi cliniche anche severe?

MF: Il più noto tra tutti é certamente l’amino acido taurina, considerato essenziale per il gatto. Si potrebbe disquisire sul fatto che quest’ultimo sia in realtà presente in alcune alghe, tuttavia resta evidente che esso sia largamente diffuso nei tessuti animali. Seconda, ma non per importanza, la forma biologicamente attiva della vitamina A. Il gatto, infatti, non possiede le vie enzimatiche per poter convertire il beta;-carotene da fonti vegetali in vitamina A, deve perci oacute; assumere questo nutriente direttamente con la dieta. Degni di menzione sono anche l’acido arachidonico e la vitamina D da fonti animali (colecalciferolo), senza dimenticare il fabbisogno elevato dell’amino acido arginina, di vitamine (tiamina e niacina) e di altri come cobalamina e ferro spesso evocati anche in medicina umana.

MGC: ‘Dr. Fantinati, potrebbe indicare una serie di alimenti naturali che apportano i nutrienti essenziali per il Gatto?

MF: Si potrebbe immaginare che le risposte nutrizionali di un carnivoro predatore possano facilmente essere soddisfatte dai tessuti animali che tipicamente costituiscono le sue prede. Possiamo quindi trovare un profilo amino acidico adeguato ai fabbisogni del gatto nelle carni, senza dimenticare l’apporto di vitamine liposolubili dato dal consumo di organi, in particolare del fegato. Detto questo, sia chiaro che non si debba pensare che alimentare un gatto di sola carne e interiora costituisca una dieta adeguatamente bilanciata, la cosa é decisamente più complessa.

MGC: ‘Dr. Fantinati, brevemente, esistono lesioni (danno permanente o irreversibile) che possono essere cagionate da insufficiente apporto di nutrienti essenziali e come eventualmente siano pregiudicati la salute e lo stile di vita (compromettendo il ventaglio dei moduli comportamentali del Gatto)?‘.

MF: Certamente. Una carenza nutrizionale, indipendentemente dal nutriente, potrebbe potenzialmente sempre avere delle conseguenze più o meno gravi. L’amino acido taurina é stato citato più volte. Una carenza di quest’ultimo influisce negativamente, in modo diretto o indiretto, su tutto l’organismo. Segni clinici caratteristici sono la cardiomiopatia dilatativa e lesioni retiniche che possono sfociare in cecità irreversibile. Vorrei aggiungere che, per quanto in un gatto in età adulta sia difficile vedere manifestazioni cliniche di carenze nutrizionali, ci oacute; non siginifica che si debba fare affidamento sull’eccezionale capacità di adattamento della specie. Carenze anche marginali, se protratte nel tempo, porteranno ad una perturbazione dell’omeostasi che avrà certamente conseguenze cliniche.

MGC: ‘Dr. Fantinati, come risponde l’industria mangimistica alle richieste di rendere il Gatto ‘vegano’?’

MF: Da diversi anni esistono in commercio degli alimenti industriali ‘completi’ appositamente formulati per abbracciare questa nicchia di mercato. I produttori di questi alimenti hanno il solo obiettivo di soddisfare da un punto di vista formulistico i fabbisogni nutrizionali del gatto. Raggiungere tale scopo utilizzando solamente materie prime di origine vegetale é un’impresa difficile e richiede obbligatoriamente l’impiego di additivi di sintesi (vitamin A primo tra tutti). Molti di questi pet food sono stati analizzati in pubblicazioni scientifiche, spesso trovando alcuni nutrienti al di sotto del fabbisogno di specie, o in alcuni casi, come per l’acido arachidonico, completamente assenti. A prescindere dall’aspetto puramente formulistico, per questioni etiche, l’impiego di queste diete nel gatto non é mai stato esplorato dalla comunità scientifica e non si conosce la risposta fisiologica e metabolica di un carnivoro stretto ad una dieta ‘vegana’.

MGC: ‘Dr. Fantinati, la domanda nasce spontanea. Ma allora, quali conoscenze abbiamo circa l’effetto metabolico e metabolomico dell’impiego di alimenti per il Gatto con addittivi aggiunti al fine di garantire gli apporti di una dieta vegana, che di per sé nasce deficitaria?

MF: Come Le dicevo, nessuna. Non esiste ad oggi alcuno studio pubblicato sulle conseguenze a lungo termine di tali diete. La letteratura disponibile riguarda prevalentemente gli aspetti formulistici, paragonando i fabbisogni di specie alla concentrazione dei singoli nutrienti nelle diete. L’aspetto clinico del paziente é raramente menzionato, con scarse informazioni sull’animale e con una totale mancanza di follow-up sul corto o lungo termine.

MGC: ‘Dr. Fantinati, grazie per la sua competenza e per la gentilezza!’

Le considerazioni sono molteplici alla luce dei fatti medici e scientifici che in maniera molto asettica sono stati trattati, ma che certamente pongono una serie di quesiti che, a nostro avviso, necessitano di seri approfondimenti. Quanto sono sostenibili questi regimi? Che effetto hanno sulla salute del Gatto nel lungo periodo? E se il Gatto potesse scegliere? Beh, su quest’ultima domanda abbiamo già la nostra risposta.

[1] I regni della natura (viventi): Monera, Protisti, Funghi, Vegetale e Animale

1Dipartimento di Medicina Veterinaria, Università degli Studi di Sassari, Italia. mgcappai@uniss.it

2 Eacute;cole Nationale Vétérinaire de Toulouse, Francia. marco.fantinati@envt.fr

Foto: © g215 – Fotolia

Maria Grazia Cappai1 e Marco Fantinati2