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Sostenibilità, Fao: scende pressione su stock ittici Mediterraneo. Il ruolo dell’acquacoltura

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Lo sfruttamento delle risorse ittiche nel Mediterraneo e nel Mar Nero è in calo. Per la prima volta diminuisce la pressione sugli stock ittici. Il dato incoraggiante è contenuto nell’ultimo rapporto SoMfi del Consiglio generale per la pesca nel Mediterraneo, organo della Fao. La percentuale di sovrasfruttamento è scesa di oltre il 10% tra il 2014 e il 2018. I Paesi che si affacciano su questi grandi bacini si stanno impegnando per rendere più sostenibile l’attività di pesca contribuendo così al raggiungimento dell’Obiettivo di Sviluppo sostenibile n. 14, ovvero “Conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine”. 

Questo obiettivo è in capo non solo al settore della pesca ma anche a quello dell’acquacoltura. Anche le attività di allevamento delle specie ittiche devono promuovere l’uso sostenibile delle risorse. Negli ultimi anni l’acquacoltura si è affermata come un settore in ottima salute e, a fronte di una domanda di pesce in crescita, potrebbe concorrere ad alleggerire il sovrasfruttamento degli stock di pesci selvatici.

L’acquacoltura per la sicurezza alimentare

Il rapporto della Fao ha indicato importanti inversioni di rotta nonostante la maggior parte degli stock ittici resti ancora sotto pressione. Se nel 2012 la percentuale di eccessivo sfruttamento era dell’88%, nel 2018 è scesa al 75%. Inoltre sei dei diciotto stock monitorati hanno fatto registrare un aumento della biomassa relativa: rispetto all’edizione precedente del report questo dato è raddoppiato. Il settore della pesca nel Mediterraneo e nel Mar Nero frutta un valore complessivo annuo di 9,4 miliardi di euro a beneficio di diversi Paesi. Il Consiglio generale per la Pesca nel Mediterraneo ha lavorato con loro per migliorare la gestione delle attività di pesca e quindi le condizioni degli stock ittici. Sono stati compiuti importanti passi in avanti sul monitoraggio delle zone ristrette alla pesca, sulla definizione dell’impronta ambientale delle specie chiave e l’identificazione di ecosistemi marini vulnerabili.

Il tema della gestione sostenibile delle risorse marine, per assicurare cibo salutare a un numero maggiore di consumatori ma, contemporaneamente, proteggendo l’ambiente e salvaguardando gli ecosistemi marini, è stato affrontato in più occasioni dalla Fao. Al Simposio internazionale sulla Sostenibilità della Pesca del novembre 2019 il direttore generale della Fao Qu Dongyu ha individuato una soluzione in tre punti per attività più green: maggiori investimenti in programmi di sostenibilità; investimenti nella crescita sostenibile delle attività in mare; gestione più efficace del settore, ad esempio con riferimento al problema degli sprechi alimentari nell’industria ittica.

Il direttore generale dell’agenzia Onu ha anche riconosciuto il ruolo dell’acquacoltura. La sua utilità emerge se si considerano alcuni dati riferiti dalla stessa Fao. La produzione mondiale di pesca di cattura (tra mare e acqua dolce) supera i 96 milioni di tonnellate annue (dati dello Stato della Pesca e dell’acquacoltura mondiale 2020) e circa un terzo delle risorse ittiche è sovrasfruttato. Ricavare ulteriore prodotto è quindi arduo se non si definiscono misure in un’ottica di maggiore efficienza e minore spreco. L’acquacoltura potrà contribuire quindi a soddisfare l’aumento della domanda di pesce, crostacei e molluschi. Dei 179 milioni di tonnellate di prodotto ittico a livello globale 81,1 milioni derivano dall’acquacoltura, un record rilevato nel 2018. Anche il suo sviluppo però dev’essere governato in modo che sia reso compatibile con la tutela dell’ambiente. Servono strategie per una crescita sostenibile che possano sfruttare l’innovazione digitale, i progressi conseguiti nella genetica e nelle biotecnologie, nella nutrizione animale e nella biosicurezza. 

Foto: Pixabay