Alessio Mammi è assessore all’Agricoltura e agroalimentare, caccia e pesca della Regione Emilia-Romagna. Una quota significativa del valore della produzione agroalimentare nazionale ha origine proprio in questa zona. Nel 2019 la produzione agricola, della silvicoltura e della pesca ha di poco superato i 7 miliardi di euro. Sul fronte della Dop-economy, tra l’altro, la regione è specializzata nella trasformazione di prosciutti e insaccati; qui si trova il 37% dei trasformatori nel segmento della preparazione delle carni.
Nella Pianura padana si concentra la maggior parte della produzione suinicola nazionale. Quali sono state le principali ripercussioni subite dal settore in Emilia-Romagna in relazione alla pandemia di CoVid-19?
La filiera suinicola oggi più che mai ha bisogno di valorizzazione: nel nostro Paese nel 2019 sono stati allevati 5 milioni e 600 mila suini da ingrasso, di cui 809 mila in Emilia-Romagna, cioè il 14,50% della produzione nazionale. Degli 11 milioni e 398 mila suini macellati in Italia, quasi 4 milioni vengono macellati nella nostra Regione, secondi solo alla Lombardia. I salumifici si sono trovati a fronteggiare un aumento insostenibile di prodotto in magazzino, non ritirando quasi più cosce da stagionare e gli allevamenti hanno avuto un sovraccarico di animali che superavano il peso di macellazione previsto dai disciplinari, con conseguente crollo dei prezzi. L’urgenza era quindi ridurre le scorte dei prosciutti in magazzino per riavviare i normali flussi della filiera.
La suinicoltura è stata destinataria di diversi provvedimenti del Governo. Quali sono state invece le principali misure adottate dalla Regione per sostenere la filiera da marzo a oggi?
Abbiamo lavorato in sinergia con le altre Regioni italiane interessate alla zootecnia, e di concerto con la ministra Bellanova, e abbiamo ottenuto alcuni risultati concreti: il primo bando indigenti, che vale per la filiera suinicola 13 milioni di euro, di cui 9 milioni per i prosciutti Dop di Parma e San Daniele e 4 milioni destinati ai salumi Igp, è oggi in parte affidato. Poi nel Decreto zootecnia, che vale complessivamente 90 milioni di euro, sono stati destinati 30 milioni di euro al comparto suinicolo, di cui 23 milioni per i suini da macello e 7 milioni per le scrofe, oltre a 10 milioni per l’ammasso dei prosciutti. Siamo in attesa dell’utilizzo anche di 5 milioni di euro del Fondo suinicolo, che prevede 3 milioni di euro di contributi per le strumentazioni di misurazione oggettiva delle carcasse nei macelli e che stanzia ulteriori 1,5 milioni di euro per la promozione dei prodotti suinicoli. Altre risorse sono attingibili anche dal bando “Made in Italy”. Ci auguriamo venga avviato anche un secondo bando indigenti ai sensi dell’art. 226 del Decreto rilancio per avere a disposizione altre risorse. Oggi l’imperativo è fare presto ed erogare il prima possibile queste importanti risorse per dare una boccata d’ossigeno a produttori e allevatori.
Con eccellenze come il Prosciutto di Parma o la Mortadella Bologna Igp, per restare in ambito zootecnico, l’Emilia-Romagna è sul podio dell’agroalimentare di qualità. Sempre con riferimento alla suinicoltura, come ha dialogato la Regione con i Consorzi?
Il dialogo con i Consorzi è costante e produttivo. Abbiamo sostenuto nel breve termine una ripresa dei consumi attraverso adeguate campagne di corretta informazione, dopo la riapertura dei banchi servizio della Gdo e del canale dell’Horeca. La promozione del Made in Italy dovrà essere sostenuta con forza in Italia e all’estero, attraverso un sistema di valorizzazione che potrebbe aiutare a riorientare una parte delle eccedenze dei circuiti tutelati e limitare le difficoltà. Ad esempio, il progetto “Promozione e internazionalizzazione dell’agroalimentare e del turismo enogastronomico di qualità – #MadeinER” che abbiamo lanciato nelle scorse settimane, in particolare in Germania e Canada, servirà a rafforzare l’identità e la reputazione del brand Emilia-Romagna in modo da accrescere la consapevolezza sull’unicità dei prodotti regionali.
Più volte, anche in una lettera inviata alla ministra delle Politiche agricole, Bellanova, ha parlato di un patto di filiera. Perché considera un’intesa del genere così importante?
In vista della nuova programmazione comunitaria 2021-2027 bisogna prevedere un’Organizzazione comune di mercato zootecnica, in analogia con altri settori. Gli strumenti insiti in un’Ocm sono infatti indispensabili per migliorare le relazioni tra gli anelli della filiera e favorire l’evoluzione del nostro sistema zootecnico che garantisca il giusto reddito a tutte le fasi coinvolte. Abbiamo ben chiari quali sono gli obiettivi di natura economica e produttiva che dobbiamo portare a casa nel breve e nel medio periodo: è per questa ragione che dobbiamo dare vita ad un’intesa di filiera, oggi troppo frammentata, che garantisca programmazione della produzione e costi certi nelle varie fasi, lo sviluppo di azioni di ricerca e innovazione condivisi, obiettivi concreti di sostenibilità ambientale, di benessere e biosicurezza degli allevamenti, la gestione del rischio di impresa con nuovi strumenti e il dialogo con Gdo e accordi interprofessionali.
Con il suo omologo della Regione Lombardia, Fabio Rolfi, durante l’emergenza ha indicato la necessità di sostenere la filiera suinicola nel medio-lungo periodo. Di cosa ha bisogno, una volta superata la fase critica post-CoVid?
In Italia il sistema di allevamento che costituisce l’ossatura della filiera suinicola nazionale è quello del suino pesante, che si distingue dal modello di allevamento europeo perché il nostro è destinato prevalentemente alla salumeria. Questo però non deve impedire di valorizzare meglio le parti destinate al consumo fresco o alle lavorazioni esterne, che hanno comunque richieste significative di mercato. È indubbio che il suino italiano è di migliore qualità: gli sforzi fatti dalle imprese sull’innovazione per il benessere animale e per ridurre l’impiego di antibiotici nel suino pesante, grazie anche agli investimenti messi a disposizione dalla Regione Emilia-Romagna, hanno portato a risultati significativi. Il suino italiano è allevato con standard alti e in continuo miglioramento.
Vito Miraglia