Il riconoscimento più ambito è arrivato dieci anni fa, con la proclamazione di patrimonio dell’umanità da parte dell’Unesco, ma il valore della Dieta mediterranea è ormai sancito da secoli. Un regime alimentare che coniuga benessere, rispetto del territorio e della biodiversità. Per l’Italia la Dieta mediterranea è però anche un veicolo di promozione delle sue eccellenze agroalimentari. Una dote da tutelare e da diffondere nelle nuove generazioni.
Il 16 novembre è stato l’anniversario dell’inserimento della Dieta mediterranea nella lista dei patrimoni mondiali intangibili dell’umanità dell’Unesco. Una riconoscenza che accomuna diversi Paesi oltre all’Italia: Grecia, Spagna, Portogallo, Marocco, Cipro, Croazia. Non solo cibo ma anche tradizione, conoscenze e competenze secolari condivise da popolazioni che si riconoscono come comunità anche intorno a esse.
Etichettatura fronte-pacco a difesa della Dieta mediterranea
La dieta è caratterizzata da un modello nutrizionale identico a sé nei secoli in cui trovano spazio anche prodotti di origine animale come latticini e carne, oltre al pesce, accanto a quegli ingredienti che la contraddistinguono: olio d’oliva, cereali, frutta e verdura, vino. Un ricco tesoro da tutelare per diverse ragioni, anche di tipo economico. Il connubio Dieta mediterranea e Made in Italy è infatti molto stretto, come ha ricordato anche la ministra delle Politiche agricole alimentari forestali Teresa Bellanova in occasione del decennale: “Il 16 novembre 2010 per il nostro Paese è una data importante. Il riconoscimento di una distintività. Da quel momento Made in Italy e Dieta mediterranea hanno avuto nel mondo gli stessi sapori, gli stessi profumi, lo stesso fascino”.
La tutela congiunta del patrimonio agroalimentare di eccellenza italiano e la Dieta mediterranea si è concretizzata con iniziative come l’obbligo dell’indicazione d’origine in etichetta per diversi prodotti: latte e formaggi, pasta e riso, carni trasformate, tra gli altri. L’ha ribadito la ministra Bellanova rinviando poi a quella battaglia che l’Italia sta conducendo in seno alle istituzioni europee, ovvero quella dell’etichettatura fronte-pacco: “In Europa abbiamo chiesto di voltare radicalmente pagina – ha aggiunto – perché crediamo nel diritto dei consumatori a informazioni corrette, a sistemi che garantiscano il diritto alla trasparenza sul viaggio del cibo dal campo e dal mare alla tavola, e che promuovano stili alimentari sani. La Dieta Mediterranea lo è”.
A fine ottobre, infatti, il ministero ha presentato il logo per l’etichettatura volontaria, il Nutrinform, con le percentuali di calorie e macronutrienti rispetto alle quantità giornaliere di assunzione raccomandate. Un’etichetta a batteria che si contrappone al modello del Nutriscore, con colori e lettere, di ideazione francese e che da pochi giorni è stato adottato anche in Germania. Le critiche a questo modello, giunte da diverse parti, anche dalla stessa filiera agroalimentare, sono che il ‘semaforo’ colpirebbe alcune delle eccellenze del comparto italiano, a cominciare proprio dall’olio d’oliva. Con il Nutrinform, invece, il consumatore avrebbe a disposizione informazioni chiare per compiere delle scelte consapevoli in materia di alimentazione e benessere. “La promozione di stili alimentari sani richiede un approccio multidisciplinare, incentrato sul concetto di ‘dieta salutare’ “, ha dichiarato Bellanova. Proprio come la Dieta mediterranea, alla luce delle evidenze fornite dalla comunità scientifica in termini di contributo alla prevenzione delle malattie croniche e all’adesione a uno stile di vita salutare.
Tutela dell’ambiente e obiettivi di Sviluppo sostenibile
La salvaguardia della dieta patrimonio Unesco e la sua promozione potrebbero ricevere un nuovo slancio con la creazione dell’Ufficio per la Dieta mediterranea presso il ministero delle Politiche agricole. L’impegno dell’Italia riguarda la difesa dei prodotti agroalimentari ma anche la tutela della biodiversità e della sostenibilità dal momento che l’agricoltura è una forma di presidio del territorio e delle risorse naturali. La Dieta mediterranea si accredita ancora una volta come modello per questo scopo, per affrontare le sfide che il settore primario mondiale ha davanti a sé. Sono le stesse sfide che l’Unione europea ha definito nella nuova politica ambientale per la sostenibilità del settore agroalimentare, la strategia Farm to Fork, oppure l’Onu con l’Agenda 2030.
Le diete tradizionali, come la Mediterranea, sono sane e sostenibili, paradigmi con cui garantire la sicurezza alimentare compatibilmente con il rispetto dell’ambiente. Le opportunità per diffondere il valore di queste diete, inserite in questa prospettiva, sono diverse, a cominciare dal tavolo Italia-Decade per la nutrizione, un’iniziativa per la sostenibilità in accordo con l’Agenda Onu presso il ministero della Salute. Anche il prossimo G20, che vedrà la presidenza dell’Italia, non potrà non affrontare il tema della sicurezza alimentare e della corretta alimentazione per quelle sacche di popolazione insidiate dalla malnutrizione.
La diffusione della pandemia ha ulteriormente aggravato l’insicurezza alimentare e la comunità internazionale è comunque impegnata a farvi fronte. La Fao, ad esempio, ha adottato il recente piano proposto dall’Italia per una Food coalition con cui fornire assistenza e supportare la resilienza dei settori agricoli nei Paesi duramente colpiti dalla diffusione del Covid-19. Il traguardo è sempre quello della ‘fame zero’ definito negli Obiettivi di Sviluppo sostenibile dell’Onu.
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