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Stop alle pratiche sleali nell’agroalimentare, recepita in Italia la nuova normativa europea

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Via libera del Senato all’art. 7 della Legge di Delegazione Europea che definisce la disciplina onnicomprensiva contro le pratiche sleali nella filiera agroalimentare per la tutela di imprenditori e consumatori. I principi individuati dal Parlamento italiano permettono di indirizzare il quadro giuridico esistente verso una maggiore tutela degli operatori delle filiere agricole e alimentari rispetto alla problematica delle pratiche sleali. Saranno, quindi, sostenute le buone pratiche commerciali e la trasparenza a cui venditori e acquirenti di prodotti agroalimentari dovranno attenersi prima, durante e dopo la relazione commerciale.

L’obiettivo è quello di vietare che si pongano in essere pratiche commerciali eccessivamente gravose per i produttori agricoli e alimentari, come le aste elettroniche a doppio ribasso e le vendite a prezzi inferiori del 15% ai costi medi di produzione elaborati da Ismea. L’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) sarà, inoltre, designato quale autorità nazionale di contrasto deputata all’attività di vigilanza sull’applicazione delle disposizioni che disciplinano le relazioni commerciali, l’applicazione dei divieti stabiliti dalla direttiva e delle relative sanzioni. Saranno introdotti anche meccanismi di risoluzione alternativa delle controversie tra le parti, valorizzando il ruolo delle organizzazioni di rappresentanza attraverso la definizione di accordi quadro nazionali.

Cosa prevede la direttiva UE
In base alle nuove norme, sono vietate pratiche quali i ritardi nei pagamenti per prodotti alimentari deperibili, gli annullamenti di ordini con breve preavviso, le modifiche unilaterali ai contratti, il rifiuto di sottoscrivere un contratto scritto, la restituzione di prodotti invenduti o sprecati e il pagamento da parte dei produttori di importi a copertura dei costi di commercializzazione sostenuti dall’acquirente.

Attraverso la legge di delegazione europea 2019-2020, il Parlamento ha fissato i princìpi e i criteri direttivi a cui il Governo dovrà attenersi nel riportare nell’ordinamento italiano i contenuti della direttiva UE in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese dell’agrifood.

L’attuale normativa sulla commercializzazione dei prodotti agricoli e alimentari dovrà essere rivista per rafforzare la tutela degli operatori della filiera e prevedendo in particolare:

–    che la nuova disciplina si applichi a tutte le cessioni di prodotti agricoli e agroalimentari indipendentemente dal fatturato aziendale;

 –   il coordinamento con la normativa vigente in materia di termini di pagamento del corrispettivo con le previsioni relative alla fatturazione elettronica;

 –   che i contratti di cessione dei prodotti agricoli e alimentari siano stipulati obbligatoriamente in forma scritta e – secondo un’integrazione approvata dal Senato e confermata dalla Camera – prima della consegna, ad eccezione di quelli conclusi con il consumatore e delle cessioni con contestuale consegna e pagamento del prezzo pattuito;

 –   il divieto di vendita dei prodotti agricoli e alimentari attraverso il ricorso a gare e aste elettroniche a doppio ribasso, nonché di vendita di prodotti agricoli e alimentari realizzata ad un livello tale che determini condizioni contrattuali eccessivamente gravose, compresa quella di vendere a prezzi palesemente al di sotto dei costi di produzione, definendo in modo puntuale condizioni e ambiti di applicazione, nonché i limiti di utilizzabilità del commercio elettronico;

 –   l’anonimato delle denunce relative alle pratiche sleali, che possono provenire da singoli operatori, da singole imprese o da associazioni e organismi di rappresentanza delle imprese della filiera agroalimentare;

 –   la possibilità di ricorrere a meccanismi di mediazione o di risoluzione alternativa delle controversie tra le parti;

 –   l’introduzione di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive, entro il limite massimo del 10% del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio precedente all’accertamento;

 –   un ruolo più forte delle organizzazioni di rappresentanza nella presentazione delle denunce.

Foto: fonte Pixabay