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Latte, Agrinsieme: “Vendite in calo e settore penalizzato”

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Chiuso quasi del tutto il canale Ho.Re.Ca. a causa dell’emergenza sanitaria e promosso il consumo di proteine vegetali, il latte vaccino registra un calo degli acquisti del 5% annuo. La situazione in atto ha comportato un crollo delle quotazioni del latte, mentre i costi di produzione sono lievitati notevolmente, con conseguenze sulla redditività e tenuta degli allevamenti. Lo rivela Agrinsieme intervenendo all’audizione sulle problematiche di mercato del latte vaccino in Italia indetta dall’Ufficio di Presidenza della Commissione Agricoltura del Senato.

Agrinsieme, nell’audizione, ha ricordato l’importanza del settore lattiero-caseario con un fatturato di circa 16,5 miliardi di euro, che rappresenta 11,5% del totale del fatturato industriale dell’agroalimentare. La spesa annua delle famiglie sui prodotti del settore si aggira sui 20 miliardi di euro. La produzione di latte del 2020 è di circa 12,6 milioni di tonnellate, coprendo l’autoapprovvigionamento per circa il 90% del fabbisogno nazionale.

Nello scenario attuale, la produzione di latte nazionale finisce però per concentrarsi nelle aree più vocate del Nord Italia e importanti territori nazionali – storicamente riconosciuti per la produzione di tipici prodotti lattiero caseari – stanno progressivamente perdendo competitività e si trovano nell’impossibilità di effettuare i necessari investimenti strutturali.

Per rilanciare il comparto lattiero-caseario, il coordinamento di Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari ha chiesto una strategia articolata che potrebbe scaturire da un tavolo interministeriale che coinvolga i ministeri di Politiche agricole, Sviluppo economico e Salute e la filiera, per mettere a fuoco le attuali difficoltà del comparto e gli strumenti idonei per superarle.

“Occorre estendere l’adozione di innovazioni/tecnologie maggiormente diffuse negli allevamenti dei competitor esteri per aumentare la produttività e ridurre i costi di produzione, agevolando l’accesso al credito e incentivando l’aggregazione economica, anche in forma cooperativa attualmente unico modello che consente di tutelare il reddito dei soci allevatori e garantire una equa distribuzione del valore lungo la filiera. Vanno avviate nuove modalità di valorizzazione della crescente offerta produttiva di materia prima (polverizzazione, ingredienti) ed anche recepite in maniera efficacia le recenti normative in materia di pratiche sleali e vendita di prodotti agricoli al di sotto dei costi di produzione; la legge di delegazione europea ha dato una indicazione e ora si tratta di recepire coerentemente la direttiva comunitaria in materia”, spiega in una nota alla stampa Agrinsieme.

Per Agrinsieme bisogna poi ampliare l’export, che nel 2020 ha subito una battuta di arresto e che oggi è focalizzato in pochi mercati di sbocco (Europa e Nord-America) e va favorito un approccio aggregativo per raggiungere massa critica e ampiezza di gamma.

Il coordinamento di Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari ha anche sottolineato come negli ultimi anni si sia accentuata la campagna denigratoria sull’allevamento specializzato, legata alla crescente attenzione alla sostenibilità ambientale, al benessere animale, ed all’impronta di carbonio delle produzioni zootecniche. Tale campagna negativa non tiene assolutamente in conto, solo per fare un esempio, che gli allevamenti italiani hanno ridotto del 40% le emissioni del principale gas serra per la zootecnia.

“Il settore allevatoriale – ha concluso Agrinsieme – chiede che non venga disperso il know how (frutto di decenni di lavoro ricerca e sviluppo), l’essere motore trainante dell’economia e del territorio e l’impegno  per una produzione sostenibile, che già garantisce latte e prodotti derivati di qualità, assieme alla tutela dell’ecosistema e del benessere animale”.

Foto: © Art Allianz_Fotolia