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Le nuove tecnologie per garantire produttività e salvaguardia biodiversità. La via del Farm to Fork europeo

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La crisi innescata dal CoVid-19 si inserisce in un complessivo ripensamento dell’intera dinamica produttiva dell’Unione Europea. In particolare, per l’Italia il Coronavirus ha messo in evidenza, accentuandole, tutte le sue criticità che ci consegnano un Paese sempre più dipendente dalle importazioni per il proprio fabbisogno interno, esponendolo alla disponibilità e agli umori del mercato mondiale.

In questo contesto si inserisce ora anche il Green Deal, il grande piano di trasformazione sostenibile promosso dalle istituzioni europee, che si avvia ad assumere un ruolo ancor più centrale e decisivo all’interno di un mutato contesto macro-economico. Un piano che deve essere innestato sulla ricostruzione dell’economia in ottica sostenibile e che rappresenta, pertanto, la grande sfida dei prossimi anni, davanti alla quale il mondo agricolo e alimentare non può certo tirarsi indietro.

A ciò vanno aggiunte le due strategie del Farm to Fork, la declinazione del Green Deal europeo dedicata alla sostenibilità del sistema agroalimentare che elenca diverse raccomandazioni su come incorporare gli obiettivi della strategia sulla sostenibilità, e quella per la biodiversità all’interno dei piani strategici della PAC che dovranno essere messi a punto da ciascuno Stato membro.

Va però detto che se, da un lato, è chiara l’esigenza di implementare modelli sostenibili e di preservare la varietà ambientale, dall’altro lato deve essere altrettanto chiara la necessità di un sistema in grado di garantire un’alimentazione sufficiente in qualità, quantità  e prezzo. Queste esigenze, che nel dibattito quotidiano troppo spesso vengono contrapposte (naturale vs artificiale, biologico vs industriale, premium vs. low-cost), sono in realtà sfaccettature di una stessa realtà legate tra loro da un elemento indissolubile di base, e cioè l’innovazione scientifica e conoscitiva senza le quali non è possibile ripartire e costruire un futuro sostenibile. Un approccio che sembra essere alla base delle stesse strategie enunciate nel Farm to Fork che fanno espresso riferimento positivo alle New breeding techniques (Nbt), facendo sperare in una vera svolta europea sull’utilizzo delle enormi potenzialità per uno sviluppo sostenibile che la ricerca può offrire. Un cambio di passo necessario su cui sarebbe opportuno che il nostro Paese desse un impulso fin da subito facendo leva su suoi Centri scientifici di assoluta eccellenza e riappropriandosi di quel primato di Paese all’avanguardia nella ricerca in agricoltura cui da troppo tempo abbiamo inspiegabilmente rinunciato.

Che questa sia la direzione giusta verso la quale è necessario muoversi sin da subito lo dimostra anche un recente accordo strategico tra una primaria organizzazione agricola, da sempre contraria agli OGM, e una delle più importanti società scientifiche di genetica agraria. Ricorrere agli studi di genetica per migliorare la produttività e la qualità e per garantire la diversità biologica delle specie agricole, e animali, è la via maestra che un Paese come il nostro, che ha fatto dell’agroalimentare una bandiera nel mondo, è obbligato a seguire. Non ideologie, non preconcetti, nella consapevolezza che non esiste sviluppo sostenibile senza ricerca e innovazione scientifica.

La mangimistica italiana è pronta, come sempre, a fare la sua parte. Da sempre siamo a favore dell’innovazione. Da sempre, con la nostra produzione, promuoviamo un modello produttivo circolare. Ma siamo parte di un sistema ed è arrivato il momento che si realizzi un cambio di passo nell’intera filiera agroalimentare italiana. Uno strumento oggi ancor più indispensabile se vogliamo limitare i danni della crisi generata dal CoVid-19 ed essere in grado di proiettarci nuovamente verso la crescita. Innovare, investire e produrre, salvaguardando l’ambiente e garantendo cibo sicuro: questo è il compito al quale siamo chiamati dal futuro e rispetto al quale non possiamo sottrarci. È necessario l’impegno di tutti gli attori della filiera. Noi mangimisti ci siamo. 

Foto: Pixabay

Marcello Veronesi