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Mangimi, in arrivo il database pubblico di GFLI sull’analisi del ciclo di vita

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La valutazione del ciclo di vita del prodotto è una risorsa preziosa per migliorare la performance ambientale di un’attività produttiva e incrementare la sua sostenibilità. Anche per il settore mangimistico e tutta la zootecnia. Altrettanto importante è poter contare su uno strumento affidabile con cui procedere con questa valutazione. Global Feed Lca Institute (Gfli) nasce proprio con questo obiettivo: sviluppare un database pubblico sull’analisi del ciclo di vita e supportare la definizione della carbon footprint dei prodotti per la nutrizione animale e dell’industria zootecnica

Come ricorda Fefac, la Federazione dei Produttori europei di mangimi, l’istituto indipendente è stato costituito nel settembre del 2019, per fornire assistenza agli attori della catena di valore dei mangimi e dell’industria dei prodotti d’origine animale. Un servizio reso alla zootecnia nel suo sforzo di diventare un segmento produttivo sempre più sostenibile e così rispondere alla sfida del cambiamento climatico.

Fefac è uno dei membri dell’istituto insieme all’associazione dei mangimisti americani, a quella canadese, alla Norwegian Seafood Federation e all’Ifif, la Federazione internazionale delle industrie mangimistiche. Nel consiglio di amministrazione siedono dunque rappresentanti di diversi settori e aree geografiche. 

Un’iniziativa in linea con quelle di Fao, Onu ed Ue

L’analisi del ciclo di vita (life cycle assessment) consente di studiare gli aspetti ambientali e gli impatti potenziali lungo l’intero percorso di produzione di un bene (o di realizzazione di un servizio), dall’acquisizione delle materie prime fino al suo consumo e alla gestione dei rifiuti. Vengono dunque valutati, ad esempio, l’uso delle risorse, i consumi energetici e le conseguenze per l’ambiente.

“La valutazione delle emissioni derivanti dalla produzione zootecnica deve essere basata sui fatti”, ricorda il vicedirettore del cda dell’istituto, l’ex presidente di Fefac Nick Major. “Al fine di essere credibili, è importante stabilire dati e metodologie comuni. Sappiamo che una larga fetta di emissioni associate alla produzione di mangimi per animali da allevamento derivano dalla produzione, lavorazione e conservazione di materie prime. Senza un database affidabile relativo alle emissioni delle materie prime più utilizzate, è impossibile valutare in maniera accurata l’impatto ambientale dei mangimi e quindi della produzione zootecnica”, sottolinea Major.

Pochi mesi dopo la sua formale costituzione, lo scorso dicembre si è riunito per la prima volta il Comitato per la Gestione tecnica dell’istituto formato da esperti della mangimistica. Il suo compito è fornire le raccomandazioni sulle questioni metodologiche. Nella prima fase di attività di Gfli è stata definita l’impalcatura e la procedura di tipo metodologico e operativo con cui espandere il database in una fase successiva. 

La documentazione e le informazioni che saranno emesse dall’istituto saranno coerenti con le linee guida della Livestock Enivornmental Assessment & Performance di Fao e Onu – un’iniziativa per migliorare la performance ambientale della zootecnica – e con la Product Environmental Footprint dell’Unione europea – un programma che definisce la metodologia per calcolare l’impronta ambientale dei prodotti.

Foto: Pixabay