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Influenza aviaria, l’Efsa invita i Paesi Ue alla massima sorveglianza

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Aumentare il livello di attenzione contro l’influenza aviaria. L’Efsa, l’Autorità per la Sicurezza alimentare dell’Unione europea, ha invitato i Paesi membri a incrementare le attività di sorveglianza e mettere in atto tutte le misure di biosicurezza contro i possibili nuovi focolai di influenza aviaria. Nel suo ultimo bollettino l’autorità ha comunicato infatti un rischio di diffusione della patologia dalla Russia e dal Kazakistan. Allertati, dunque, le autorità sanitarie e veterinarie locali ma anche i settori industriali degli Stati Ue.

Le raccomandazioni sono quelle di adottare misure adeguate con cui rilevare tempestivamente i casi sospetti di aviaria e aumentare le misure di biosicurezza negli allevamenti avicoli. Le autorità sanitarie veterinarie e faunistiche dovranno tenere sotto osservazione le popolazioni avicole presenti nel territorio e testare rapidamente gli uccelli selvatici morti o malati. Il rischio di trasmissione dei virus dell’influenza aviaria alla popolazione europea resta comunque molto basso. Tuttavia, per ridurlo al minimo, sono sempre validi i consigli di non toccare gli uccelli morti senza dispositivi di protezione individuale. 

È inoltre molto importante che le informazioni sulla composizione genetica e sulla possibile origine delle nuove varianti di virus (non solo negli uccelli ma anche nell’uomo) siano comunicate e condivise con altrettanta rapidità. 

Diffusione virus legata a migrazioni autunnali

L’Efsa ha pubblicato il suo ultimo report sull’influenza aviaria redatto insieme al Centro europeo per la Prevenzione e il controllo delle malattie e al Laboratorio di riferimento Ue per la patologia. Il periodo coperto è quello compreso tra maggio e agosto 2020. 

Le autorità hanno rilevato sette focolai di influenza aviaria ad alta patogenicità, uno in Bulgaria e sei in Ungheria (e anche un focolaio in Italia ma a bassa patogenicità). Questi focolai sono causati dagli stessi virus già rilevati nei primi mesi del 2020; le analisi genetiche hanno indicato pertanto la persistenza di virus già circolanti e non l’introduzione di nuovi patogeni. Questi ultimi casi di aviaria sono dunque la coda dell’epidemia già rilevata.

Inoltre, a luglio e settembre, l’Efsa ha indicato la presenza di focolai di aviaria sia nel pollame che negli uccelli selvatici in Russia occidentale e in Kazakistan. Ed è questo lo scenario che ha fatto allertare l’autorità. Queste sono regioni dalle quali nei mesi autunnali migrano gli uccelli acquatici con destinazione Europa. Si tratta, inoltre, di casi di aviaria ad alta patogenicità (Hpai). Infine le basse temperature, perduranti nel tempo, potrebbero favorire l’ulteriore diffusione del virus dell’aviaria. Le informazioni disponibili rivelano la presenza sia di virus già circolanti che di recente introduzione.

Tutte queste condizioni richiamano la situazione che si verificò nel 2005/06 e 2016/17 e che l’Efsa vuole invece scongiurare. I rischi maggiori li corrono le regioni settentrionali e orientali dell’Europa ma i tecnici non escludono poi un’eventuale, successiva diffusione dell’aviaria anche nelle aree occidentale e meridionale.

Fuori dall’Europa continentale, il basso numero di focolai di aviaria potrebbe legarsi alla situazione della pandemia di CoVid-19.

Foto: Pixabay