Matteo Boso è presidente di O.I. Carne Bovina – OICB dal 2019. L’associazione ha tra i propri scopi la tutela e la difesa dell’immagine del settore dalle notizie false o tendenziose che spesso vengono diffuse a danno della filiera. Inoltre promuove una assunzione consapevole delle proteine animali e la valorizzazione della zootecnia per la tutela dei territori rurali dalla desertificazione. Ma oggi, superata la pandemia di Covid-19, il settore della carne bovina si trova davanti anche nuove sfide: dalla sostenibilità ambientale all’attuazione del progetto europeo Green Deal. Mangimi & Alimenti ha raccolto il punto di vista di una delle principali organizzazioni del comparto bovino.
Qual è lo stato di salute della produzione bovina dopo quasi due anni di Covid-19?
In questi quasi due anni di Covid, la filiera del bovino da carne ha dimostrato tutta la sua importanza nel garantire al consumatore un prodotto di altissima qualità con degli standard di salubrità e sicurezza alimentare che non hanno eguali. Anche durante il primo lockdown, molto restrittivo, la filiera tutta si è adeguata con estrema velocità a quelle che erano le norme anti Covid-19 ed è stata in grado di venire incontro al consumatore anche adattando il sistema di vendita.
In Europa cresce la sensibilità riguardo ad una produzione sostenibile e il progetto Green Deal ne è il principale frutto. La zootecnica è da sempre additata come un settore particolarmente inquinante e nocivo per l’ambiente, ma è davvero così?
Ci impegniamo a rendere le nostre produzioni più sostenibili ormai da decenni ed i risultati che abbiamo ottenuto lo dimostrano. Abbiamo diminuito le emissioni di gas serra del 50% e l’acqua che utilizziamo è per oltre l’80% piovana. In Italia siamo molto virtuosi per quanto riguarda le emissioni in atmosfera, impattiamo solo per il 5,2%, molto meno rispetto ad altri Paesi. Sono altri i settori molto più impattanti, per esempio i trasporti e l’industria energetica, però a venire messi sotto accusa siamo sempre e solo noi che produciamo proteine di altissimo valore biologico.
Cosa vi aspettate di trovare nel Green Deal e cosa servirebbe necessariamente per proiettare la filiera nel futuro?
Gli obiettivi che si pone il Green Deal sono assolutamente condivisibili e non procrastinabili, è importante però che il percorso per raggiungerli non sia solamente ideologico, ma concreto e condiviso con tutto il mondo produttivo e sociale, tenendo conto però anche della sostenibilità economica delle aziende. Ci aspettiamo risorse da investire in ricerca ed innovazione, senza le quali una filiera del futuro non potrà esistere.
Quali sono le principali fake news che riguardano il settore della carne bovina e come combatterle?
Ripeto, siamo ciclicamente sotto accusa, purtroppo con informazioni che non corrispondono al vero. Le principali fake news riguardano i dati non corretti sulle emissioni dei gas serra ed il consumo idrico, fino ad arrivare a paragonare il consumo di carne nocivo quanto il fumo di sigaretta. Siamo assolutamente consapevoli che come qualsiasi produzione agricola o industriale abbiamo un impatto sull’ambiente e che l’eccesso di ogni prodotto può essere nocivo. Tuttavia, ci impegniamo quotidianamente per migliorare i nostri standard.
I dati del mondo scientifico, privo di condizionamenti ideologici o economici, dimostrano che la realtà è totalmente differente da quella che viene descritta. Dobbiamo acquisire più visibilità ed autorevolezza per rendere consapevole la politica e la società tutta di come stanno realmente le cose. Serve avvicinare i consumatori al processo produttivo della filiera zootecnica, anche organizzando eventi all’interno delle stalle, non abbiamo nulla da nascondere, anzi. Dobbiamo creare una cultura di una corretta alimentazione basandoci sulla Dieta mediterranea, entrando nelle scuole e parlando ai ragazzi di tutte le età.
Che ruolo può avere l’Oicb nel rilancio delle carni bovine italiane? È possibile immaginare una grande alleanza dagli allevatori alla GDO per promuovere il prodotto italiano?
Il ruolo di una organizzazione interprofessionale deve essere quello di rappresentare tutti i portatori di interesse economico della filiera. Lo scopo è quello di avere le risorse per poter promuovere il prodotto in modo adeguato, creare cultura, sviluppare innovazione e ricerca. Il dialogo con la GDO è imprescindibile, anzi dovrebbe essere parte dell’organizzazione per poter distribuire all’interno del comparto il valore in modo più equo. Dobbiamo incentivare il consumatore finale a scegliere il prodotto Made in Italy. Lo si deve fare a tutti i livelli: dalla GDO alla piccola e media distribuzione e anche il canale Horeca. Solo così aiuteremo le numerose imprese italiane messe a dura prova da questo terribile periodo di pandemia.
Articolo di Anna Roma