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Peste suina africana, parte la campagna di Efsa contro i contagi in Europa

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peste suina

Al via una nuova campagna di contrasto alla Peste suina africana. A promuoverla è l’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, con l’obiettivo di frenare i contagi nell’Europa sud-orientale. Destinatari dell’iniziativa sono proprio quei Paesi che l’agenzia dell’Unione europea ha incluso nel 2019 in un’area di interesse perché confinanti con aree dove la malattia è presente. 

La campagna dell’Efsa si rivolge così ad Albania, Bosnia Erzegovina, Croazia, Grecia, Kosovo, Montenegro, Macedonia del Nord, Serbia e Slovenia. In particolare l’attività di sensibilizzazione sarà indirizzata a particolari categorie di soggetti in questi nove Paesi, dagli allevatori suinicoli ai cacciatori. Ma l’Efsa coinvolgerà, tra gli altri, anche organizzazioni veterinarie, associazioni di allevatori, amministrazioni locali.

Come le altre iniziative adottate da organizzazioni sovranazionali, come Fao e Oie, anche quella dell’Efsa sottolinea l’importanza della formula ‘rileva-previeni-segnala’. Solo con la rilevazione quanto più tempestiva dei casi di contagio si può infatti limitare la diffusione del virus.

Focolai anche in Italia 

La Peste suina africana è una malattia virale che colpisce sia i maiali da allevamento che i cinghiali. Non è pericolosa per l’uomo (che però può essere vettore del virus con indumenti e arnesi contaminati) e in ogni caso la sua diffusione determina gravi ricadute economiche ai settori zootecnici colpiti. Questo perché non c’è un vaccino e quindi la costituzione di un focolaio comporta l’abbattimento di molti capi di allevamento per impedire al virus di circolare ulteriormente.

Sono tre le macro-aree geografiche in cui la malattia è presente: l’Asia, l’Europa e l’Africa. In Europa – sono dati dell’Oie – tra il 2016 e il giugno del 2020 la patologia ha causato la perdita di 1,3 milioni di suini in Europa. Proprio dall’Europa sono giunte le prime segnalazioni della presenza della Peste suina nel 2016 mentre la Cina, che ha pagato un prezzo elevatissimo per la diffusione della malattia, ha riferito i primi casi nel 2018. Gli altri Paesi asiatici, come Mongolia e Vietnam, hanno segnalato i primi casi nel 2019. 

La Peste ha avuto un impatto differenziato nelle tre aree. Ad esempio il 67% delle notifiche dei focolai attivi ha riguardato l’Europa, mentre l’Asia ha dovuto abbattere il numero maggiore di animali: oltre 6,7 milioni. Inoltre in Africa – dove la patologia è endemica in molti Paesi della zona subsahariana – sono stati riferiti casi di contagio solo tra maiali, in Asia soprattutto nei suini e in Europa prevalentemente nei cinghiali.

I Paesi europei interessati dalla diffusione della Peste negli ultimi quattro anni sono Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Grecia, Ungheria, Italia, Lettonia, Lituania, Moldavia, Polonia, Romania, Russia, Serbia, Slovacchia e Ucraina. Nel suo ultimo report epidemiologico di gennaio 2020 l’Efsa ha fornito i dati relativi alla diffusione della malattia tra novembre 2018 e ottobre 2019. In questo periodo la malattia è stata confermata in Slovacchia, mentre la Repubblica Ceca è stata dichiarata ufficialmente libera dalla Peste a marzo 2019. Il numero dei Paesi colpiti era dunque pari a nove: Belgio, Bulgaria, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Slovacchia e Romania. L’Efsa ha individuato una diffusione progressiva ma lenta della malattia verso l’Europa occidentale

L’Oie, infine, nel bollettino di agosto ha indicato la segnalazione di 245 focolai in Europa: 102 di suini (Romania, Ucraina e Russia) e 143 di cinghiali (Ungheria, Lettonia, Romania e Russia).

Foto: Pixabay