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Consumi: + 0,1% nel primo semestre 2021. In flessione carne, uova e latticini

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I primi sei mesi del 2021 sono stati ancora largamente influenzati dall’andamento della pandemia. I consumi domestici si attestano infatti su livelli analoghi a quelli dei primi sei mesi del 2020, superando quindi in ampia misura quelli dello stesso periodo del 2019. La spesa per i prodotti alimentari e le bevande nel complesso ha subito un lievissimo incremento dello 0,1%. Attestandosi su livelli superiori del 9,6% rispetto al primo semestre di un’annata regolare come quella del 2019. A renderlo noto è il nuovo report pubblicato da Ismea.

Nei primi sei mesi del 2021 l’atteggiamento dei consumatori nei confronti dell’acquisto di generi alimentari evidenzia una maggiore positività nelle aspettative per il futuro. L’allentamento e la sempre più probabile uscita dalle restrizioni dà nuovo slancio ai consumi favorendo in questo frangente quei prodotti di cui nei mesi passati ci si era maggiormente privati. Volano gli acquisti di prodotti ittici, di aperitivi, di vini, e di birra. In particolare, l’analisi dei dati del primo semestre 2021 evidenzia come si sia modificato progressivamente l’atteggiamento dei consumatori nei confronti del cibo rispetto al 2020.

Si continua a mangiare di più a casa, ma cambia di nuovo la composizione del carrello: emerge  infatti un ridimensionamento dell’interesse per i surgelati e scatolame, un ritorno ai prodotti freschi sfusi anche altamente deperibili come il pesce fresco (+27%), un ridimensionamento dell’interesse per gli ingredienti base utilizzati per le preparazioni in casa, controbilanciato da una forte crescita di ”prodotti ricompensa”, soprattutto nel comparto delle bevande, dove la spesa è ulteriormente cresciuta (rispetto al 2020) del 7,7%.

Canali di vendita

In relazione ai canali di vendita, i supermercati si confermano la principale fonte di approvvigionamento delle famiglie (vi è transitato il 40% dei volumi totali) con una stabilità delle vendite rispetto al primo semestre 2020, ma con fatturati che sono aumentati del 12% rispetto allo stesso periodo del 2019, cioè alla situazione pre-pandemia.

I discount, con una quota del 14%, continuano a rappresentare la categoria in maggiore evoluzione: l’ampliamento continuo della rete e l’esigenza di risparmio sempre più diffusa hanno spinto l’incremento delle vendite anche nel primo semestre al +3%; questo è l’unico canale fisico a crescere rispetto al primo semestre 2020. La strategia vincente di questo format va ricercata non più solo nel prezzo conveniente, quanto in un assortimento più profondo rispetto al passato, con i banchi serviti come i supermercati, con un numero di referenze in costante aumento ed una fortissima attenzione al mondo dei freschi.

Ha invece una battuta di arresto la crescita delle vendite nei negozi tradizionali, che segnano un -3% nel primo semestre mantenendo comunque il vantaggio sulla situazione del 2019 del 16%. I liberi servizi sono l’unico canale a segnare un sostenuto decremento delle vendite (-9%), scendendo con i fatturati a livelli inferiori a quelli del 2019 (-1%).

In lieve crescita le vendite degli ipermercati, che chiudono il primo semestre con un riallineamento ai fatturati del 2019, mantenendo lo share del 24% tra i canali distributivi. Per questo canale uno studio di Mediobanca sui bilanci di esercizio evidenzia comunque nell’ultimo decennio una perdita del fatturato del 18% per metro quadro di superficie di vendita. Continuano a crescere leggermente le vendite “on line”: +2% rispetto al primo semestre 2020; più che raddoppiate dall’inizio della pandemia, arrivano a pesare ora il 4% sulle vendite alimentari retail totali.

La geografia dei consumi

L’analisi della tendenza dei consumi complessivi (confezionati e sfusi) per area geografica evidenzia ancora una volta come il Nord Est faccia da traino al mantenimento della spesa nazionale, con una variazione del +1,5%, decisamente più marcata di quella registrata nelle altre macro aree che, ad eccezione del Sud con +0,2%, piuttosto arretrano: il Centro con – 0,7% e il Nord Ovest -1,5%.

I prodotti di origine animale

Il comparto dei prodotti proteici di origine animale, dopo la ripartenza nel 2020 segnano una decrescia nel secondo trimestre 2021. In negativo il dato sia per le carni (-1,4%) che per le uova (-12,7%). Solo i salumi riescono a mantenere le posizioni guadagnate, confermando la spesa sui livelli del 2020.

Per le uova il ripiegamento era parzialmente atteso, considerati  gli anomali valori dell’anno precedente. I valori delle vendite stanno tornando su livelli pre-pandemia, a simboleggiare la fine del maggior tempo da dedicare alla preparazione di impasti in casa.

Per le carni si può parlare di una discreta resilienza, grazie al protrarsi della conversione dei consumi “fuori casa” in consumi “in casa”, ma mentre per le carni avicole la spesa si conferma in lieve aumento (+0,4%), per le carni bovine, che in valore rappresentano il comparto di maggiore peso, si delinea un lieve ridimensionamento della spesa (-2,3%), che comunque resta in positivo rispetto al periodo pre-pandemico. Le carni suine subiscono una diminuzione della spesa su base annua (-6,2%) ma resta anche per loro la situazione di vantaggio rispetto al pre-pandemia.

I salumi, che già nel 2019 avevano dato segnali di ripresa (+1,4%), e che nel 2020 avevano incrementato le vendite dell’8,2%, nel primo semestre 2021 continuano a registrare un buon  andamento delle vendite. Aumentata dello 0,3% la spesa rispetto all’analogo periodo 2020. A fare da traino, non sono più i pre-affettati e porzionati disponibili nei frigo a libero servizio le cui vendite sono  aumentate dello 0,1%, bensì i freschi al banco servito: +0,5%. Tra i salumi il più acquistato in termini di volume resta il prosciutto cotto, che segna tuttavia un -2,2% in valore, dopo il +9,6% del 2020. In aumento invece le vendite di prosciutto crudo a +0,8% nel primo semestre dopo il +4,9% del 2020.

I prodotti lattiero-caseari

Il comparto dei lattiero caseari dopo il +8,3% del 2020, segna un netto cedimento nel primo semestre 2021, con una flessione di spesa complessiva del 5%. Nel primo semestre del 2021 i consumi di formaggi hanno avuto un generale ripiegamento rispetto al 2020. Dinamica attesa dopo l’eccezionale annata precedente in cui gli acquisti in volume erano cresciuti del 10%. Andamento uniforme tra le categorie merceologiche: in flessioni a -3,9% i formaggi freschi e -4,7% i formaggi semiduri.

Nel complesso emerge però, dal confronto con il 2019, come alcune referenze abbiano mantenuto  meglio di altre le quote guadagnate in lockdown. E’ il caso dei latticini, che rappresentano la maggior quota dei formaggi freschi, che dopo il +13% del 2020 hanno registrato la flessione meno importante nel primo semestre 2021, solo -3,2%. I formaggi duri dopo il recupero del 10% in volume nel 2020, perdono nel primo semestre 2021 il 4,6%, attestandosi comunque su livelli superiori al 2019.

I formaggi a Denominazione, che in volume rappresentano un quarto dell’offerta e in valore circa un terzo del fatturato, hanno mostrato dinamiche in linea con il resto del comparto e dopo l’incremento del 10,4% nel 2020, nel primo semestre 2021 segnano una flessione degli acquisti in volume del 5,1%.

Flessioni di rilievo si registrano invece per il latte, sia per il fresco (-5,1%) i cui consumi sono oramai in declino strutturale, sia per l’UHT, che aveva visto un buon rilancio nel 2020 (+9,4% sul 2019), ma che vede le vendite ripiegare del 5,8% in questi primi sei mesi del  2021, data anche la ripresa delle  consumazioni fuori casa per la parziale riapertura dei bar.

I prodotti ittici

Il comparto ittico è, insieme a quello delle bevande, il più dinamico del primo semestre 2021; chiude infatti con un incremento di spesa del 12,4%, dopo un anno caratterizzato da evidenti difficoltà che ne hanno determinato una continua oscillazione delle performance.

L’andamento del comparto è infatti fortemente influenzato da quello del segmento del fresco, che ne rappresenta il 49%, e sul quale le restrizioni legate alla pandemia hanno avuto fortissimo impatto. Il comparto della pesca nel 2020 ha visto un deciso ridimensionamento tanto della produzione (-8,8%) che del valore aggiunto (-5,3%). A sostenere l’incremento della spesa nel primo semestre è proprio il segmento del pesce fresco, con un +27,2%, che porta la spesa a posizionarsi su livelli superiori del 21% a quelli del periodo pre-pandemia (primo semestre 2019); crescono i volumi (+22%) ma anche i prezzi medi (+4%).

Stabile sui livelli del 2020 la spesa sostenuta per i prodotti ittici surgelati, per i quali però va sottolineata l’evidente espansione nel 2020. I dati del primo semestre 2021 se rapportati al periodo  pre-pandemia segnano comunque un ampio incremento di spesa per questo segmento (+28%), che sembra confermare il consolidato maggior interesse dei consumatori verso i prodotti ittici.

In notevole incremento le vendite dei prodotti affumicati per i quali la spesa continua crescere: +15% nel primo semestre dopo il +11% del 2020. Perdono invece slancio le conserve ittiche che dopo le crescite del 2020 tornano ad essere sostituite dal prodotto fresco (-5,7%).

Foto: Pixabay