È di pochi giorni fa la decisione del governo inglese di voler semplificare la ricerca e lo sviluppo relativi al gene editing applicato alle piante. L’intenzione è quella di favorire l’impiego di queste nuove tecnologie cogliendo le opportunità fornite dalla Brexit. “Il gene editing è in grado di sfruttare le risorse genetiche che la natura ci ha dato. È uno strumento che potrebbe aiutarci ad affrontare alcune fra le principali sfide relative a sicurezza alimentare, cambiamenti climatici e perdita di biodiversità”, ha detto il Segretario di Stato per l’Ambiente e l’alimentazione del Regno Unito George Eustice. Il suo omologo americano Tom Vilsack, intervenendo all’ultima conferenza annuale dell’organizzazione irlandese Agricultural Science Association, ha parlato con chiarezza del ruolo che le biotecnologie possono giocare nella strategia per il contrasto dei cambiamenti climatici e per un incremento della sostenibilità dei processi produttivi. “Diversi Paesi, tra cui gli Stati Uniti, stanno revisionando la legislazione sulle biotecnologie applicate alle piante in risposta agli sviluppi scientifici nel genome editing”, ha detto il Segretario dell’Agricoltura.
Fuori dall’Unione europea, quindi, l’attenzione sulla genetica green, e sulle sue implicazioni potenzialmente positive per l’ambiente e l’economia, è viva ed è accompagnata da una disposizione al cambiamento delle norme in materia. L’Unione europea, invece, è ancora in standby. In parte sconta ancora le conseguenze della sentenza della Corte di Giustizia del 2018 che ricondusse i prodotti ottenuti mediante uso del genome editing alla disciplina degli OGM equiparando, di fatto, due processi diversi e oltretutto senza nemmeno tenere conto che i prodotti ottenuti con il genome editing sono di fatto indistinguibili da quelli ottenuti con tecniche tradizionali. Lo studio della Commissione europea dello scorso aprile ha in parte corretto il tiro, sostenendo che la legislazione applicabile non sia appropriata ad alcune nuove tecniche genomiche e ai prodotti ottenibili e che ci sia bisogno di un aggiornamento al progresso scientifico e tecnologico. Questa presa di posizione si spera possa aver aperto una nuova, concreta, stagione di dibattito positivo, stante anche quanto evidenziato in merito dal mondo scientifico e l’apertura che in tal senso proviene da più parti, sia politica che del mondo agricolo. Questo è proprio quanto auspica Assalzoo, che si apra un tavolo di confronto serio con tutti i portatori di interesse, a tutti i livelli, sull’editing genetico di ultima generazione.
La stessa Commissione europea, nel paper citato, ha riconosciuto il ruolo delle nuove biotecnologie, che identifichiamo con l’acronimo TEA, Tecniche di Evoluzione Assistita. Le TEA possono contribuire alla definizione di sistemi agroalimentari, e anche zootecnici, più sostenibili, proprio in linea con gli obiettivi fissati dalla Strategia Farm to Fork e dal Green Deal. In Italia, in particolare, il contributo delle TEA potrà misurarsi anche sul terreno dell’incremento produttivo delle materie prime di cui oggi il Paese è deficitario, dai cereali ai semi oleosi in primis, ma non solo. Ormai importiamo la metà del mais e oltre l’80% della soia necessari per le produzioni nazionali, in particolar modo, ma non soltanto, per l’alimentazione animale. Per non parlare di altre colture come il grano duro e tenero, per cui l’Italia soffre un deficit che è costretta a colmare con i prodotti di importazione. Ma molti altri sono gli esempi, anche in campi diversi, come quello dell’ortofrutta.
L’esigenza avvertita dai soggetti attivi nel settore primario è quella di adottare delle misure che possano alleggerire la posizione dell’Italia di dipendenza dai mercati esteri. Sul lungo periodo – in un lasso di tempo compatibile con le necessità della ricerca scientifica – anche l’innovazione tecnologica potrebbe aiutare il settore agroalimentare e quello zootecnico a tendere verso un maggiore grado di sicurezza alimentare interna. Avere a disposizione maggiori quantità di materie prime è un tassello fondamentale per la creazione di quella filiera certificata 100% italiana che sarebbe garanzia di qualità a livello domestico e internazionale. Ma per arrivare a questo è essenziale che l’Unione europea, anche con il contributo convinto del nostro Paese, cambi la legislazione in materia, consentendo di sfruttare uno strumento straordinario messo a disposizione dalla più avanzata ricerca scientifica ed agevolando il trasferimento della tecnologia ai settori produttivi.
di Lea Pallaroni – Segretario generale di Assalzoo