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Consumi, si ritorna alle vecchie abitudini ma preferendo il gourmet

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In lieve crescita la spesa per i consumi domestici nei primi nove mesi del 2021. A rivelarlo è il nuovo report sui consumi di Ismea. Dopo il +7,4% messo a segno nel 2020, anche nel 2021 la spesa si mantiene su livelli elevati. L’ aumento nel periodo cumulato (gennaio-settembre) è dello 0,7% rispetto al 2020. Lo scontrino medio è più alto del 7,7% rispetto all’analogo periodo di un’annata regolare come quella del 2019.

Due diverse tendenze per i consumi

Sono almeno due le macro-tendenze più evidenti in atto: il ritorno della prevalenza della crescita della spesa per le bevande (+5,4%) su quella per gli alimenti (+0,1%); la minore affezione nei confronti del prodotto confezionato (+0,6%) rispetto a quello sfuso (+1,3%). Ma uno scontrino finale più alto non significa necessariamente un carrello della spesa più pieno. In questo caso emerge chiaramente come l’incremento di spesa del 2021 sia da ascriversi anche a un generalizzato aumento dei prezzi medi di acquisto.

 Il ritorno alle vecchie abitudini ma con una spinta gourmet

Nei primi nove mesi del 2021, l’atteggiamento dei consumatori nei confronti dell’acquisto di generi alimentari evidenzia una maggiore positività nel futuro. L’uscita dalle restrizioni probabilmente fornisce nuovo slancio ai consumi favorendo quei prodotti di cui nei mesi passati ci si era maggiormente privati. Al contempo, si rinforzano i driver di scelta legati a salute, benessere, sostenibilità e all’acquisto “consapevole”. 

Si continua a mangiare di più a casa, ma cambia di nuovo la composizione del carrello. In questo senso, si registra un ritorno alle vecchie abitudini, certificato dal calo costante, iniziato a febbraio, dell’acquisto di uova, burro, farina e altri prodotti dell’ingredientistica di base con cui durante il lockdown ci si era cimentati per passare il tempo.

Si ritorna gradualmente a lavorare in ufficio riavvicinandosi ai vecchi ritmi e a una socialità più spinta. In questo senso, l’eredità lasciata dal lockdown si evolve in una convivialità “cibo-centrica” e un po’ più casalinga, tale che, quando si prepara un pasto a casa, lo si fa con cibi e bevande gourmet, spendendo un po’ di più. Così riprendono il volo le vendite di prodotti pregiati o, comunque, meno mainstream: salmone, funghi, avocado, salse e condimenti e pesce fresco. Anche snack dolci, salati e merendine segnano incrementi dell’8%, e insieme ad aperitivi e birre trovano spazio nelle nuove quotidianità.

Aumenta la frequenza di acquisto (+16%) e c’è quindi parallelamente un ridimensionamento dell’interesse per i prodotti conservabili (scatolame) e un ritorno ai prodotti freschi sfusi anche altamente deperibili come il pesce fresco (+27%). Il maggior costo sostenuto per i prodotti certificati (come i prodotti Dop e Igp e i biologici), gourmet o elaborati e i primi aumenti dei prezzi di alcune categorie merceologiche determinano un inevitabile “alleggerimento” del carrello in termini di volume.

Sono i prodotti freschi sfusi a mantenere in positivo la spesa con un incremento dell’1,3%, contrapposto alla lieve flessione dello 0,6% dei prodotti confezionati (EAN). Cresce l’acquisto di bevande: +5,4% contro il +0,1% dei generi alimentari. Anche in questo caso fa leva sulla tendenza un ritorno alla convivialità.

I canali di vendita

In relazione ai canali di vendita, i supermercati si confermano la principale fonte di approvvigionamento delle famiglie (vi è transitato il 41% dei volumi totali) con una lieve crescita delle vendite (+2%) rispetto ai primi nove mesi 2020. I fatturati sono aumentati dell’11% rispetto allo stesso periodo pre-pandemico del 2019.

I discount, con una quota del 14%, continuano a rappresentare la categoria con crescita maggiore. L’ampliamento continuo della rete e l’esigenza di risparmio sempre più diffusa hanno spinto l’incremento delle vendite al +3%, con un avanzamento rispetto all’analogo periodo 2019 del 12%. L’indice di penetrazione per questo canale supera l’80%, dimostrando uno “sdoganamento” e un riconoscimento di una buona strategia assortimentale.

Battuta di arresto per le vendite nei negozi tradizionali, che segnano un -4% mantenendo comunque un vantaggio sulla situazione del 2019 del 15%. I liberi servizi sono l’unico canale a segnare un sostenuto decremento delle vendite (-6%), scendendo con i fatturati a livelli inferiori a quelli del 2019 (-3%).

In lieve crescita le vendite degli ipermercati, che chiudono i primi nove mesi 2021 con un riallineamento ai fatturati del 2019, mantenendo lo share del 24% tra i canali distributivi. Per questo canale uno studio di Mediobanca sui bilanci di esercizio evidenzia comunque nell’ultimo decennio una perdita del fatturato del 18% per metro quadro di superficie di vendita.

Continuano a crescere le vendite “on line”: +4% rispetto al 2020, arrivando a pesare ora oltre il 3% sulle vendite alimentari retail totali. Netta contrazione delle stesse nel terzo trimestre rispetto ai precedenti mesi. A livello geografico, è ancora una volta il Nord Est a fare da traino al mantenimento della spesa nazionale, con una variazione del +2,1%, decisamente più marcata di quella registrata nelle altre macroaree. Ad eccezione del Sud con +1,1%, la spesa tende a stabilizzarsi nel Centro (0%) o a flettere leggermente nel Nord Ovest -0,5%.

I prezzi

Risalgono gradualmente i prezzi delle materie prime agroindustriali. Per il 2022 è attesa volatilità e quotazioni al di sopra delle medie. Dopo anni di tassi tra zero e sottozero il costo della vita torna a crescere. La crisi delle materie prime e il caro-energia stanno avendo ripercussioni dirette sui prezzi al dettaglio dei prodotti alimentari, a partire del terzo trimestre del 2021. Ciò accade soprattutto per due motivi: i problemi meteorologici che flagellano gli agricoltori e la ripresa della domanda post Covid, con gli effetti negativi della pandemia sulla logistica e sui trasporti.

La tendenza al rialzo nel terzo trimestre (su base annua) riguarda gran parte del “paniere” alimentare. A partire dai derivati dei cereali (prezzi di pasta +3% e delle farine +5%) fino agli oli vegetali (Olio EVO +8%), al caffè (+3,5%), al latte (UHT +2% e Fresco +1,3%), e allo zucchero (+2,5%). I maggiori costi della logistica, tra caro-energia e carburanti alle stelle, unitamente a problemi meteorologici, hanno prodotto aumenti dei listini al dettaglio per frutta e verdura.

Rincari dal 3% al 5% anche per la carne. Sotto accusa sono i rincari dei prezzi dei mangimi (mais e soia) oltre a quelli del trasporto causati dall’incremento del carburante. Gli allevatori puntano ad aumentare di 5 centesimi il prezzo del latte al litro. I prezzi delle uova sono previsti invece in crescita nei prossimi mesi a seguito delle restrizioni produttive legate al contenimento dei focolai di influenza aviaria nelle zone a maggior vocazione produttiva, restrizioni cautelative che provocheranno un’inevitabile contrazione dell’offerta.

I prezzi dei prodotti alimentari più comuni cresceranno inevitabilmente anche nei prossimi mesi. La mancanza di offerta delle materie prime non terminerà a breve. Alla troppa richiesta, si somma la mancanza di offerta. Unita anche a uno smisurato aumento di costo di tutte le materie prime per gli imballaggi, nei prossimi mesi il settore alimentare sarà dunque penalizzato. A rischio rincari quindi anche vini e bevande, a causa dei maggiori costi di imbottigliamento legati agli incrementi dei prezzi di vetro, carta, legno.

Foto: Pixabay