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Dai rincari all’autonomia strategica, a Fieroagricola il punto sull’Europa

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Diversificare le produzioni e gli approvvigionamenti delle imprese agricole per arrivare ad un’autonomia strategica dell’Europa. Questa la ricetta per superare gli aumenti dei prezzi del gas e delle materie prime, rincari acuiti dal conflitto in Ucraina. Se ne è discusso a Verona, nell’ambito del convegno di Fieroagricola “I mercati agricoli nel 2022: previsioni, attese e strategie”.

«L’agricoltura ha davanti a sé tre sfide enormi – ha dichiarato al convegno di Fieroagricola Maurizio Martina, vicedirettore aggiunto della Fao e già ministro delle Politiche agricole – . La pandemia, i cambiamenti climatici e il conflitto che si è aperto fra Russia e Ucraina». Per l’Europa sarebbe assolutamente necessario impostare un piano di autonomia strategica, perché Russia e Ucraina sono player fondamentali dei mercati agricoli globali. I due Paesi rappresentano il 30% del commercio di grano, il 32% dell’orzo, il 50% del volume totale dei semi oleosi, il 18% dei volumi totali del mais».

Materie prime: i rincari

Il boom dei prezzi delle materie prime, su tutti cereali (mais passato da 170 a 287 €/tonnellata, grano duro da 280 a 522 €/ton, grano tenero da 186 a 307 €/ton, orzo da 159 a 295 €/ton) e semi oleosi (soia da 357 a 627 €/ton, farina di soia da 320 a 549 €/ton, farina di girasole da 161 a 281 €/ton) stanno mettendo sotto pressione le catene di approvvigionamento a livello mondiale, con la previsione per buona parte del 2022 che i listini si mantengano su livelli alti.

I rialzi sui prezzi, in particolare per il mais, sono stati generati dall’import crescente della Cina, che detiene – precisa da Fieroagricola Angelo Frascarelli, presidente di Ismea – il 65% delle scorte mondiali. Ma altre tensioni dei listini coinvolgono soia, frumento tenero e frumento duro, con prevedibili rincari su pane, pasta, prodotti da forno. «In questa fase a soffrire maggiormente sono le filiere zootecniche – ha spiegato il presidente di Ismea – in quanto i costi di produzione tra energia, mezzi tecnici, trasporti, razione alimentare sono cresciuti, comprimendo così la redditività dei produttori, in particolare di latte e di suini».

Nuove coltivazioni per i mangimi

«Visto che siamo in prossimità delle semine primaverili, dovremmo seminare almeno 70-80.000 ettari in più di mais per recuperare il prevedibile calo di importazione dall’Ucraina, vista la criticità attuale». A lanciare l’appello per una coalizione agricola finalizzata a incrementare le superfici italiane di mais è Giulio Gavino Usai, responsabile economico di Assalzoo.

Fra gennaio e novembre dello scorso anno, secondo i dati elaborati da Teseo.Clal.it, l’Italia ha importato dall’Ucraina circa 733.000 tonnellate di cereali, prevalentemente mais (600.000 tonnellate, pari al 13% degli acquisti internazionali), su un totale di 4,6 milioni di tonnellate di import cerealicolo nazionale, con il rischio oggi che le importazioni dai porti ucraini si blocchino. Di scarso impatto, invece, gli acquisti italiani di soia e semi oleosi dall’Ucraina (circa 72.000 tonnellate nei primi 11 mesi del 2021).

Poco meno di 100.000 tonnellate di mais arrivano in Italia dalla Russia. Altri principali fornitori sono Ungheria, Slovenia, Croazia, Austria e Romania. «Il nodo principale riguarda il mais», prosegue Usai. In termini economici, un rischio tanto per l’industria mangimistica che deve acquistare materie prime dall’estero quanto per gli allevatori, che vedono aumentare sensibilmente i costi di produzione alla stalla.

Per il responsabile economico di Assalzoo è necessario da parte dell’Unione europea un cambio di passo. «Alcune varietà di cereali e semi oleosi prodotte negli Stati Uniti non hanno ancora l’autorizzazione all’import da parte di Bruxelles – sottolinea –. Poi abbiamo una questione legata al tasso di autoapprovvigionamento e su questo l’Unione europea dovremmo incrementare le rese in campo e aumentare le superfici e le produzioni».

Fieroagricola

«Grazie alla Politica agricola comune possiamo trasformare l’agricoltura in Europa e renderla più produttiva, più sicura, con una maggiore qualità e in questo l’Italia rappresenta un esempio virtuoso per molti altri Paesi, in quanto siete leader nel valore aggiunto e nella sostenibilità, utilizzate meno pesticidi, sapete come fare rete e aggregarsi in maniera efficace». A dirlo è Maciej Golubiewski, capo di gabinetto della Commissione Ue all’Agricoltura e Sviluppo rurale in occasione del Summit internazionale sui 60 anni della Politica agricola comune (Pac), evento inaugurale della 115ª edizione di Fieragricola. La rassegna veronese vanta un programma con oltre 520 espositori da 11 Paesi e 29 delegazioni internazionali.

Allo stesso tempo, Golubiewski, nella tavola rotonda di confronto con il sistema agricolo italiano rassicura l’Italia in merito alla validazione del Piano strategico nazionale che il ministero delle Politiche agricole ha inoltrato a Bruxelles per l’approvazione. Novità assoluta introdotta con la riforma 2021-2027 (in vigore dal 1à gennaio prossimo), il Piano strategico nazionale garantisce maggiore flessibilità nella declinazione delle misure della Pac.

I commenti del settore agricolo da Fieroagricola

«Volevamo una Pac che rimanesse una politica agricola – commenta dal palco il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti – oggi invece è diventata un mix di politiche agricole, ambientali, economiche e sociali, ma quando se ne vogliono far troppe si rischia di non raggiungere l’obiettivo». La sfida ora, per Giansanti, è legata all’innovazione «e l’agricoltura 4,0 è la risposta».

Il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, guarda oltre le critiche alla Pac per proporre un nuovo paradigma di sovranità alimentare europea. «La crisi in Ucraina di questi ultimi giorni ci dovrebbe insegnare che dobbiamo investire ancora di più in agricoltura per cercare di avere una forma di autosufficienza produttiva – spiega Prandini – . Oggi siamo chiamati a compiere investimenti e con le risorse del Recovery Fund dobbiamo puntare sul rafforzamento degli stoccaggi delle materie prime e sui bacini di accumulo per le risorse idriche».

La missione è dunque quella di valorizzare le produzioni italiane e le filiere Made in Italy. A partire dal mais per la zootecnia e dai cereali per la produzione di pane, pasta, biscotti, sollecita Dino Scanavino, presidente di Cia-Agricoltori Italiani: «Dobbiamo scommettere sull’innovazione, la digitalizzazione, la ricerca genetica, l’aggregazione di prodotto, la forza del sistema fieristico, l’enfatizzazione della biodiversità animale e vegetale, ma anche su aspetti che interessano i consumatori come il paesaggio, il territorio, la corretta gestione ambientale».

Per Franco Verrascina, presidente di Copagri, «con questa riforma della Pac si chiede agli agricoltori di fare di più dando di meno. Dobbiamo puntare su quello che chiede il consumatore, quindi qualità e sostenibilità ambientale, senza dimenticare quella economica». Infine, ricorda Eduardo Cuoco, direttore di Ifoam Organics Europe: «Gli agricoltori sono parte attiva della società e ci possono aiutare a ridurre gas serra, purché sostenuti ad intraprendere nuovi modelli di business di agricoltura sostenibile».

Foto: ©chukov_Fotolia