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Antimicrobico-resistenza, alcuni batteri sempre più difficili da trattare

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Resistenza sempre più solida in alcuni batteri, tra cui la salmonella, ma anche segnali incoraggianti di progressi nel contrasto a un fenomeno preoccupante. L’Efsa e l’Ecdc, ovvero l’Autorità per la Sicurezza alimentare e l’Autorità per la Prevenzione e il controllo delle malattie dell’Unione europea, hanno diffuso gli ultimi dati sulla resistenza agli antimicrobici nel continente con riferimento al 2018. Ventotto Paesi hanno inviato i dati sul monitoraggio dell’antimicrobico-resistenza su maiali, vitelli fino a un anno di età, pollo e sulla carne derivata dalla loro lavorazione, oltre che sull’uomo. 

Livelli di resistenza anche molto alti

Tra i risultati negativi quelli che riguardano la salmonella e il campylobacter, che stanno diventando sempre più resistenti alla ciprofloxacina, uno degli antibiotici utilizzati per trattare le infezioni causate da questi batteri. Nell’uomo la resistenza alla cipofloxacina è comune, soprattutto in alcuni tipi di salmonella, e la resistenza alle alte concentrazioni del farmaco è aumentata dall’1,7% del 2016 al 4,6% del 2018. Per la salmonella nell’uomo e negli animali da allevamento anche la resistenza ad ampicillina, sulfondamidi e tetracicline è risultata a livelli generalmente alti. Una buona quota di batteri della salmonella è resistente ad almeno tre farmaci.

Per il campylobacter, sedici Paesi su diciannove hanno riferito percentuali di resistenza alte o molto alte. Una tendenza simile è stata riportata anche per salmonella ed Escherichia coli nella carne bianca. 

La cipofloxacina appartiene alla classe dei fluorochinoloni, antimicrobici fondamentali per il trattamento delle infezioni nell’uomo. Ma la resistenza combinata, ovvero la resistenza nei confronti di due importanti antimicrobici resta bassa: fluorochinoloni+cefalosporine di terza generazione per la salmonella e fluorochinoloni+macrolidi per il campylobacter.  

Per le infezioni nell’uomo causate dalla salmonella resistente ai carbapanemi, un antimicrobico di ultima istanza, i casi sono sporadici. “La resistenza ai carbapanemi nei batteri di origine alimentare nell’Ue è un problema”, ricorda Mike Catchpole, direttore scientifico dell’Ecdc. “Il modo più efficace di prevenire la diffusione di ceppi resistenti è continuare a fare screening e rispondere prontamente alle rilevazioni positive. Ecdc sta lavorando con i Paesi membri e l’Efsa per migliorare il monitoraggio e la rilevazione precoce all’interno dell’approccio One Health”.

Buoni risultati anche negli allevamenti

Dal report arrivano però anche segnali positivi dell’efficacia delle misure di contrasto all’antibiotico resistenza. Un indicatore chiave è quello della suscettibilità degli animali da allevamento agli antimicrobici: per l’E. Coli è aumentato in quasi il 25% dei Paesi dal 2014 al 2018. 

L’altro risultato confortante è la tendenza in calo della presenza di batteri produttori di ESBL/AmpC (tutte molecole che conferiscono resistenza alle cefalosporine di terza generazione). Questa è stata osservata in circa il 40% dei Paesi Ue nel 2015-18 ed è importante perché questi batteri sono responabili di serie infezioni nell’uomo. 

Ancora, per quanto riguarda gli antibiotici di ultima istanza, non è risultata comune la resistenza alla colistina in salmonella ed E. coli. E non è stata rilevata la presenza di E. coli che produce carbapenemasi in tacchini, polletti e carne di pollo. “Le prove positive negli animali che producono alimenti sono incoraggianti poiché sono un segno di miglioramento. In ogni caso abbiamo bisogno di approfondire ulteriormente le cause di queste variazioni”, dice Marta Hugas, direttore scientifico di Efsa.

Foto: Pixabay