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Assalzoo, misure contro i rincari a sostegno della mangimistica e della zootecnia italiane

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allevamento bovini

Per la mangimistica italiana la crisi sorta a seguito del conflitto in Ucraina rischia di rivelarsi più grave della pandemia da Covid-19. Nei mesi più difficili dell’emergenza sanitaria, pur dovendo affrontare diversi elementi di criticità come tutto il settore agro-alimentare-zootecnico, dalla gestione del rischio contagio sui luoghi di lavoro alle difficoltà nei servizi logistici e nei trasporti e per la disponibilità ridotta di alcune materie prime, il comparto è riuscito a operare in continuità, la produzione non si è mai interrotta e agli allevamenti sono regolarmente arrivate le forniture di alimenti per le diverse specie di animali. Nel quadro del conflitto nell’area del Mar Nero, con le pesanti ripercussioni sul mercato delle materie prime, i problemi che si stanno determinando ora sono ora più complessi. Lo scenario peggiore, quello di un blocco della produzione con tutte le ripercussioni a cascata sulla zootecnia e sul Made in Italy agroalimentare, è stato denunciato in una lettera che Assalzoo ha ritenuto necessario inviare al Presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi e al Ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Stefano Patuanelli.

Una lettera circostanziata, dove oltre alla denuncia dei gravi disagi patiti dal comparto, legati principalmente agli aumenti dei costi degli input produttivi, dalle materie prime all’energia, al gas, al trasporto, Assalzoo ha inteso formulare anche diverse proposte per contenere gli effetti della crisi economica in atto e salvaguardare la sicurezza alimentare del Paese, ma anche per tutelare centinaia di migliaia di posti di lavoro e un valore della filiera zootecnica di quasi 70 miliardi di euro, tra produzione primaria e prima trasformazione, senza quindi contare l’indotto a monte e a valle, per uno dei settori più dinamici e importanti nel panorama agroalimentare italiano.

L’avvio del conflitto in Ucraina ha posto in evidenza, ancora una volta, i gravi limiti del nostro Paese dovuti alla forte dipendenza dalle importazioni di materie prime agricole dai mercati esteri. Tra queste c’è sicuramente il mais, di cui l’Italia ha perduto l’autosufficienza produttiva che aveva fino a una quindicina di anni fa e che ora è costretta ad importare per circa la metà del fabbisogno interno. Nel 2021 l’Italia ha importato 5,2 milioni di tonnellate di mais di cui ben 770 mila tonnellate da Kiev, pari a poco meno del 15% del totale acquistato fuori dai nostri confini. Sfiora 1 milione e 600 mila tonnellate invece la quantità di mais importato dall’Ungheria, che rappresenta il principale fornitore dell’Italia con oltre il 30% del mais importato. A questi due principali Paesi seguono poi Slovenia, Croazia, Austria e Romania.

Con l’avvio del conflitto russo/ucraino e il conseguente blocco dei porti del Mar Nero e del Mar d’Azov, si è dunque determinato il venir meno di un’importante quantità di una materia prima strategica per l’alimentazione zootecnica che ha rischiato di mettere in crisi l’industria mangimistica e quindi l’intera zootecnia. Una situazione che ha determinato forti tensioni sui mercati di tutto il mondo con difficoltà a reperire questo cereale che hanno favorito scelte protezionistiche e una fortissima speculazione. In molti casi i contratti stipulati non sono stati onorati e a volte le aziende mangimistiche si sono ritrovate a dover ripiegare su acquisti spot per camionate, senza riuscire così a programmare la produzione e garantire le forniture in un termine più lungo.

Tutto il mercato delle materie prime agricole è sottoposto a una forte tensione, con i rincari molto pesanti delle quotazioni che hanno raggiunto picchi storici mai visti prima con quasi 450 €/ton. Una situazione che si è andata ad aggiungere ai rincari che avevano già preso avvio nel corso dell’anno e prima dello scoppio della crisi in Ucraina. Rispetto al periodo pre-pandemico, il mais, che oltre tutto ha un effetto trascinamento su tutte le altre materie prime per la produzione mangimistica, ha fatto segnare un rialzo delle quotazioni complessivamente di oltre il 150% in più. Questi incrementi di prezzo si sono aggiunti ai rialzi degli altri fattori di produzione, energia elettrica, gas e carburanti in primo luogo, e ai servizi di logistica e trasporto. Inevitabile pertanto un forte aumento dei costi di produzione dei mangimi. Per questo motivo l’industria mangimistica, pur riducendo ai limiti della sopravvivenza le proprie marginalità, non è più riuscita ad assorbire per intero questi maggiori costi ed è stata costretta a trasferirli in parte a valle, con un impatto immediato sul mondo dell’allevamento. Il comparto ha dovuto infatti derogare a quel ruolo di ‘camera di compensazione’ con cui, di regola, assorbe per periodi di breve/medio termine parte dei rincari delle materie prime agricole producendo in perdita. Un aumento che tuttavia ha trovato difficoltà ad essere assorbito lungo la catena del valore, fino al consumatore finale, con la conseguenza che si è giunti a una pericolosa e insostenibile crisi di liquidità da parte degli allevatori che non riescono a coprire i maggiori costi di produzione con la vendita dei prodotti che derivano dall’allevamento e con il profilarsi di un vero e proprio rischio di default per la zootecnia italiana.

Da qui le proposte che Assalzoo ha rivolto al Governo italiano per provvedimenti tempestivi e straordinari. A cominciare, stante la perdita del mercato ucraino e russo, dalla necessità di consentire vie alternative di approvvigionamento di mais anche da oltreoceano per garantire i rifornimenti e cercare anche di abbassare la deriva speculativa. Tra le altre misure richieste una forte defiscalizzazione della spesa per energia elettrica, gas e gasolio, utilizzati dal settore agro-alimentare, e l’inserimento delle aziende mangimistiche e del settore primario tra le imprese energivore. Viene inoltre ritenuta necessaria la previsione di sgravi con crediti d’imposta per compensare gli extra-costi dovuti alla crisi in corso e misure per la ristrutturazione del debito. Le conseguenze delle operazioni militari, benché confinate sostanzialmente in Ucraina, stanno avendo tuttavia ripercussioni economiche pesantissime a livello internazionale, anche a causa delle sanzioni decretate contro la Russia. Per tale ragione tanto le organizzazioni sovranazionali quanto le amministrazioni di ciascun Paese devono adottare misure eccezionali per evitare che le criticità che stanno subendo i diversi settori produttivi, come quello agro-zootecnico-alimentare, abbiano un esito dirompente sull’attività delle imprese. I provvedimenti di marzo del Governo italiano, con le misure per contrastare gli effetti economici della crisi ucraina anche a favore del settore primario, e quelli della Commissione europea, con i provvedimenti del ‘pacchetto Ucraina’ per la sicurezza alimentare, rappresentano un primo passo nella giusta direzione; tuttavia non possono essere considerati un punto di arrivo ma solo un primo intervento cui è necessario far seguire misure di maggiore impatto se non vogliamo mettere a rischio la tenuta di un settore strategico come quello che garantisce la sicurezza degli approvvigionamenti alimentari.

di Giulio Gavino Usai