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Coronavirus, la zootecnia impegnata nella gestione dell’emergenza

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Tra i diversi settori produttivi interessati dalle misure per il contenimento dell’epidemia di coronavirus la zootecnia occupa una posizione di particolare riguardo. Le attività delle imprese zootecniche presenti nella zona rossa tra Lombardia e Veneto possono infatti proseguire perché erogano un servizio essenziale. La gestione dell’emergenza è dunque sotto controllo, anche se non mancano alcune criticità, come denuncia ad esempio Confagricoltura. Problematicità che diventano ancora più preoccupanti, però, se si allarga lo sguardo alle ricadute dell’epidemia da Covid-19 sull’intera area del Nord Italia, maggiormente interessata dalla diffusione dell’epidemia, e su tutto il settore agroalimentare.

Questa vasta porzione di territorio è infatti l’area con il maggior numero di aziende agricole con allevamenti, di capi di bestiame, di mangimifici e di aziende proprietarie dei centri di stoccaggio dei cereali. Qualche numero. La Lombardia ha il 24% dei bovini e oltre la metà dei suini in Italia, nel Nord si concentra il 48% dei centri che immagazzinano cereali, Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto sono le tre regioni con il più alto numero di stabilimenti di mangimi e da Veneto ed Emilia-Romagna arriva il più alto numero di Dop e Igp.

L’attività negli allevamenti prosegue

Lo scorso 23 febbraio il governo ha adottato il decreto legge con le misure per il contenimento dell’epidemia. Nel decreto attuativo del presidente del Consiglio dei ministri è stata disposta la sospensione delle attività lavorative escludendo però le imprese che erogano servizi essenziali e di pubblica utilità, compresa l’attività veterinaria. È stato incaricato il prefetto di individuare le misure per garantire le attività necessarie per l’allevamento degli animali, la produzione di beni alimentari, le attività non differibili in quanto connesse al ciclo biologico di piante e animali. Le disposizioni delle Regioni Veneto e Lombardia replicano queste disposizioni. 

Il lavoro delle imprese nella zona rossa è quindi salvaguardato e la produttività garantita, “in grado di assicurare il rifornimento di beni alimentari a tutti i cittadini”, come ricorda Cia-Agricoltori italiani. Anche Confagricoltura parla di una situazione sotto controllo, con attività come la mungitura e il conferimento delle materie prime ai caseifici che vanno avanti. Ma sono le stesse organizzazioni a denunciare disagi. Ad esempio il ritardo nella fornitura di mangime da parte di una azienda con sede nella zona rossa verso uno stabilimento appena fuori l’area interessata dalle restrizioni, secondo il racconto di Confagricoltura.

Sull’importanza di garantire i rifornimenti, gli approvvigionamenti, di tutelare la salute e il benessere degli allevamenti di animali da latte, carne e uova è intervenuta anche Assalzoo. L’organizzazione ha lanciato un appello a tutte le rappresentanze dei vari settori della filiera zootecnica “per una migliore concertazione delle misure da adottare”.

Rischi per il Made in Italy

Le ricadute sull’economia e sul settore primario sono comunque significative, in particolare per le aziende agricole che hanno rapporti commerciali con la zona rossa. Problematicità maggiori emergono però se si pensa all’Italia come Paese al centro degli scambi commerciali, nella rete import/export con l’estero, nel settore agroalimentare. Il presidente di Confagricoltura Giansanti ha lamentato in un’intervista al Sole 24 Ore la forte riduzione delle forniture di cereali, per uso alimentare e zootecnico, da Ungheria e Romania e la necessità di ricorrere alle scorte. Il ministero delle Politiche agricole ha già respinto le richieste di ulteriori certificazioni sanitarie dei prodotti agroalimentari provenienti dall’Italia. Cia-Agricoltori italiani guarda infine alle esportazioni e alle contrazioni sui mercati, con ordinativi in calo e disdette per il “clima generale di sfiducia che sta contagiando i principali sbocchi commerciali all’estero”.

Foto: © Branex_Fotolia