L’assemblea annuale di Assalzoo dello scorso 9 giugno ha certificato i risultati positivi della mangimistica italiana. Un quadro incoraggiante che indica le migliori qualità del settore, come ha ricordato il presidente reggente Michele Liverini: “Le grandi doti di resilienza, la sua capacità imprenditoriale e la sua professionalità”. E soprattutto la centralità dei mangimisti nella filiera produttiva agro-zootecnia italiana. Il 2021 si è caratterizzato per un rilevante aumento della produzione complessiva di mangimi del 3,8%, un nuovo rialzo rispetto a quello dell’anno passato. La produzione ha superato i 15,6 milioni di tonnellate; erano poco più di 15 milioni nel 2020. In crescita anche il fatturato, che da 7,97 miliardi di euro balza a 9,68 miliardi di euro, così diviso: 6,5 miliardi per i mangimi, 1,11 per le premiscele e 2,06 per il pet-food. L’incremento è stato del 21% tuttavia il dato è frutto di una congiuntura particolare, segnata da un forte rialzo dei fattori di produzione, e non indica, invece, un incremento della marginalità delle aziende mangimistiche. Anche i prezzi alla produzione dei mangimi sono stati interessati da questa ondata rialzista, con un aumento del 42%. In crescita anche i costi del lavoro: +1,8%, su una platea stabile di 8300 addetti. Variazioni degne di nota anche sul fronte del commercio con l’estero. Tanto l’export quanto l’import sono in salita: da 823 a 941 milioni di euro nel primo caso, da 593 a 694 milioni di euro nel secondo, una dinamica che porta il saldo commerciale a +247 (era +230 nel 2020).
L’aumento dell’output ha riguardato tutte le principali specie allevate. L’avicoltura si conferma il primo settore per quota-prodotto (41%). L’incremento segnato è stato del 5% e ha portato la produzione a 6,37 milioni di tonnellate. Il dato avrebbe potuto essere ancora più alto se il comparto non avesse subito le conseguenze della diffusione dell’influenza aviaria, ovvero l’abbattimento di poco meno di 15 mila capi. Tra le singole categorie solo per i tacchini si è assistito a un calo (-3,7%), mentre tutte le altre sono con il segno positivo: polli da carne (+6,1), galline ovaiole (7,1%) e altri volativi (+7,7%).
Per la suinicoltura, la quantità di prodotto, anch’essa in crescita, ha raggiunto i 4,1 milioni di tonnellate, con un aumento del 3,1%. In forte ripresa anche i mangimi per bovini: +3,8%. La produzione destinata è stata pari a 3,7 milioni di tonnellate. Sia i mangimi per le vacche da latte sia quelli per i bovini da carne hanno registrato un aumento, così come per i bufali.
L’unico segno negativo compare in relazione all’insieme delle altre specie animali che intercetta il 6,3% del totale della produzione. Nel 2021 il calo è stato dell’1,2%, tuttavia il dato nasconde tanto variazioni positive quanto negative. Se l’acquacoltura è in ripresa dopo un periodo di difficoltà (+0,8%), così come gli ovini (+1%), sul fronte opposto si collocano conigli (-6,8%) ed equini (-1,8%). Chiude il comparto del pet food: la produzione di alimenti per animali da compagnia, pari a poco più del 3% del totale, è salita del 3,6% rispetto al 2020.
Come il 2021 anche il 2022 presenta le caratteristiche di un anno eccezionale, con le conseguenze del conflitto in Ucraina che hanno sconvolto l’economia mondiale. Gli effetti sulla mangimistica saranno valutati compiutamente ma è già possibile fare qualche previsione. Le prime stime che arrivano da un’indagine condotta da Assalzoo indicano una battuta d’arresto di questa tendenza rialzista. Nei primi cinque mesi dell’anno la contrazione produttiva è evidente. Un segnale che trova conferma nel calo del 5% stimato da Fefac per la produzione europea. Se confermato, il livello di produzione della mangimistica italiana tornerebbe così a quello di due anni fa.