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Allevamento bovini, in Italia aumentano le macellazioni

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Macellazioni di bovini in aumento in Italia. Secondo i dati dell’Anagrafe Nazionale Zootecnica, nei primi cinque mesi 2022 i capi macellati sono stati il 4,1% in più, mentre è in calo il peso medio degli stess. A favorire le macellazioni sarebbero i prezzi elevati dei costi di produzione, inclusa la spesa per l’alimentazione. Nel report Ismea l’andamento del mercato a luglio 2022.

Contesto globale

Le scarse disponibilità nei principali Paesi produttori e le controversie commerciali stanno avvantaggiando i mercati emergenti. La produzione di carne bovina nel mondo è stimata a 71,8 milioni di tonnellate, praticamente invariata rispetto all’anno precedente, a causa della flessione registrata in Brasile, Australia e Argentina. A controbilanciare ci sono però i paesi asiatici, dove la produzione aumenterà del 3% a 14 milioni di tonnellate , trainato da robuste espansioni produttive in India, Cina e Pakistan.

Negli Stati Uniti e in Canada si prevede che la produzione aumenti, così come in Uruguay e Paraguay, in un contesto di solida domanda a livello internazionale.

Produzione in flessione e prezzi in aumento in tutta Europa

In Europa la scarsa disponibilità di capi bovini maturi mantiene i prezzi a livelli elevati. Tuttavia, l’inflazione ha iniziato a incidere sul consumo di carne bovina in molti paesi. Sebbene nell’Europa meridionale ciò sia parzialmente compensato dal buon inizio della stagione turistica, con la netta ripresa della domanda da parte dei canali della ristorazione.

I costi di produzione particolarmente elevati, preoccupano gli allevatori per il futuro. Il primo effetto tangibile sui dati analizzabili è il peso delle carcasse, che è ovunque in calo. I prezzi medi europei per i vitelloni A-R3, nel mese di maggio 2022, si attestano sopra i 507 €/100 kg ossia su livelli superiori rispetto allo scorso anno del 32,7%. I prezzi medi di giugno per le carni bovine di buona conformazione (A/C/Z/ R3) sono arrivate ad attestarsi sui 486,5 €/100 Kg, segnando un balzo su base annua del 28%.

La produzione Europea continua a contrarsi anche nei primi mesi del 2022 (-21%), confermando la tendenza negativa degli ultimi tre anni. Inoltre, il settore è preoccupato anche per le difficoltà di poter trasferire gli aumenti dei prezzi al consumo.

Tra gennaio e marzo, le esportazioni di carne bovina dell’UE sono aumentate del 6% rispetto a un livello relativamente basso primo trimestre 2021. In aumento le esportazioni verso alcuni mercati di alto valore come Canada (+36%), Giappone (+61%) e Regno Unito (+32%) anche se va tenuto presente che le esportazioni nel primo trimestre del 2021 erano state relativamente deboli. Anche altre destinazioni come Israele stanno aumentando, mentre Bosnia-Erzegovina, Filippine e Hong Kong mostrano cali significativi. Per l’intero anno, si prevede che le esportazioni di carne dell’UE aumenteranno solo del 4%, vincolate dalla disponibilità interna limitata e dai prezzi interni relativamente elevati.

Il mercato in Italia

La produzione

In Italia, secondo i dati sulle macellazioni mensili registrati presso l’Anagrafe Nazionale Zootecnica, nei primi cinque mesi 2022 è in aumento del 4,1% il numero di capi macellati mentre è in calo il peso medio dei capi macellati. Parallelamente, cambia la composizione dell’offerta con uno sbilanciamento soprattutto verso i capi da riforma del ciclo latte.

Nei primi mesi del 2022, si registra infatti un aumento del 14% della quota di vacche avviate al macello (la categoria arriva ora a pesare un quinto dell’offerta totale).

In aumento anche le macellazioni per la categoria delle manze, con un incremento del 5,8% dei capi macellati; in questo caso si tratta comunque di un adattamento all’orientamento alla domanda al consumo che sta evidenziando una crescita di preferenza per la carne di “scottona”. Stabile il numero macellato di vitelloni maschi e dei vitelli con meno di 8 mesi, mentre in aumento quello di vitelli di età tra 8 e 12 mesi (+3,7% pur restando una piccola nicchia: solo il 2% dell’offerta). Il persistere di prezzi elevati dei fattori di produzione, in particolare per i mangimi, può portare a ulteriori macellazioni entro la fine dell’anno e a un’ulteriore riduzione del peso delle carcasse, soprattutto nel processo di finissaggio, dove i costi dei mangimi pesano di più sulla redditività dell’azienda agricola a causa del limitato incremento marginale della fase finale di allevamento.

Andamento dei prezzi

Come sempre accade in questa stagione, l’arrivo del caldo estivo sta limitando gli acquisti dei tagli del quarto anteriore, ma quest’anno la scarsa offerta permette di mantenere stabili i prezzi evitando il consueto calo stagionale. Inoltre, la prospettiva di una stagione turistica senza sostanziali limitazioni, sta aumentando la domanda da parte della ristorazione e del “fuori casa” in genere.

A partire dal mese di febbraio, i prezzi dei bovini da macello di tutte le categorie hanno segnato un’impennata che si è tradotta a giugno in valori notevolmente superiori a quelli dei precedenti anni. Nello specifico il prezzo dei vitelloni da macello a giugno ha raggiunto i 2,92 €/kg (peso vivo – iva esclusa), ossia il 22% in più rispetto alla media del triennio precedente (giugno ’19-’20-‘21).

Il prezzo medio delle vacche da macello, malgrado la maggiore disponibilità, a giugno ha toccato 1,59 €/Kg segnando rispetto alla media del triennio precedente un balzo del 33%.

Scambi con l’estero

Nel primo trimestre 2022, sono stati importati in Italia oltre 230 mila capi bovini da allevamento, di questi, i tre quarti sono broutards e manze oltre i 300Kg, per i quali è previsto un ingrasso di circa sei mesi prima dell’avvio alla macella- zione. Le importazioni di bovini vivi da allevamento segnano – nel primo trimestre 2022 – un evidente incremento sia rispetto al trimestre precedente (+10%) che all’analogo periodo dell’anno prima (+12%). Ancora più evidente la dinamica di crescita sul fronte della spesa sostenuta: +33% su base annua e +18% sul trimestre precedente.

La composizione degli arrivi mostra una nuova ripartizione, che favorisce le giovenche che passano dal 28% al 32% del totale a scapito dei broutards maschi che passano dal 57% al 41%, parzialmente sostituiti oltre che dalle femmine, dai vitelli più leggeri (160/300Kg) che passano dal 7% al 16%.

Sul fronte carni, le importazioni del primo trimestre 2022 si collocano su livelli prossimi alla media degli ultimi anni, segnando un lieve incremento rispetto all’analogo trimestre 2021 (+7%), periodo di particolare incertezza, e un lieve ridimensionamento rispetto al IV trimestre 2021, periodo di particolare entusiasmo (-6%).

Le importazioni

La spesa nel primo trimestre 2022 ha comunque toccato i livelli più alti del triennio malgrado i volumi importati siano notevolmente inferiori a quelli record del primo trimestre 2020 quando avevano interessato oltre 90 milioni di Kg. In particolare, gli incrementi delle importazioni di carni sono stati del 6,7% in volume nel primo trimestre 2022 rispetto all’analogo periodo del 2021, con esborsi superiori del 37%.

Sebbene sia decisamente poco incentivante il livello di prezzo del prodotto estero, lo scarso livello di autoapprovvigionamento rispetto alla domanda interna costringe ad importare carni. Nello specifico le importazioni di carni fresche sono aumentate del 7,2% mentre quelle di carni congelate del 4,7%, per entrambe le tipologie l’aumento del prezzo medio si aggira attorno al 28%.

In relazione al quadro dei paesi fornitori per le carni fresche bovine, la Polonia si conferma come principale partner con una quota pari a quasi un quinto delle forniture totali, con una dinamica di nuovo espansiva (+2,5%) dopo la flessione del 3,7% del 2021. Al secondo posto resta la Francia con una quota quasi analoga e con una flessione meno accentuata nell’ultimo trimestre ma già importante nello scorso anno (-3,7% dopo il -5,1% del 2021).

In netto incremento invece gli arrivi dalla Spagna: +33,5% nel primo trimestre 2022 dopo il +12,6% del 2021. In ripresa anche gli arrivi dalla Germania e dal Belgio (+14% e +21%).

Acquisti domestici

La spesa per gli acquisti domestici di generi alimentari totali nei primi cinque mesi 2022 si attesta sugli stessi livelli dell’analogo periodo dell’anno precedente (+0,4%) confermando un incremento rispetto al periodo pre-covid (media 2018-19) del 10%. Si tratta di un aumento della spesa cui però non si accompagna un aumento dei volumi acquistati, che anzi sono in contrazione.

Per quanto riguarda le carni la spesa nel primo pentamestre è in aumento del 3%, con volumi in contrazione del 4,6%. A sostenere l’incremento di spesa sono soprattutto le carni avicole che con una spesa a +7,5% vedono però i volumi in contrazione dell’8% per compensare gli incrementi dei prezzi che hanno superato per alcune referenze (le più pregiate tipo il petto di pollo) il 16%.

Per le carni bovine la spesa nei primi cinque mesi è in linea con quella dello stesso periodo 2021 (+0,1%), ma i volumi sono in contrazione del 5,6%, confermando una tendenza che già si era registrata nel 2021 (-2,1%) che si distingueva, tuttavia, dalla situazione attuale per i volumi delle vendite in positivo 5,4% rispetto alla situazione pre-covid.

I prodotti alternativi alla carne a base vegetale sono arrivati a rappresentare il 4% della torta delle “carni”. Infatti dopo il +21,6% dello scorso anno segnano nel primo frangente 2022 un ulteriore +14,8%.

Riguardo le tipologie merceologiche, il 56% dell’offerta è rappresentato dalla voce “bovino adulto” che raccoglie insieme senza distinzione la carne di vitellone e quella di altri bovini adulti. Tale categoria accusa più marcatamente la contrazione delle vendite in volume (-8,2%), seguita dalla carne di vitello che rappresenta un terzo delle vendite in volume e che flette del 6,8%; sempre positiva invece la performance per la carne di scottona: +19%.

Le prospettive del settore

L’indice del clima di fiducia degli agricoltori alla fine del primo trimestre 2022 segna un netto peggioramento con un saldo di risposte negative del 25%. Mentre le attese per gli affari futuri (fra 2/3 anni) sono solo in leggero peggioramento rispetto all’ottimistica visione di fine dicembre e restano comunque in terreno positivo (+1,3%), le attese per gli affari correnti crollano al -45%. A preoccupare gli allevatori sono soprattutto gli aumenti dei prezzi delle materie prime, che associati alla perdita di potere di acquisto dei consumatori potrebbe rilevarsi catastrofico per un settore da tempo in equilibrio precario.

Foto: fonte Pixabay