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L’uso di coprodotti agroindustriali nella mangimistica: un‘indagine pilota per l’allevamento della Sardegna

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di Maria Francesca Caratzu, Fabio Correddu, Giuseppe Pulina – Dipartimento di Agraria, Università di Sassari

La recente fiammata dei prezzi delle materie prime, che si è riverberata immediatamente sui listini dei mangimi, unitamente alla pressante esigenza di contenere l’impatto ambientale degli stessi, ha portato prepotentemente in primo piano l’opportunità di impiego dei coprodotti agroindustriali nell’alimentazione animale. Il tema è stato ampiamente sviluppato da Fefac con la pubblicazione nel 2020 del report “Campioni di efficienza delle risorse: Coprodotti, una risorsa essenziale per l’alimentazione animale”, disponibile sul sito di Assalzoo. (https://www.assalzoo.it/news/campioni-efficienza-delle-risorse/). L’Associazione, nella premessa, afferma che è necessario “Passare dall’idea di sottoprodotto a coprodotto”. Successivamente la stessa spiega così l’affermazione: “Sebbene non vi sia alcun chiarimento legale della differenza tra questi due termini, Assalzoo, in linea con Fefac, ha sempre sostenuto il passaggio da una idea di sottoprodotto a una di coprodotto tra fornitori. Un sottoprodotto è in genere un residuo inevitabile che deve essere smaltito a basso costo. Un coprodotto è riconosciuto per il suo valore come risorsa nutritiva e viene trattato con la stessa cura e attenzione del prodotto principale. L’utilizzo di un coprodotto va oltre la semplice conformità legale ai requisiti di sicurezza e spesso provoca un adeguamento delle principali tecniche di lavorazione per garantire un coprodotto di qualità migliore. Assalzoo come Fefac riconosce che esiste un valore socio-economico aggiunto nel preservare l’integrità nutrizionale della risorsa e si basa su una filiera del valore integrata progettata per sostenerla”.

Per poter valorizzare a pieno tali risorse è necessario disporre di un inventario quantitativo e qualitativo delle stesse. In tal senso, il nostro gruppo di lavoro, nell’ambito del progetto VERSOA (Valorizzazione Economica e Rigenerativa degli Scarti di Origine Animale) condotto con la collaborazione della BS-Green srl e nell’ambito del dottorato di ricerca POR, ha svolto una indagine sui principali coprodotti del settore agro-alimentare della Sardegna. In particolare, si è focalizzata l’attenzione sui sottoprodotti derivanti dalla trasformazione dell’uva (le vinacce), dell’oliva da olio (la sansa di olivo), del pomodoro (le buccette), dei sottoprodotti legati alla lavorazione del carciofo e infine delle trebbie che rappresentano il principale coprodotto del processo di produzione industriale della birra. Questo breve contributo illustra un semplice metodo di stima per la valutazione locale delle disponibilità lorde di queste importanti risorse alimentari.

Un’approfondita revisione della letteratura scientifica ha permesso di conoscere sia la quantità dei coprodotti derivanti dalle lavorazioni agroindustriali dei suddetti prodotti, che la relativa composizione chimica. In particolare, grazie ai dati medi presenti in letteratura sulla quantità relativa di ciascun coprodotto derivante dal relativo processo di produzione industriale, insieme ai dati forniti dall’Istat sulle produzioni di pomodoro, carciofo, uva da vino e olive da olio in Sardegna nel 2020, è stata elaborata una stima della produzione di trebbie, buccette di pomodoro, vinacce, sansa di olivo, residui del carciofo a livello regionale nel 2020 (Tabella 1).

Tabella 1. Stima della produzione dei principali coprodotti dell’industria agro-alimentare in Sardegna nel 2020

Produzione agroindustrialeUva da vinoOlive da olioCarciofoPomodoro da trasf.Birra
(sottoprodotto)(vinaccia)(sansa)(residui)(buccette)(trebbie)
produzione 2020 (tonn)1837803447338107319581490002
coprodotto (%)3214173519
coprodotto (tonn)3175941413427628159828682

1Istat 2021.

2valore espresso in tonnellate, approssimando il peso di 1 L di birra a 1kg.

3percentuali e/o quantità di sottoprodotto per ciascuna delle produzioni considerate stimate da dati riportati in letteratura.

Grazie ai dati ottenuti da analisi condotte dal nostro gruppo nell’ambito di diversi progetti di ricerca e da altri del Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari, nonché dalla bibliografia consultata, è stato possibile stimare la composizione chimica media di ciascun coprodotto: contenuto di umidità e sostanza secca, proteina, fibra, lipidi, ceneri, al fine di poter valutare le caratteristiche nutrizionali più importanti dal punto di vista zootecnico (Tabella 2).

Tabella 2. Composizione chimica media dei principali coprodotti derivanti dal settore agro-alimentare

Parametro1VinacceSansa di olivoTrebbie di birraBuccette di pomodoroCarciofo
Umidità di partenza, %71.244.47987.783.8
Contenuto di SS, % tq81.283.765.59192
Proteina, % SS12.47.821.918.813.3
Lipidi, % SS8.188.99.12.6
Fibra NDF, %SS45.363.849.955.550.2
Fibra ADF, % SS37.252.220.643.235
Ceneri, % SS6.611.43.54.58.9

1 ad eccezione dell’umidità, tutti gli altri parametri sono riferiti ai sottoprodotti privati dell’umidità

In particolare, la quantità rilevante di proteine di alcuni coprodotti ha dato spunto per l’elaborazione di una ipotesi che prevede di valutare l’inclusione degli stessi nell’industria mangimistica locale.

Le aziende zootecniche sarde sono fortemente dipendenti dall’approvvigionamento di alimenti concentrati di provenienza extra-aziendale; pertanto, il reimpiego dei principali coprodotti oggetto di valutazione in questa sede potrebbe offrire una soluzione interessante sia sotto l’aspetto economico, che strettamente nutrizionale.

Sulla base di questa considerazione, è stato costruito uno scenario dove si ipotizza di poter utilizzare la proteina disponibile dai coprodotti per l’alimentazione animale.

In primo luogo, è stata stimata la quantità totale di proteina grezza (PG) apportata dalle cinque categorie di coprodotti studiati, che ammonta ad oltre 3.000 tonnellate; in un secondo passaggio si è preso in considerazione l’allevamento del vitellone, che rappresenta la categoria di animali più rilevante nel settore delle macellazioni e quindi dell’allevamento per l’ingrasso in Sardegna. Si è inoltre valutato che, in media, l’allevamento di un capo bovino fino al raggiungimento di un peso vivo medio di 500 kg comporta l’ingestione di 9 kg di sostanza secca (SS) per capo al giorno. Con una concentrazione media di PG della razione del 13% sulla SS, si ottiene un’ingestione totale di 1,2 kg di proteina per capo al giorno. Considerando una durata della fase di ingrassamento di 180 giorni, si stima che ciascun capo necessiti di una quantità pari a 210 kg di proteina. Infine, se ciascun animale consuma 0,21 tonnellate di proteina, e se quella derivante dei coprodotti può ragionevolmente rappresentare 1/5 di quella necessaria, a partire da quella teoricamente disponibile dai sottoprodotti (3.000 tonnellate), ammesse perdite e/o difficoltà di approvvigionamento del 50% della risorsa dalla fonte alla mangiatoia, si potrebbero integrare le razioni di circa 37.000 vitelloni, con un risparmio presumibile del 15% sul prezzo del mangime finito (con una variabilità dal 10% al 20% in funzione della specifica formulazione) e una riduzione degli impatti climalteranti valutabili nell’ordine di 1-1,5 kg di CO2eq per kg di peso corporeo alla macellazione.

Dallo studio preliminare è inoltre emersa la necessità di ulteriori approfondimenti per valutare la potenzialità di reimpiego dei coprodotti nell’alimentazione zootecnica, anche in considerazione del fatto che alcune categorie rappresentano delle matrici complesse il cui uso nelle razioni alimentari deve essere studiato in maniera dettagliata, al fine di prevenire effetti collaterali derivanti dall’elevata concentrazione di sostanze ad effetto anti-nutrizionale, quali alcuni tannini. D’altra parte, lo studio bibliografico ha permesso di evidenziare la presenza, in alcuni coprodotti, di composti bioattivi che sono in grado, tra l’altro, di migliorare la qualità dei prodotti di origine animale, il benessere animale e di ridurre l’impatto ambientale associato alle produzioni. 

Occorre infine sottolineare che tutti i coprodotti sono caratterizzati da un elevato tasso di umidità, aspetto che li rende non solo prontamente deperibili, ma anche onerosi da trasportare, per cui per essere fruibili dal settore mangimistico necessitano di essere immediatamente essiccati a bocca di azienda. In questo senso il progetto VERSOA offrirebbe una soluzione importante a questo problema, in quanto uno dei principali obiettivi dello stesso prevede l’impiego di energia prodotta dall’impianto di BS Green per la disidratazione e per la successiva loro valorizzazione in una visione di sistema economico-produttivo circolare e rigenerativo.

Foto di Borko Manigoda da Pixabay