Meno latte e a prezzi più cari. A causa dell’aumento dei costi di produzione e di condizioni climatiche sfavorevoli, la produzione mondiale è in contrazione in tutti i principali Paesi esportatori, alimentando così le forti tensioni al rialzo del mercato. A rivelare tale dinamica è l’ultimo report di Ismea sulle “Tendenze e dinamiche recenti di lattiero caseari” di ottobre.
La produzione di latte è al minimo stagionale in Oceania, mentre negli Stati Uniti la contrazione si è attestata al -0,3% nel periodo gennaio-agosto del 2022. Nell’Ue la siccità e le elevate temperature estive hanno impattato negativamente sia sulla disponibilità di pascolo sia sulle rese del mais e gli allevatori si sono trovati a dover integrare le razioni delle bovine con quanto normalmente avrebbero immagazzinato per l’inverno. Nel complesso nei primi sette mesi del 2022, le consegne Ue di latte si sono ridotte dello 0,5% rispetto allo scorso anno.
Di fronte alla contrazione dell’offerta si è registrato un altrettanto straordinario aumento del prezzo del latte. Secondo le stime della Commissione il prezzo medio del latte Ue continua a salire per le consegne del mese di settembre, fino a superare il livello record 53 euro/100 kg (+42% rispetto allo stesso mese del 2021). A trainare il valore del latte anche l’impennata dei prezzi di burro e polveri magre.
La situazione in Italia
I prezzi dei prodotti destinati all’alimentazione del bestiame stanno evidenziando livelli tra i più alti degli ultimi dieci anni. Le quotazioni del mais di origine nazionale sono passati da 257 €/ton di settembre dello scorso anno ai 363 €/ton attuali, con un incremento di oltre il 41%. Per la farina di soia dopo il picco raggiunto nel mese di agosto, i listini di settembre 2022 si sono assestati su 583 €/ton (+29% rispetto a un anno fa). Inoltre prezzi dei fieni attualmente superiori del 57% rispetto dodici mesi fa, a causa dei mancati sfalci primaverili per assenza di pioggia.
Dopo due anni di forti aumenti, nel periodo gennaio-luglio 2022 le consegne di latte hanno registrato una decisa battuta d’arresto (+0,1% rispetto alla stessa frazione dello scorso anno). La minore disponibilità di latte a livello nazionale, ma anche da parte dei principali fornitori UE, ha fatto significativamente aumentare i prezzi alla stalla, che nel mese di agosto hanno raggiunto in media il livello di 55 euro/100 litri. Tale valore, evidenziato mediamente a livello nazionale, è stato fortemente indirizzato dalle contrattazioni tra allevatori e industria di trasformazione concluse nel mese di luglio in Lombardia, che porteranno progressivamente il prezzo alla stalla a 60 euro/100 litri nel mese di dicembre.
Il mercato nazionale
Anche nel mercato nazionale la spinta inflazionistica non accenna ad arrestarsi, mostrando anzi un ulteriore impennata nel mese di settembre. Come evidenziato dall’Indice Ismea dei prezzi all’origine, nei primi nove mesi del 2022 i listini dei prodotti lattiero caseari hanno evidenziato un ulteriore balzo in vanti (+25,1% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno), trainato soprattutto dai formaggi duri, dai formaggi molli (rispettivamente +8,6% e +15,6% su base tendenziale) e, sebbene con un peso ridotto sul paniere complessivo, anche dal burro (+73,2%).
Scendendo nel dettaglio, la pressione al rialzo è stata generalizzata con variazioni a due cifre dei listini dei principali prodotti guida del mercato nazionale. In particolare, per il Grana Padano il rialzo dei prezzi all’ingrosso dei primi nove mesi è stato del 16%, a fronte di una produzione in contrazione (-2,3%); meno intensa, invece, la variazione registrata dal Parmigiano Reggiano, mediamente stabilizzatosi a 10,73 €/kg nei primi nove mesi del 2022 (+2,5% rispetto allo stesso periodo del 2021). In rialzo i prezzi anche di altri formaggi DOP, come il Gorgonzola, il Provolone Valpadana e soprattutto l’Asiago (+25%). In forte aumento anche i prezzi di prodotti come la mozzarella (+18%). Infine, l’incremento dei listini del burro, che nell’ultimo mese hanno sfiorato il livello di 4,80 euro/kg per lo zangolato mettendo a segno variazioni addirittura a tre cifre rispetto al 2021.
Gli scambi commerciali
Il saldo della bilancia commerciale nei primi sette mesi del 2022, seppure in contrazione, è ancora positivo. Aumentano infatti le importazioni (+35% in valore) più delle esportazioni (+22%).
Le esportazioni di formaggi e latticini italiani hanno continuato a registrare performance positive e, nel primo semestre del 2022, si registrano variazioni del 13% in volume e +22% in valore. I tre quarti dei volumi complessivamente esportati sono rappresentati da formaggi freschi e duri. Nei primi sette mesi 2022 si è registrata una crescita per tutti i prodotti storicamente più esportati, nella maggior parte dei casi con variazioni tendenziali a due cifre: Grana Padano e Parmigiano Reggiano, +8% in volume e +11% in valore rispetto a gennaio-luglio 2021; mozzarella, +17% in volume e +33% in valore, segnale di un significativo incremento dei prezzi medi all’export; Gorgonzola, +6% in volume e +14% in valore; formaggi grattugiati (+15% in volume e +22% in valore). I principali mercati di destinazione si confermano quelli europei, seppure con un arretramento della Germania (-3,5% in volume).
Sul fronte opposto della bilancia commerciale si rileva un forte aumento delle importazioni di formaggi, in particolare di freschi. In aumento anche le importazioni di yogurt (+2% in volume), mentre sono diminuite le forniture di latte confezionato (-1,6% in volume).
La domanda domestica
L’inflazione sta incidendo sul bilancio delle famiglie italiane che vedono contrarsi il loro potere d’acquisto. Nel periodo cumulato da gennaio a settembre 2022 il carrello della spesa, secondo le elaborazioni dei dati Nielsen, sta costando agli italiani il 4,4% in più rispetto allo scorso anno. A impattare sui prezzi dei generi alimentari è anche l’aumento dei costi per gli imballaggi, che si traduce anche in una maggior propensione dei consumatori a comprare referenze dal banco del libero servizio rispetto ai prodotti confezionati.
Per i lattiero caseari, nel 2021, la spesa ha segnato un progressivo rallentamento (-4,0%) in corrispondenza di una proporzionale contrazione dei volumi dopo i picchi evidenziati durante il 2020 segnato dai comportamenti di acquisto del periodo pandemico. Nel corso del 2022 si inverte completamente la tendenza e la spesa risulta in aumento del 4,1% – nei primi nove mesi – per effetto di un sostenuto aumento dei prezzi medi al dettaglio che sta riguardando tutte le principali referenze merceologiche nella misura del 6-10%, colpendo soprattutto alcuni prodotti di base come il latte o la mozzarella.
A fronte della spinta inflazionistica i consumatori stanno reagendo con una contrazione dei volumi nel carrello, che nel caso dei lattiero caseari si avvicina al 3% in meno rispetto allo scorso anno, e una minore fidelizzazione verso i format distributivi che favorisce soprattutto i Discount (che rappresentano il canale in cui viene effettuato il 21% della spesa per latte e derivati).
Le prospettive
Inflazione, stretta monetaria, guerra in Ucraina e Covid continueranno a mantenere elevata la tensione sul mercato mondiale. Per gli operatori della filiera lattiero casearia italiana, come per il resto del settore agroalimentare, si prospettano mesi difficili sotto il profilo dei costi di produzione, ma anche forti preoccupazioni sul fronte della domanda finale. La riduzione del potere di acquisto delle famiglie potrebbe ulteriormente alleggerire il carrello degli italiani e portare a forti rinunce anche in termini di qualità.
Le previsioni di stagnazione delle principali economie mondiali, inoltre, gettano qualche ombra anche sul fronte della domanda estera, poiché i prezzi elevati potrebbero frenare gli acquisti di formaggi italiani da parte dei clienti tradizionali, come si sta già verificando nel caso della Germania.
Il “Clima di fiducia” di Ismea
Preoccupazioni che trovano riscontro nelle indagini Ismea sul “Clima di fiducia”. Le imprese zootecniche segnalano forti criticità nella gestione aziendale nel corso del terzo trimestre 2022, in misura decisamente più intensa rispetto al resto dell’agricoltura. L’aumento del fatturato, infatti, non ha adeguatamente compensato le difficoltà sul fronte dei costi delle materie prime e, anche, del lavoro. E per i prossimi mesi è atteso un peggioramento. La fiducia si riaccende solo con riferimento a un orizzonte temporale più lungo.
Per gli operatori dell’industria lattiero casearia i tre mesi estivi sono stati un periodo positivamente influenzato dal buon andamento della domanda interna, soprattutto grazie al rilancio dei consumi fuori casa e alla significativa ripresa dei flussi turistici. Tuttavia, gli operatori hanno riscontrato forti criticità sul fronte dei costi e di reperimento della materia prima. Per un operatore su quattro si è registrato un volume delle vendite all’estero inferiore rispetto a quanto si verificava un anno fa. Le attese per i prossimi mesi sono significativamente segnate dall’incertezza e un’industria su cinque del settore lattiero caseario prevede una riduzione della produzione e un operatore su quattro teme anche una riduzione delle vendite.