Il bilancio dei mercati agroalimentari pubblicato da ISMEA (l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) a un anno dall’invasione russa dell’Ucraina mostra uno scenario meno catastrofico rispetto a quelli prospettati nei mesi scorsi, con un’inflazione che mostra segni evidenti di rallentamento, grazie a un calo dei prezzi di gas e petrolio e alla rivalutazione dell’euro rispetto al dollaro.
I listini delle commodity agricole, misurati dall’indice FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura), si sono ridotti nella seconda metà del 2022 e a gennaio di quest’anno l’indice complessivo mostra ancora un calo dei prezzi, con in particolare le quotazioni degli oli vegetali che mostrano un -24% rispetto a un anno fa, mentre i cereali si assestano sullo stesso livello di fine anno con l’indice che si mantiene superiore solo del 5% rispetto a gennaio 2022.
Lo stesso vale per i mercati agricoli nazionali: alla terza settimana di febbraio il prezzo del frumento si è attestato a 414,53 euro per tonnellata, il 16,5% in meno rispetto a marzo 2022 ma ancora troppo elevato rispetto a marzo 2021. Sul prezzo del grano duro ha influito il recupero della produzione canadese (+79% a 5,4 milioni di tonnellate nel 2022) dopo il dimezzamento subito nel 2021, mentre sul grano tenero i prezzi mostrano un calo del 17% rispetto all’inizio del conflitto in Ucraina, attestandosi su 324,47 euro per tonnellata. Escludendo il grano duro, sulla cui produzione il conflitto non ha alcuna influenza diretta, a determinare la flessione dei listini è stato in particolare l’accordo per il passaggio delle navi dei prodotti russi e ucraini dal Mar Nero, che ha preso corpo in un contesto di raccolti record a livello globale nel 2022. Una flessione che si nota anche sul mercato del mais (-19% a febbraio) mentre a far segnare cali molto importanti è la soia destinata al settore mangimistico-zootecnico, che mostra un calo del 138% rispetto a marzo 2022.
Grazie alla Black Sea Grains initiative gli scambi commerciali non hanno mostrato gli sconvolgimenti che si temevano all’inizio del conflitto, con i flussi di provenienza ucraina in particolare che hanno evidenziato anche segni positivi nelle esportazioni.