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Consorzio Agrario di Cremona, una storia, mille volti

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Ci sono due cose di cui vanno orgogliosi al Consorzio Agrario di Cremona, un pilastro con quasi 120 anni di storia nella provincia italiana in cui il latte buono è una religione. “La prima è fare mangimi ineccepibili dal punto di vista della qualità, la nostra vera mission a cui dedichiamo tutti gli sforzi e le attenzioni”, spiega il direttore del settore mangimi Franco Vertini. “La seconda è di essere stati, nel 1995, il primo mangimificio italiano ad aver ricevuto la certificazione di qualità Iso 9002”.

Passare in rassegna la storia del Consorzio vuol dire rivivere un pezzo di storia del Paese: una storia in cui l’associazionismo, l’unione tra i produttori, il contributo comune ha significato sviluppo, ricchezza, ma anche circolazione di idee, saperi, opportunità. Nato nel 1896 come Società Cooperativa di Consumo fra gli Agricoltori della Provincia di Cremona, il Consorzio, oggi guidato dal presidente Ernesto Folli, direttore generale è Paolo Nolli, rappresenta una realtà produttiva solida: con quasi 200 milioni di euro fatturato del 2013, di cui circa il 55% generato proprio dai mangimi. Le redini sono nel consiglio di amministrazione, che rappresenta gli oltre 3.000 agricoltori soci del Consorzio. Gli altri numeri indicano anche la forza di attrazione in un territorio in cui la vocazione agricola e zootecnica fa girare l’economia: “Quest’anno – spiega Vertini – abbiamo ritirato dai nostri agricoltori 1 milione di quintali di mais, di cui l’80% sono stati utilizzati in mangimificio per la produzione di miscele ed il 20% per la commercializzazione. A questi si uniscono oltre 180 mila quintali di seme di soia e, ancora, in misura minore orzo e grano”.

Il cuore produttivo è lo stabilimento del Porto Canale: oltre 27mila mq. Il mangimificio si avvale di quattro linee di cubettatura, tre di fioccatura (mais,soia,orzo) e due expander (macchina che permette di lavorare ad altissime temperature le materie prime sanificando i prodotti migliorando il by-pass ruminale), un centro per l’essiccazione e per lo stoccaggio di materie prime.
Il quartier generale è a Cremona, mentre quattro filiali, Cavatigozzi, Capralba, Cà d’Andrea, Soresina, avvicinano il Consorzio al territorio.
Oggi il Consorzio non produce solo mangimi, ma fa di più. Rappresenta una piattaforma multiservizi per l’agricoltore, con il core business della produzione mangimistica affiancata dall’offerta di sementi, concimi, fitofarmaci, macchine agricole, carburanti e servizi assicurativi. Un polo che soddisfa tutte le esigenze dei produttori locali. È lo spirito che anima fin dall’inizio l’esperienza associativa del Consorzio. “Il nostro Statuto – ricorda Vertini – è quello di una realtà associativa e produttiva senza fini di lucro, questo vuol dire che i profitti vengono costantemente reinvestiti all’interno dell’azienda per rendere più efficienti i servizi, per ammodernare le macchine e per l’obiettivo finale: creare un prodotto di qualità al miglior prezzo per i nostri clienti”.

E proprio il prodotto finale è il terzo vanto di questa azienda dalle radici antiche. Un altro primato: la produzione del primo mangime su base industriale destinato alle vacche da latte. Correva l’anno 1928 quando nacque il Lattogeno, di cui furono brevettati formula e nome. “Ancora oggi la nostra produzione è al 90% destinata alle vacche da latte e solo per un restante 10% a suini e avicoltura – sottolinea Vertini -. È il nostro prodotto di punta, rappresenta ancora il simbolo concreto di come la mangimistica italiana sia in grado di produrre alimenti animali di grande qualità, valorizzando prodotti e produttori, agricoltori e allevatori”. Fornire un prodotto di valore non significa solo vendere. “Noi offriamo accanto al mangime competenza e assistenza – sottolinea Vertini – con una squadra di tecnici che sono impegnati quotidianamente sul territorio e nelle aziende per fornire ai clienti tutte le risposte alle loro esigenze”.

Dall’inizio del secolo scorso ad oggi la rivoluzione più profonda è arrivata dalla tecnologia. Messa al servizio della qualità ha consentito di dare risposte a problemi che in passato avevano il sopravvento. “La qualità è un fattore ineccepibile – ripete Vertini – e per questo ci avvaliamo di un laboratorio interno per esaminare tutte le materie prime in ingresso, ma anche di un servizio di analisi per gli allevatori per una valutazione precisa dei loro prodotti aziendali”. Accanto a questi scrupolosi controlli c’è il Progetto Qualità Mais. “Il progetto è dedicato al controllo dell’inquinamento da aflatossine – spiega Vertini – e consente oggi di esaminare il mais ricevuto ancora prima di essere scaricato: i campioni vengono macinati e sottoposti all’analisi degli Aflaflash, strumenti che permettono una rapidissima analisi delle micotossine e in pochi minuti verificano che il prodotto abbia i requisiti richiesti dalla normativa”. Un altro punto forte è la lavorazione. “Abbiamo creato un programma di ritiro e lavorazione che consente di essiccare il mais entro 24 ore – dice ancora Vertini -. Questo per dare ancora maggiori garanzie di salubrità nel momento in cui il prodotto verrà commercializzato e consumato dagli animali”.

Le tecnologie, i rapidi mutamenti economici e le normative in evoluzione non frenano lo sviluppo. Il settore zootecnico è attraversato ciclicamente da profondi cambiamenti. Negli scorsi anni la fibrillazione sul mercato delle materie prime, adesso le nuove regole della Pac che entreranno in vigore dal prossimo anno. “Sicuramente si tratta di sfide, ma anche di opportunità – afferma Vertini -. Spesso, proprio da queste condizioni nascono anche nuove risposte imprenditoriali e nuove risorse. Per esempio, quando alcuni anni fa abbiamo vissuto un momento di crisi sul prezzo dei cereali abbiamo avviato la produzione di erba medica con un impianto di essiccazione a Ca’ d’Andrea che fornisce 12mila tonnellate annue di erba medica completamente utilizzata nel mangimifigio del Porto Canale nella produzione di Preunifeed”. I prossimi anni e mesi? “Sicuramente le nuove regole della Pac – risponde Vertini – che penalizzano il monocultore e impongono la coltivazione di almeno 2-3 colture faranno sì che le altre produzione alternative al mais, come soia o erba medica, siano ancora più importanti. Sul fronte delle materie prime, invece, non dovrebbero presentarsi gradi problemi, grazie ai raccolti record mondiali. La partita più importante per il nostro territorio è quella degli allevatori: servono condizioni a sostegno delle aziende – conclude Vertini – che rendano remunerativo produrre ancora latte. Per noi la materia prima, invece, resta una sola: la qualità del nostro prodotto”.

 

Foto: Pixabay

Cosimo Colasanto – Redazione