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Latte vaccino, un nutrimento importante a tutte le età

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Tutti sanno che contiene molto calcio, ma in realtà ha un’altra arma vincente, le proteine, che lo rendono migliore per la nutrizione umana rispetto a qualunque altra alternativa: è il latte vaccino, un alimento che non ha sempre fatto parte dell’alimentazione dell’Homo sapiens, ma che da qualche millennio a questa parte l’ha pervasa totalmente, complice anche la produzione di suoi derivati come lo yogurt e i formaggi.

 

A spiegare perché il latte di mucca non dovrebbe mancare in una dieta corretta ed equilibrata è Andrea Vania, responsabile del Centro di Dietologia e Nutrizione Pediatrica del Dipartimento di Pediatria dell’Università “La Sapienza” di Roma

 

Per quale motivo è importante bere il latte vaccino?

Il latte è importante soprattutto per la quantità di calcio che contiene. Durante tutta la vita abbiamo bisogno tra i 600 e i 1200 mg al giorno di questo minerale, che è presente in grandi quantità nel latte e nei suoi derivati. In realtà ce n’è una buona quantità anche nell’acqua, ma oggi c’è una spinta sempre maggiore verso il consumo delle acque oligominerali, perciò, in realtà, con l’acqua ne introduciamo molto poco.

 

Inoltre il latte vaccino contiene proteine di valore biologico elevato. Basta pensare che se quelle dell’uovo hanno valore biologico 1, quelle del latte vaccino sono al secondo posto, con 0,91. Anche un altro parametro, l’Utilizzazione Proteica Netta, ci dice che quelle del latte vaccino sono proteine di ottima qualità (al terzo posto dopo quelle del latte materno e dell’uovo), che forniscono anche tutti gli aminoacidi essenziali di cui abbiamo bisogno nell’alimentazione. 

 

Quali sono, invece, i punti deboli di questo alimento?

Il calcio da solo non serve a niente senza la vitamina D e gli altri ormoni che servono per fissarlo nelle ossa. Come per tutti i minerali sono importanti anche i rapporti chimici fra i minerali. Per il calcio è importante il rapporto con il fosforo. Nel latte materno il rapporto tra calcio e fosforo è ottimale, ma nel latte vaccino no.

 

Ma il vero problema del latte, soprattutto quello intero, sono i grassi saturi. Il problema non è il colesterolo, anche perché il latte vaccino ne ha molto di meno rispetto a quello materno. Per ridurre l’assunzione di grassi saturi i pediatri dopo i 3 anni consigliano il latte parzialmente scremato e non quello intero. E’ anche vero però che un adulto, differenza di un lattante, non arriva a bere un litro di latte al giorno. Sono i bambini ad avere più bisogno di latte, tanto che noi ne consigliamo mezzo litro al giorno.

 

Il problema dei grassi saturi può, però, diventare importante negli anziani, che per diversi motivi possono arrivare a bere molto latte. Fra queste ragioni ce ne sono anche di tipo economico: il latte non costa tanto, anche meno di 2 euro al litro, è accessibile a molti anziani con difficoltà economiche. E poi è più facile da ingerire. Allora qui la quantità di grassi può diventare elevata.

 

Detto questo, anche negli anziani il latte va bene, ma dato che può esserci un consumo esagerato è meglio quello parzialmente scremato. 

 

A proposito di terza età, aumentare il consumo di latte dopo la menopausa può aiutare a prevenire l’osteoporosi?

Per quanto riguarda l’osteoporosi, la prevenzione primaria si fa solo in età pediatrica e immediatamente post-pediatrica, ovvero fino ai 25 anni. Poi si può fare solo prevenzione secondaria, cioè limitare i danni, perché entro i 25 anni si raggiunge il picco di densità ossea e tutto ciò che si fa dopo può servire solo a far sì che non si abbiano danni maggiori. Naturalmente però assumere buone fonti di calcio (tra cui il latte) continua ad essere utile anche dopo, non fosse altro per mantenere adeguate le coperture dei fabbisogni.

 

E per quanto riguarda la gravidanza?

In gravidanza c’è ancora più bisogno di calcio perché il feto preleva il calcio delle ossa materne. In passato si diceva che bisognava stare attenti al consumo di latte in gravidanza in caso di allergie in famiglia, in modo da ridurre la probabilità di allergie nel neonato. Ora questo concetto è superato, non si fa più prevenzione delle allergie in gravidanza perché, in realtà, non è possibile farlo e il sistema immunitario del feto è meno aggressivo, più disposto a concedere fiducia a ciò che c’è intorno. Quindi, per quanto se ne sa oggi, non c’è bisogno di ridurre il latte in gravidanza per evitare la comparsa di un’allergia nel bambino. 

 

Ci sono dei casi in cui, invece, il consumo di latte vaccino è sconsigliabile?

Un limite è l’intolleranza al lattosio, ma oggi ci sono a disposizione dei latti a ridotto contenuto di lattosio molto diffusi e validi, in cui solo lo zucchero viene scisso, mentre tutto il resto rimane invariato, tanto che ci sono tipi di latte, a ridotto contenuto di lattosio, sia intero, sia parzialmente scremato. Molti, però, fanno confusione fra allergia al latte e intolleranza al lattosio, che non ha niente a che vedere con fenomeni di natura allergica.

 

Per chi è allergico anche il latte di altri mammiferi, ad esempio quello di capra, non serve a nulla, perché la reazione allergica, soprattutto nell’adulto, è spesso nei confronti della caseina, che è sì diversa in ogni mammifero, ma mantiene delle parti allergizzanti in comune fra le diverse specie. Perciò è facile essere allergici a tutti i tipi di latte. L’unico tollerato potrebbe essere, forse, il latte di asina, che è più simile al latte materno dal punto di vista anche qualitativo delle proteine e degli aminoacidi.

 

Fanno eccezione, poi, i formaggi cotti, come il grana e il parmigiano, specialmente se ben stagionati, e il groviera: in questi formaggi le proteine vengono distrutte dalla cottura e dalla stagionatura. Perciò molte persone possono assumere normali quantità di formaggi ad elevata stagionatura. 

 

Dal punto di vista del contenuto di calcio non c’è nessuna differenza tra il latte e i suoi derivati?

Il calcio si potrebbe ottenere in certa quantità dai formaggi, ma il problema è che buona parte rimane nel siero, non va nel formaggio, mentre i formaggi accumulano grassi. Si rischia, quindi, di avere perfino più svantaggi che benefici. Ma, come sempre, tutto dipende dall’uso – o dall’abuso – che se ne fa! 

 

Sostituire il latte vaccino con altro latte può portare benefici a chi non ha particolari problemi di allergia o intolleranza al latte vaccino?

Potrebbe averli nel caso del latte di asina, ma sarebbe una scelta complicata: gli allevamenti di asine in Italia sono pochi e non è facile acquistare questo tipo di latte. Il latte di capra è considerato più digeribile, ma, in realtà, la digeribilità varia da persona a persona.

 

In linea di massima, però, non cambia nulla, se non la quantità di calcio, che è maggiore nel latte di bufala, pecora e capra. In ogni caso si parla di differenze non incisive: quello di capra, ad esempio, ne contiene 140 mg ogni 100 grammi, mentre quello di vacca, scremato, 125 mg ogni 100 grammi, il che significa che con 1 litro di latte abbiamo una copertura più che totale del fabbisogno giornaliero di calcio che, in realtà, viene assunto anche attraverso altri alimenti.

 

La realtà è che ciascun latte è giusto per la specie per cui quel latte esiste. Ecco perché anche l’Oms sconsiglia con forza di darlo ai bambini al di sotto del primo anno di vita: il latte di mucca ha troppe proteine, è troppo inadeguato nella composizione dei grassi, non va bene per quanto riguarda il contenuto di ferro. Ma fra tutti i tipi di latte che si possono acquistare dal punto di vista del valore biologico il latte vaccino vince su tutti gli altri.

 

E per quanto riguarda il latte di soia e di riso, tanto di moda in questi anni?

Il vero problema è che il latte di soia o quello di riso vengono chiamati “latte”, ma il latte lo fanno solo i mammiferi!

 

Foto: Pixabay

Silvia Soligon