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Maiscoltura, pronto il Piano di settore

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Dopo un intenso lavoro degli esperti ha visto la luce il Piano di settore mais destinato a orientare le strategie per il sostegno e il rilancio di questa coltura e delle filiere agro-alimentari e dei sistemi agro-industriali dipendenti. Da quando ha avuto luogo la prima riunione del costituendo Tavolo tecnico – era il 10 ottobre dell’anno passato – in otto mesi è stato redatto il Piano. Si tratta di un tempo molto breve per un documento di questo tipo, segno di una grande convergenza tra i rappresentanti delle 35 sigle del mondo agricolo e agro-industriale che hanno partecipato ai dibattiti preparatori e alla successiva stesura del testo e degli allegati, anche grazie all’efficace azione di coordinamento del Mipaaft (Direzione Generale per la promozione della qualità agroalimentare e dell’ippica). D’altra parte, purtroppo, la preoccupante evoluzione della maiscoltura nazionale era chiara e condivisa e, pertanto, la necessità di disporre di uno strumento di indirizzo è stato un sentire comune che ha dato un’ulteriore motivazione al grande lavoro di squadra. 

In breve, il Piano per il settore maidicolo è stato redatto nell’ambito del Tavolo tecnico permanente (TTP) del settore mais formalmente istituito con il decreto prot. n. 4731 del 30 aprile 2019 e, già dalla prima riunione, si è data un’organizzazione in quattro gruppi di lavoro sui rispettivi temi della ricerca e dell’innovazione, dei mercati e dei contratti, dell’assistenza tecnica e del coordinamento Regioni-ministero. Il Piano di settore si articola in cinque parti che affrontano sinteticamente l’analisi del contesto attuale, le criticità incontrate e, quindi, le principali linee di intervento; un outlook di medio periodo per una strategia condivisa chiude il documento.

In sintesi questi sono i punti principali dell’analisi del contesto tracciate nel Piano:     

• Il mais è la prima coltura nazionale sia in termini di produzione sia di rese e, per tali caratteristiche, ha assunto una funzione strategica chiave nelle principali filiere nazionali dei prodotti zootecnici e bio-industriali; pertanto, allo stato attuale e nel prossimo futuro, tale coltura non trova alcuna significativa alternativa;    

• a causa di una serie di criticità convergenti 1, la coltura ha sofferto di una perdita di competitività che ne ha ridotto la superficie coltivata e la produzione nazionale disponibile. Pertanto, è stato fatto ricorso a crescenti importazioni, passate in un decennio dal 15 al 50% circa.              

Il Piano di settore è quindi volto a ristabilire un adeguato livello di autoapprovvigionamento secondo tre principali linee di intervento.

1. Orientamento al mercato

• valorizzando il prodotto nazionale da un prodotto indistinto “Commodity” a un prodotto mirato “Specialty” per rispondere meglio alle esigenze di impiego nelle filiere;    

• promuovendo e sostenendo i Contratti di filiera per favorire il dialogo tra gli attori, la condivisione degli obiettivi e dei parametri tecnici attraverso disciplinari di produzione;    

• migliorando l’immagine della coltura attraverso l’esame e la successiva comunicazione del ruolo ambientale e produttivo della stessa;    

• disciplinando l’impiego energetico attraverso una normativa nazionale sull’impiego di mais non conforme per l’utilizzo nel settore alimentare e zootecnico.

2. Aumento della competitività del settore

• individuando specifici ambiti di recupero dell’efficienza aziendale (costi, percorsi produttivi, introduzione di innovazioni);    

• recuperando livelli produttivi più elevati per mezzo del controllo degli stress, del rinnovo varietale e supportando una piattaforma innovativa per la Difesa Integrata;    

• migliorando gli aspetti igienico-sanitari con una migliorata e avanzata gestione delle micotossine anche con il monitoraggio tempestivo e capillare;    

• promuovendo la ricerca per rafforzare una più attenta, veloce e aperta attuazione delle innovazioni, anche nell’ambito di un Sistema misto di finanziamento pubblico-privato.

3. Promozione di efficienti politiche comunitarie

• rafforzando, in accordo con le Regioni, le iniziative a supporto di investimenti produttivi innovativi anche nel quadro dell’attuale PAC con le presenti misure dei PSR;    

• orientando gli strumenti politici ed economici previsti dopo il 2021 attraverso i pagamenti diretti, e in particolare un sostegno accoppiato alla coltura, sia degli investimenti che degli strumenti di gestione del rischio.

Alla luce della situazione e dell’analisi descritte e condivise dal TTP è possibile tracciare un percorso strategico interdisciplinare e operativo che si esplicita nell’immediato nei seguenti punti essenziali e conclusivi:

sostenere la competitività data la rilevanza e il ruolo del mais nelle filiere di eccellenza e nei sistemi agro-industriali nazionali;    

• porre in essere un Contributo per la produzione di mais specialty in contratti nazionali di filiera;    

• superare lo stallo delle rese promuovendo un sistema di cofinanziamento pubblico-privato strutturale per la ricerca, l’innovazione e l’assistenza tecnica;    

• fornire elementi di indirizzo per i futuri PSR;

• valutare la possibilità nell’ambito della prossima PAC (dopo il 2021) di un sostegno accoppiato alla coltivazione;    

• progettare un Piano di comunicazione che trasmetta l’innovazione in un’ottica di aumento della sostenibilità.

Il Piano di settore del mais, comprensivo dell’allegato tecnico, verrà trasmesso alla Conferenza Stato-Regioni dal Ministero per il previsto accordo con le Regioni, i cui rappresentanti, nell’ultima riunione del Tavolo tecnico permanente convocata il 9 luglio u.s., hanno apprezzato e valutato positivamente il documento come del resto tutti i rappresentanti della filiera. 

Ciò premesso, non vi sono dubbi che la zootecnia e il settore mangimistico italiani siano stati tra i più attivi protagonisti coinvolti nella stesura del Piano per avere rappresentato con chiarezza le diverse “anime” del mondo agricolo; che, se la tendenza alla riduzione delle disponibilità del mais non verrà corretta, si potrebbero mettere a rischio le produzioni di eccellenza di origine animale, ovvero quelle vincolate a mangimi e foraggi del territorio. Ora occorre non cadere in facili illusioni: il Piano di settore traccia una strada da percorrere ma, per sé, né rimuove ostacoli, né risolve problemi. In definitiva “abbiamo la bicicletta e ora occorre pedalare”.

 

 

1- Criticità, che hanno indotto la riduzione di superfici e produzioni, sono dipese principalmente dalla contrazione a livello internazionale dei prezzi delle commodities, dal regime di disaccoppiamento della PAC, dal maggiore rischio sanitario (micotossine) a cui sono esposte le nostre produzioni, dalla struttura dei costi, dalle misure agro-ambientali penalizzanti, dalla complessiva stasi delle produzioni unitarie dovuta a insufficienti investimenti soprattutto in ricerca e sviluppo.

 

a- Università degli Studi di Torino – DISAFA Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari

b- CREA – Centro di ricerca Cerealicoltura e Colture Industriali, Bergamo.

c- MIPAAFT – Dipartimento delle politiche competitive della qualità agroalimentare ippiche e della pesca – Direzione Generale per la promozione della qualità agroalimentare e dell’ippica – Ufficio PQAI II – Sviluppo imprese e cooperazione.

 

Foto: Pixabay

Amedeo Reyneri (a) – Nicola Pecchioni (b) – Alberto Manzo (c)