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Direttiva contro pratiche commerciali sleali, ok dal Parlamento europeo

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A larghissima maggioranza il Parlamento europeo ha approvato martedì 12 marzo la direttiva sulle pratiche commerciali sleali a tutela degli agricoltori. Stop dunque a pratiche come i ritardi nei pagamenti per i prodotti consegnati o i cambiamenti retroattivi dei termini di un accordo di fornitura. Dopo questo passaggio in Parlamento, prima dell’approvazione definitiva, dovrà pronunciarsi il Consiglio dell’Unione europea, dopo di che gli Stati membri potranno recepire il testo.  

Il provvedimento è stato approvato con 589 voti a favore mentre 72 eurodeputati hanno espresso voto contrario; solo nove gli astenuti. La proposta della direttiva era stata presentata in aula da Paolo De Castro, vice-presidente della Commissione agricoltura, che accolto favorevolmente la sua adozione: “Questo è un grande successo per tutti gli europei”, ha dichiarato il relatore. “Equità, cibo più sano e diritti sociali hanno finalmente prevalso sulle pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare. Per la prima volta nella storia dell’Ue, gli agricoltori, i produttori alimentari e i consumatori non saranno più vittime di bullismo da parte dei grandi attori”. 

Con accordo preventivo alcune pratiche saranno ammesse 

Con il recepimento della direttiva, sul territorio europeo saranno vietate diverse pratiche attuate nella vendita di prodotti agricoli e alimentari fra cui l’impiego improprio di informazioni riservate, il ritardo nei pagamenti per i prodotti consegnati, le cancellazioni unilaterali tardive, le modificazioni retroattive degli ordini, il rifiuto dell’acquirente di firmare un contratto scritto con il fornitore. Alt anche alle minacce di ritorsione contro i fornitori che vogliono presentare reclami, tra cui la cancellazione degli ordini dei loro prodotti o il ritardo nei pagamenti. 

Inoltre gli acquirenti non potranno più richiedere ai fornitori dei pagamenti per il deterioramento o la perdita dei prodotti avvenuta nella propria sede, a meno che non ci sia la responsabilità dei fornitori stessi. In assenza di un accordo preventivo inserito nel contratto fra acquirente e fornitore, saranno proibite altre pratiche come la restituzione dei prodotti invenduti al fornitore senza pagarli, l’obbligo per i fornitori di pagare per la pubblicità dei prodotti, l’addebito nei loro confronti per lo stoccaggio o la quotazione dei prodotti. 

Danni a Pmi fino a 8 miliardi di euro l’anno 

Le nuove norme sono state pensate per tutelare in particolare i piccoli e medi fornitori con un fatturato annuo di massimo 350 milioni di euro. Proprio in base al fatturato questi soggetti saranno suddivisi in cinque categorie (meno di 2 milioni, 10 milioni, 50 milioni, 150 milioni e 350 milioni di euro), con più tutele per i più piccoli.

Secondo la Commissione europea queste pratiche costano alle piccole e medie imprese del settore agroalimentare tra i 2,5 e gli 8 miliardi di euro l’anno, tra l’1% e il 2% del loro fatturato.  Ai fornitori è data anche la possibilità di presentare reclami nel luogo in cui si trovano, anche se la pratica sleale è stata eseguite altrove in Ue, e a trattarli saranno le autorità nazionali preposte all’applicazione della normativa.

 

Foto: © pure-life-pictures_Fotolia

redazione