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Pezzotti (UniVerona): “Le Tea devono uscire dai laboratori. Serve una valutazione reale in campo”

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di Miriam Cesta, redazione

Cosa sono le Tea, le tecnologie di evoluzione assistita, in cosa differiscono dagli organismi geneticamente modificati, che relazione c’è tra le Tea e la biodiversità, quali potranno essere gli scenari futuri in campo scientifico: ne abbiamo parlato con Mario Pezzotti, professore ordinario di Genetica Agraria dell’Università di Verona.

Può spiegare nel modo più semplice possibile qual è la differenza tra le Tea, le tecnologie di evoluzione assistita, e gli Ogm, gli organismi geneticamente modificati, due sigle che vengono spesso utilizzate come sinonimi, pur indicando tecniche diverse?

La sigla Tea sta per “tecnologie di evoluzione assistita” ed è la traduzione non letterale sviluppata dalla Società Italiana di Genetica Agraria nel 2020 della sigla Ngt, “new genomics techniques”. La sigla Ngt è stata introdotta dalla Commissione Europea nel tentativo di adeguare la direttiva, datata 2021 e quindi inadeguata, che definisce e regola l’emissione e la commercializzazione degli Ogm, gli organismi geneticamente modificati. E bene distinguere tra le Tea e gli Ogm. I due termini non sono sinonimi e indicano due procedure molto differenti tra loro. Le Tea sono in grado, grazie a un recentissimo strumento genetico, di modificare la sequenza genetica della pianta riparando, inattivando o modificando un gene. A differenza degli Ogm non introducono alcuna sequenza estranea nel genoma della pianta. Attraverso le Tea si realizzano quindi mutazioni genetiche non differenti dalle mutazioni casuali spontanee naturali o indotte da mezzi fisici o chimici, quest’ultime sfruttate dal miglioramento genetico tradizionale e largamente utilizzate in agricoltura. Il grande vantaggio delle Tea consiste nella specificità delle mutazioni, che non modificano l’assetto genetico della specie su cui vengono attuate, e nella drastica riduzione dei tempi di realizzazione rispetto ai programmi di miglioramento genetico classico.

Si parla sempre più spesso dell’importanza del rispetto della biodiversità. Che relazione c’è tra le Tea e la biodiversità?

Prerequisiti essenziali per utilizzare le Tea sono le profonde conoscenze della sequenza del genoma della specie e varietà su cui si opera. Conoscere il genoma vuol dire dare il valore alla biodiversità che si identifica con le diversità di struttura e funzione della molecola del DNA. La biodiversità esiste solo se esistono differenze genetiche, altrimenti siamo nell’uniformità e nella scomparsa delle differenze. Il patrimonio varietale di una specie risiede nelle differenze genetiche e nei loro assetti specifici. Un po’ come accade con i figli – che assomigliano ai genitori e hanno caratteristiche di entrambi nel rispetto della regola di dominanza e recessività, ma non sono uguali ai genitori – le Tea ci consentono di evitare di ricorrere all’incrocio – che da una parte aumenta la variabilità, ma dall’altra modifica gli assetti genetici – per migliorare le caratteristiche di resistenza ai parassiti e resilienza ai cambiamenti climatici e quindi di mantenere le nostre varietà tipiche, rendendole più adatte a un’agricoltura moderna e sostenibile.

Quali sono le potenzialità delle Tea per il nostro Paese e per una maggiore produttività in agricoltura?

Le potenzialità sono praticamente illimitate, a fronte però di una ricerca di base che non deve mai smettere di operare per conoscere i tratti genetici e genomici che controllano i caratteri che, nel loro insieme, costituiscono la potenzialità produttiva di ciascuna specie coltivata. Le conoscenze tra i rapporti di struttura e funzione del genoma, dei geni e di tutte le sequenze che ne regolano l’espressione genica progrediscono velocemente. Solo attraverso grandi progetti di ricerca che approfondiscono questi aspetti in ciascuna delle specie coltivate di interesse nazionale possiamo raggiungere gli obiettivi scientifici per la realizzazione di ideotipi di piante che performino bene nelle mutate e mutabili condizioni di coltivazioni dovute sia al clima, che all’innovazione digitale e informatica. Negli ultimi vent’anni l’Italia ha formato una buona e competitiva popolazione di scienziati, ma bisogna fare in modo che ci siano le condizioni per rimanere costantemente competitivi e sfruttare le conoscenze nel trasferimento tecnologico.

Come si prospetta il futuro delle Tea a livello di legislazione? Di cosa avrebbero bisogno i ricercatori per continuare il loro lavoro?

La legge sulle Tea va approvata al più presto in Europa. Gli scienziati hanno fatto la loro parte: spiegato, diffuso, comunicato e interagito con gli stakeholders e la popolazione. Ora è la politica che deve agire, ci sono tutte le valutazioni delle agenzie, delle commissioni agricoltura e ambiente ma ancora non si è presa la decisione chiave, ovvero consentire il commercio delle piante Tea. La scienza e gli scienziati possono e devono contribuire alle decisioni, ma non devono mai sostituirsi alla politica.

Si può ipotizzare quale potrà essere il prossimo step nell’ambito del progresso scientifico a partire dalle Tea, ed eventualmente oltre le Tea?

Le Tea arricchiscono la cassetta degli attrezzi dei genetisti. Oltre le Tea ci saranno di sicuro altre tecnologie utili. Le conoscenze di mondi scientifici che prima sembravano essere su orbite diverse adesso sembrano sempre più vicine e, addirittura, si sovrappongono. Immagino che a breve avverrà nel mondo della genomica, della biologia e dell’agricoltura l’integrazione della gestione di grandi dati con l’intelligenza artificiale e la digitalizzazione. Cosa manca? Far uscire dai laboratori le piante Tea per una loro valutazione reale in pieno campo.