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Non è certo l’agricoltura la responsabile del cambiamento climatico

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di G. Matteo Crovetto, Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali, Università degli Studi di Milano

“Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità”.

Questo purtroppo è quanto sta succedendo in Italia e più in generale in Europa a proposito della fonte dei famigerati gas-serra (GHG, greenhouse gases) che in misura determinante stanno causando il cambiamento climatico in atto con conseguente riscaldamento del pianeta e tutto ciò che tristemente ne consegue.

Il cittadino medio, di qualunque età, di ambo i generi e a prescindere dal livello di istruzione, è ormai convinto che i principali responsabili di tutto siano l’agricoltura e la zootecnia, soprattutto nelle loro forme intensive dove piante e animali sono coltivati/allevati in modo “forzato” e innaturale, con largo uso di sostanze chimiche tossiche, farmaci di ogni tipo e in assenza del benessere animale.

Sappiamo bene, noi che a diverso titolo ci occupiamo di allevamento animale, che non è così e sappiamo anche che la rinuncia all’allevamento intensivo, praticato oggi secondo le linee dell’agricoltura e zootecnia di precisione, comporterebbe un crollo nelle produzioni di alimenti di origine animale con conseguente forte aumento dei loro prezzi, a discapito della popolazione meno abbiente. Tutto ciò dovrebbe far riflettere sull’importanza di una sostenibilità anche sociale, non solo economica e ambientale. O vogliamo tornare ai tempi in cui potevano permettersi carne, pesce e latticini solo i ricchi?

Agricoltura e gas serra

L’ultimo rilevamento delle emissioni di gas serra pubblicato dalla European Environment Agency (https://www.eea.europa.eu/data-and-maps/data/data-viewers/greenhouse-gases-viewer) e relativo al 2022 è molto chiaro circa l’andamento dei GHG e il contributo del settore “agricoltura e zootecnia”. Dalla figura 1 si evince che a livello europeo, nell’ultimo anno di riferimento, il 2022, il settore agro-zootecnico contribuisce solo per il 10,8% all’emissione totale di gas serra. Inoltre, dei tre gas che contribuiscono per il 98% al totale dei GHG, l’anidride carbonica (CO2) è quello di gran lunga predominante, con l’81,4% del totale, mentre il metano (CH4) contribuisce solo per l’11,7% e il protossido d’azoto (N2O) addirittura solo in ragione del 4,9%.

Guardando all’impatto del settore agricolo si nota che l’emissione di CO2 è quasi nullo (0,3%), in quanto quasi totalmente compensato dal sequestro di carbonio atmosferico operato dalle colture agricole e dai foraggi attraverso la fotosintesi clorofilliana, mentre il contributo percentuale all’emissione di metano e a quella di N2O è rilevante (58,4% e 76,6% dei due gas, rispettivamente). Ma il 58,4% dell’11,7% fa un totale di 6,8% di CO2 equivalenti per il metano e di 3,7% di CO2eq per il protossido (=il 76,6% del 4,9%). Si conferma quindi che l’impatto globale del comparto agro-zootecnico all’emissione di gas serra è assai limitato.

Tale fenomeno è ancora più evidente e marcato per l’Italia (figura 2). Nel nostro Paese l’incidenza dell’Agricoltura-zootecnia è solo del 7,5%, con percentuali per i tre diversi gas che non si discostano molto da quelle europee, ma sono comunque inferiori ad esse: il metano di origine agro-zootecnica costituisce il 45,5% di quello totale, mentre il protossido d’azoto di origine agro-zootecnica costituisce il 61,7% di quello totale. Ma, come visto prima, tali gas rappresentano solo l’11,2% e il 3,8% rispettivamente dei rispettivi gas prodotti da tutte le fonti antropiche.

Quali i trend negli ultimi 30 anni?

La figura 3 illustra le percentuali di diminuzione dell’emissione dei gas serra totali e dei tre principali GHG in Europa e in Italia nel trentennio dal 1990 al 2022. Come si vede il trend è ampiamente positivo con una diminuzione totale del 24% in Europa e del 19% in Italia. Ciò significa che i provvedimenti adottati a livello di UE e dei singoli Paesi membri da un lato, e la crescente sensibilità ambientale e attenzione dei cittadini e degli operatori dei diversi comparti professionali (agricoltura compresa) stanno dando gli effetti sperati. Ciò a fronte comunque di un aumento delle produzioni agricole e zootecniche, a dimostrazione del fatto che è possibile produrre tanto e bene nel rispetto dell’ambiente.

In conclusione

È ora di sfatare certe fake news che additano il comparto agro-zootecnico come la principale fonte di problemi ambientali, primo fra tutti il cambiamento climatico dovuto al riscaldamento del pianeta. Fonti imparziali certificano che l’impatto di tale settore è del 10% o meno, che tale impatto diminuisce di anno in anno e che è altrove che bisogna guardare e agire per contenere tali emissioni nocive.