Questione e tempi sono chiari: il Decreto Legislativo 102 del 4 luglio 2014 ha recepito la direttiva 2012/27/UE sull’Efficienza Energetica. Questa direttiva ha fissato l’obiettivo di ridurre i consumi di energia primaria di 20 milioni di tep (tonnellate equivalenti di petrolio). Il Decreto introduce nuovi obblighi per le imprese, che entro il 5 dicembre 2015 (e successivamente ogni 4 anni), dovranno realizzare diagnosi energetiche a cura di soggetti qualificati da parte di organismi accreditati. Pena: sanzioni fino a 40mila euro.
Ad oggi l’obbligo di effettuare la diagnosi energetica è in capo alle grandi imprese ed alle ‘energivore’, cioè quelle a forte consumo di energia che hanno beneficiato durante l’anno precedente degli sgravi sul costo dell’energia ai sensi del Decreto ministeriale del 5 Aprile 2013. Circa sessantamila aziende in tutto, delle quali una buona parte appartiene al comparto alimentare. Non sono soggette alla diagnosi energetica le imprese che abbiano sistemi di gestione conformi EMAS e alle norme ISO 50001 e ISO 14001 purché nella procedura di ottenimento della certificazione stessa rientri la esecuzione di una diagnosi energetica in linea con i contenuti del Decreto. La diagnosi energetica dovrà essere effettuata da soggetti certificati UNI CEI 11352, UNI CEI 11339 o da altre norme di settore relative agli auditor energetici. Se modi e tempi non saranno rispettati, arriveranno alle aziende sanzioni onerose fino a 40mila euro in caso di mancata effettuazione della diagnosi energetica oppure non conforme a quanto riportato nel decreto.
Nel dettaglio, il Decreto si articola in alcuni punti fondamentali: sviluppo e promozione dell’efficienza energetica mediante la progettazione e realizzazione di interventi multisettoriali; introduzione di un regime obbligatorio di efficienza energetica; promozione di azioni di formazione sul tema in tutti i settori (industriale, terziario, civile); introduzione dell’obbligo di diagnosi energetica e promozione dell’implementazione di sistemi di gestione dell’energia (ISO 50001); revisione e aggiornamento periodico degli obiettivi nazionali di efficienza energetica.
Da un lato, quindi, ci sono i consumi energetici, dall’altra le scadenze da rispettare. In mezzo, il lavoro quotidiano delle aziende, per esempio quelle legate all’industria agroalimentare e zootecnica e anche le soluzioni messe in campo dalla Comunità Europea per venire incontro agli imprenditori. Perché spesso, nel marasma di informazioni e leggi e novità alle quali veniamo sottoposti ogni giorno e a velocità vorticosa, ci sono soluzioni che non facciamo neppure in tempo ad assimilare. Eppure esiste un modo per trasformare l’obbligo in opportunità, fornito dalla stessa direttiva comunitaria da cui nasce il Decreto legislativo 102/14.
Basta affidarsi – e questa rimane sempre una buona abitudine – a società ed imprese specializzate nel fornire supporto valido, sia per l’individuazione degli interventi di efficientamento energetico, che per la loro realizzazione. La copertura finanziaria degli interventi è legata, d’altra parte, al risparmio energetico effettivamente ottenuto.
Ma quali sono le società e imprese che hanno un ruolo fondamentale nella promozione e diffusione dell’efficienza energetica, e come funzionano? Sono le ESCo (Energy Service Companies), deputate alla promozione dell’efficienza energetica negli usi finali, riconosciute a livello europeo. Sono imprese che forniscono servizi energetici, accettando un certo rischio finanziario, perché si ripagano esclusivamente in base alla riduzione dei consumi ottenuti dal cliente.
Obiettivo primario di una ESCo è vendere una «garanzia di risparmio energetico».
Il percorso tipico di un intervento si compone di diverse attività: si comincia da quello che nel Decreto viene definito ‘audit energetico’ (cioè la rilevazione dei dati e l’identificazione della migliore soluzione adottabile), la progettazione esecutiva, l’implementazione, il monitoraggio dei risultati, poi la gestione e la manutenzione. Si tratta, in alcuni casi, di interventi complessi ed integrati nei quali si introducono anche soluzioni innovative in tema di impianti per la generazione di calore e sistemi per l’autoproduzione di energia, insieme ad accorgimenti più semplici, quali illuminazione, inverter o sostituzione di motori e di compressori, per fare qualche esempio.
Attività che, lo ricordiamo, hanno come obiettivo un vantaggio economico per il cliente. Ancor di più se ci si affida, dalla diagnosi alla realizzazione degli interventi di risparmio energetico individuati, a società che operano in modalità EPC (Energy Performance Contract).
La peculiarità del meccanismo contrattuale EPC sta nel fatto che la ESCo viene remunerata sulla base dei risultati effettivi che il cliente consegue attraverso l’implementazione e l’ammodernamento della tecnologia degli impianti e delle strutture esistenti, prevedendo anche l’eventuale finanziamento degli stessi.
Per le imprese del settore agroalimentare e zootecnico interessate dalla scadenza fissata al 5 dicembre prossimo, non si tratterà quindi di rispettare doverosamente la legge, ma di approfondire la conoscenza dei livelli di consumo del proprio ciclo produttivo, con l’individuazione delle possibili azioni dirette a migliorarlo. E con la possibilità, reale, di trasformare un obbligo in una opportunità, senza dover pagare nulla. Sembra strano ma la realtà è davvero questa.
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Raffaele Scialdoni