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L’Antitrust intende applicare massicciamente l’art. 62 per contrastare il potere di mercato della GDO

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Dopo quasi due anni d’istruttoria, l’Autorità Antitrust ha concluso l’Indagine Conoscitiva sul settore della Grande Distribuzione Organizzata, impegnandosi ad esercitare i poteri ad essa conferiti dall’art. 62 della legge n. 24/2012 per reprimere le condotte sleali nella filiera. L’istruttoria, condotta anche attraverso l’esame di risposte provenienti da 320 imprese agroalimentari, alcune delle quali appartenenti al settore mangimistico, ha rilevato un incremento del potere di mercato dei distributori nei rapporti commerciali con i fornitori, realizzatosi anche attraverso un rafforzamento del ruolo delle centrali di acquisto. In particolare, l’Antitrust ritiene che il ruolo esercitato dalle centrali sia stato talora improprio, in quanto queste ultime, da una parte, avrebbero esercitato un’attività eccedente la propria funzione specifica, dall’altra, avrebbero ridotto la concorrenza tra le catene distributive, con effetti negativi sui prezzi. In particolare, quanto al primo profilo, ciò si sarebbe riscontrato nella tendenza delle centrali a stipulare contratti che coprono anche attività che tipicamente andrebbero invece trattate a livello di negoziato con la catena distributiva, quanto al secondo aspetto, ciò si sarebbe realizzato attraverso un’accentuata variabilità nella composizione delle stesse centrali, con catene distributive che frequentemente hanno trasmigrato da una centrale all’altra, di fatto estendendo alla nuova centrale le condizioni praticate ai fornitori dalla precedente. Quanto alle relazioni commerciali tra i distributori e i fornitori, dall’Indagine Conoscitiva è emerso che i primi, di frequente, abbiano adottato comportamenti quali:

 

i)  condizionare l’acquisto di prodotti alla vendita del pacchetto di servizi;

ii) imporre prezzi di vendita sganciati dalle caratteristiche dei servizi e dall’effettivo vantaggio che da essi deriva al fornitore;

iii)  fornire controprestazioni inadeguate al compenso versato.Proprio per contrastare le descritte tensioni nella filiera dovute all’incremento del potere di mercato della GDO, l’Antitrust ha dichiarato che intende far ricorso all’art. 62 della legge 24/2012 che, come è noto, non soltanto introduce l’obbligo di forma scritta del contratti della filiera agroalimentare e di rispettare perentori termini di pagamento (30 gg. fine mese ricevimento fattura per i prodotti deperibili, 60 gg. fine mese ricevimento fattura per tutti gli altri), ma soprattutto censura le pratiche commerciali sleali.

Un’utile guida per l’individuazione in concreto delle pratiche commerciali sleali è dettata dal Decreto Ministeriale n. 199/2012, secondo il quale rientra, esplicitamente, nell’ambito del divieto, il comportamento del contraente che, abusando della propria maggior forza commerciale, imponga condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose, ivi comprese quelle che:

(i) prevedano a carico di una parte l’inclusione di servizi e/o prestazioni accessorie rispetto all’oggetto principale della fornitura, anche qualora queste siano fornite da soggetti terzi, senza alcuna connessione oggettiva, diretta e logica con la cessione del prodotto oggetto del contratto;

(ii) escludano l’applicazione di interessi di mora a danno del creditore o escludano il risarcimento delle spese di recupero dei crediti;

(iii) determinino, in contrasto con il principio della buona fede e della correttezza, prezzi palesemente al di sotto dei costi di produzione medi dei prodotti oggetto delle relazioni commerciali e delle cessioni da parte degli imprenditori agricoli. Lo stesso Decreto qualifica, inoltre, come sleale il comportamento dell’impresa che prevede nel contratto una clausola che obbligatoriamente imponga al venditore, successivamente alla consegna dei prodotti, un termine minimo prima di poter emettere la fattura, fatta eccezione per il caso in cui si tratti di più consegne che fanno capo al medesimo ordine, in relazione al quale la fattura potrà essere emessa successivamente all’ultima consegna del mese.Inoltre, il medesimo Decreto, vieta il pagamento dell’intero importo pattuito per la fornitura a fronte di contestazioni solo parziali relative all’adempimento della medesima.

La normativa esistente individua, dunque, un ampio ventaglio di fattispecie, in presenza delle quali ben potrebbe l’Antitrust avviare un procedimento ai sensi dell’art.62.In parallelo rispetto all’Indagine Conoscitiva dell’Antitrust, i giudici hanno fornito in questi mesi una prima interpretazione dell’art. 62. In particolare, la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio del 17 luglio 2013, n. 7195, da una parte, interviene sul rapporto tra l’art. 62 e la disciplina generale sui termini di pagamento contenuta nel d.lgs. n. 192/2012, dall’altra, sui prodotti che rientrano nell’ambito di applicazione della nuova disposizione.Quanto al primo punto, ponendo fine ad un dibattito che aveva visto i Ministeri dello Sviluppo Economico e delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali su posizioni opposte, i giudici del TAR Lazio riconoscono la prevalenza della norma speciale prevista dall’art. 62, nella sostanza chiarendo che, nella filiera agroalimentare, i termini di pagamento posti dalla menzionata disposizione di legge sono inderogabili.

La seconda questione che, all’indomani dell’adozione dell’art. 62 aveva sollevato un ampio dibattito nell’industria mangimistica, è stata risolta coerentemente con le indicazioni interpretative fornite dall’Assalzoo. I giudici del TAR, infatti, affermano che i prodotti oggetto della disciplina dell’art. 62 son tutti quelli attinenti al ciclo di produzione agricola, siano essi o no destinati all’uso alimentare umano.Nella sostanza, si viene così a delineare un sistema binario di tutela per gli operatori agroalimentari di fronte ai comportamenti abusivi riscontrati nella filiera: accanto alla protezione garantita dal giudice ordinario su istanza di parte nei casi di conflittualità privata, l’Antitrust, d’ufficio o su segnalazione di chiunque vi abbia interesse, potrà sanzionare tutte quelle condotte unilaterali che rappresentano un comportamento sleale nella filiera.

 Foto: Pixabay

Avv. Luciano di Via – Partner Clifford Chance Italia