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La carne rossa ritorna vincente sulle nostre tavole

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Quando si parla di diete o di alimenti succede spesso di sentire tutto e il contrario di tutto: informazioni sicurissime che dopo qualche anno vengono smentite. Ma questo non capita solo al disorientato consumatore, questo è ciò che accade normalmente nella ricerca scientifica. Si traggono delle conclusioni sulla base di ricerche in laboratorio, su gruppi di individui, sulla popolazione che vengono successivamente confermate, smentite, arricchite. La scienza, soprattutto per quando riguarda l’alimentazione, è in continuo movimento. Per esempio non molto tempo fa è stato dato molto spazio a una nuova classificazione di cancerogeni eseguita dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC). La Iarc(1) aveva inserito la carne rossa nel gruppo 2A, cioè nel gruppo per il quale la correlazione tra un consumo eccessivo di carni rosse e l’insorgenza di tumori al tratto intestinale è considerata “probabile”. Le carni rosse trasformate, invece, erano state catalogate fra i cancerogeni appartenenti al gruppo 1, gruppo che comprende l’amianto, l’alcol etilico e il fumo, le radiazioni ultraviolette e il Papilloma virus. Sulla base di questa classificazione, anche se si fonda su “prove limitate”, come si legge sul sito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità(2), è stato consigliato di limitare il consumo di carne rossa e trasformata.

Oggi però ci sono delle nuove opposte raccomandazioni: in un articolo pubblicato su una prestigiosa rivista, gli Annals of Internal Medicine (3), si afferma che per mantenersi in salute non c’è alcun bisogno di limitare il consumo di carne rossa o trasformata. Secondo gli autori dello studio la maggior parte delle persone possono continuare con l’attuale consumo di carne rossa e trasformata e tale consumo si riferisce a quello della maggior parte dei nordamericani: tre o quattro porzioni a settimana, una quantità comunque maggiore rispetto agli attuali consumi degli italiani. Si tratta del lavoro di un panel di ricercatori internazionali del gruppo NutriRECS, un’organizzazione indipendente che si dedica alla ricerca e alla stesura di linee guida nel campo della salute pubblica. NutriRECS è composto da 14 persone, che rappresentano settori tra cui metodologia di ricerca, epidemiologia nutrizionale, dietetica, medicina di famiglia e medicina interna. I dati su cui si è basato il panel dei ricercatori sono stati tratti da 12 studi randomizzati che riguardano oltre 54.000 persone e non rivelano alcuna riduzione significativa di patologie cardiovascolari, tumori o diabete legata ad una diminuzione del consumo di carne. Per gli studi osservazionali parliamo invece di qualche milione di partecipanti, e anche qui i risultati non sono significativi. Il team ha utilizzato un approccio di ricerca che misura la certezza delle prove esistenti. Il panel di esperti si è anche concentrato sul “rischio assoluto” associato al consumo di carne, piuttosto che sui cambiamenti del “rischio relativo”, che secondo gli autori può talvolta distorcere l’entità di un effetto. 

Secondo la nuova ricerca, le prove attualmente considerate per ridurre il consumo di carne sono quindi troppo deboli per giustificare un cambio di abitudini alimentari e chiedere alle persone di mangiare meno carne bovina o suina. Per la maggior parte delle persone continuare con l’attuale consumo di carne rossa e trasformata è l’approccio giusto, non solo perché il nostro consumo è già vicino alle raccomandazioni nazionali, ma anche perché così si aiuta l’organismo ad evitare potenziali carenze nutrizionali. La carne infatti è un alimento molto efficiente dal punto di vista nutrizionale, perché con poche calorie fornisce molti nutrienti. La carne rossa, in particolare, fornisce dei nutrienti unici come il ferro eme, che consente di prevenire le anemie e quando manca durante la crescita possono verificarsi problemi di sviluppo motorio e cognitivo. La giusta dose di carne nella dieta di un bambino è davvero importante, perché il ferro eme contenuto in questo alimento è più assimilato dall’organismo rispetto al ferro contenuto nelle uova e nei vegetali: un’efficienza del 20% contro una del 4-5%. Soprattutto in periodi delicati della vita come la crescita, la gravidanza, l’allattamento e la vecchiaia, le carni rappresentano una fonte di proteine di ottima qualità, da cui l’organismo trae gli aminoacidi essenziali, che possono essere ricavati anche da cereali e legumi ma con un’efficienza molto più bassa: basti pensare che per ottenere la stessa quota di aminoacidi essenziali di una fettina di carne da 70 grammi (80 kcal) bisognerebbe consumare due porzioni di pasta e fagioli (700 kcal). Un’alternativa non proprio ottimale per la linea. Nella carne inoltre sono contenuti vitamina B12, vitamina A, zinco e anche alcuni antiossidanti come il glutatione e il coenzima Q10. La vitamina B12 è fondamentale per lo sviluppo neurologico dei bambini e torna a essere importante in tarda età, quando i meccanismi di assimilazione diventano inefficienti(4).

Già il Global Burden Disease Study pubblicato sul Lancet(5), mastodontico studio che prende in esame i dati sull’alimentazione di 195 Paesi tra il 1990 e il 2017, ha scagionato la carne, considerandola un fattore di rischio non di primo piano. Si tratta di uno studio i cui dati vengono costantemente aggiornati e che prende in considerazione tutti i fattori di rischio, dalla sedentarietà al fumo fino, appunto, alle abitudini alimentari. Ciò che è emerso è che nei Paesi come l’Italia il primo fattore di rischio per la salute connesso all’alimentazione è l’eccesso di sodio. Segue poi un lungo elenco di abitudini alimentari in cui il consumo di specifici alimenti è troppo basso. Mangiare pochi cereali integrali, frutta, frutta in guscio o semi, ortaggi, pesce, legumi e alimenti che apportano calcio è molto più rischioso che esagerare con la carne trasformata o la carne rossa. I consumi di carni processate e rosse occupano rispettivamente il terzultimo e ultimo posto. In pratica i dati sui fattori dietetici ci dicono che una dieta con troppi ‘senza’ è più pericolosa di una dieta con troppi ‘con’.

Allora siamo sempre al solito messaggio: evviva la Dieta mediterranea, che non esclude nessun alimento ma tutti sono da assumere nelle giuste quantità. Molti pensano infatti che la Dieta mediterranea escluda il consumo di proteine animali e, in particolare di carne. Questo non è corretto perché, in realtà, secondo il modello dietetico mediterraneo, la carne, il pesce, le uova e i legumi sono considerati parte del gruppo degli alimenti che fornisce proteine. Tale modello invita a selezionare una varietà di alimenti ricchi di proteine per migliorare l’assunzione di nutrienti preziosi per la salute. Quello che invece è corretto è il suggerimento di quantificare il consumo secondo porzioni e frequenze che dipendono da età, sesso e livello di attività fisica. In particolare per le carni, i suggerimenti fondamentali sono quelli di preferire i tagli magri e di condire le preparazioni utilizzando esclusivamente olio di oliva extra vergine limitando l’apporto di sodio(6).

 

Note:

1. IARC Monographs evaluate consumption of red meat and processed meat, 2018 Volume 114 of the IARC Monographs – https://monographs.iarc.fr/wp-content/uploads/2018/06/mono114.pdf

2. https://www.who.int/features/qa/cancer-red-meat/en/

3. Johnston BC, Zeraatkar D, Han MA, Vernooij RWM, Valli C, El Dib R, Marshall C, Stover PJ, Fairweather-Taitt S, Wójcik G, Bhatia F, de Souza R, Brotons C, Meerpohl JJ, Patel CJ, Djulbegovic B, Alonso-Coello P, Bala MM, Guyatt GH. Unprocessed Red Meat and Processed Meat Consumption: Dietary Guideline Recommendations From the Nutritional Recommendations (NutriRECS) Consortium. Ann Intern Med. 2019 Oct 1. doi: 10.7326/M19-1621.

4. Bernardi E, Capri E, Pulina G. La sostenibilità delle carni e dei salumi in Italia. Ed. Franco Angeli

5. GBD 2017 Diet Collaborators. Health effects of dietary risks in 195 countries, 1990-2017: a systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2017. Lancet. 2019 May 11;393(10184):1958-1972

6. Bach-Faig A, Berry EM, Lairon D, Reguant J, Trichopoulou A, Dernini S, Medina FX, Battino M, Belahsen R, Miranda G, Serra-Majem L; Mediterranean Diet Foundation Expert Group. Mediterranean diet pyramid today. Science and cultural updates. Public Health Nutr. 2011 Dec;14(12A):2274-84

 

Foto: Pixabay

 

Elisabetta Bernardi – biologa nutrizionista