Nell’affrontare il tema dell’antibiotico-resistenza ci si concentra prevalentemente sulla trasmissione degli agenti patogeni dagli animali all’uomo e sulle pratiche di somministrazione di questi farmaci negli allevamenti. C’è un aspetto della questione che non ha ricevuto un adeguato approfondimento ed è quello della possibile trasmissione dei batteri resistenti e dei geni dell’antimicrobico-resistenza dall’uomo agli animali. Se n’è occupato un recente studio pubblicato su Molecular Biology and Evolution realizzato dalla Clemson University, Stati Uniti.
Le autorità internazionali concordano sul fatto che nei decenni passati l’uso poco accorto e l’abuso degli antibiotici, sia nella sanità che nel settore veterinario, ha sostenuto la diffusione della resistenza nei batteri. Gli agenti patogeni sono diventati resistenti all’azione dei farmaci complicando il trattamento di alcune infezioni come la gonorrea. Anche alcuni batteri di origine animale sono diventati resistenti aumentando il rischio di trasmissione delle zoonosi. La direzione della trasmissione deve essere però anche invertita guardando all’uomo come fonte e agli animali come destinatari: “Ho trovato effettivamente dei casi di trasmissione dei geni della resistenza agli antibiotici dall’uomo al bestiame, agli animali da compagnia e a quelli selvaggi”, spiega Vince Richards, che ha guidato il team di ricerca. Secondo l’esperto il materiale genetico potrebbe essere stato trasmesso con il contatto con gli animali o attraverso le acque reflue.
I ricercatori hanno analizzato 901 sequenze genomiche di un batterio, lo streptococco di gruppo B o Streptococcus agalactiae, proveniente da nove diversi ospiti: mucche, cani, pesci, foche, delfini, rane, capre e cammello più l’uomo. Il batterio causa sia malattie come la meningite ma anche la mastite bovina, un’infiammazione che pregiudica la possibilità di produrre latte nei bovini.
I geni analizzati sono stati distinti in due categorie: quelli necessari e quelli non necessari. I primi erano presenti in tutti i genomi, i secondi solo in alcune specie. Insieme formavano il pan-genoma, cioè l’insieme dei geni di tutte le varianti genetiche di una specie. Qui i geni necessari erano solo il 10%, il restante 90% erano geni non necessari. I ricercatori hanno visto che il genoma dello streptococco aveva un’elevata plasticità, ovvero la capacità di perdere e acquistare geni in risposta a stimoli ambientali. La plasticità fa sì che i batteri adeguino rapidamente il proprio Dna in modo tale da sopravvivere alle variazioni ambientali.
Il pan-genoma può dunque espandersi e da questa espansione può derivare la trasmissione di geni selezionati: “Si possono avere dei geni adatti a una particolare popolazione e che vengono trasmessi a un’altra popolazione. Un particolare gene per l’antibitoico-resistenza selezionato nella popolazione umana è stato trasmesso nelle popolazioni animali”, aggiunge Richards. Si è visto in particolare che il più forte segnale di trasmissione era tra uomo e bovini.
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