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Acidificazione oceani, un pericolo per pesca e acquacoltura

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L’acidificazione degli oceani potrebbe danneggiare l’habitat delle specie marine, provocare la perdita della biodiversità e mettere in pericolo la pesca e l’acquacoltura. Lo suggerisce uno studio pubblicato sulla rivista Emerging Topics in Life Sciences da due ricercatori dell’Università di Tsukuba (Giappone), che da anni studiano gli effetti di questo fenomeno sulla costa del Giappone e sul Mediterraneo. Entrambe queste regioni presentano, infatti, infiltrazioni di CO2 vulcanico: il gas che fuoriesce si dissolve nell’acqua del mare, creando condizioni negative per gli esseri che vi abitano.

In precedenza gli scienziati hanno dimostrato che l’acidificazione degli oceani sta avendo un forte impatto sulla vita marina in Giappone, mentre nel Mediterraneo sta producendo effetti negativi sui pesci selvatici. In questa ricerca hanno osservato che le barriere create da organismi dotati di conchiglie o scheletri esterni, come ostriche e coralli, vengono danneggiate dall’acidificazione degli oceani. Le barriere degradate forniscono meno protezione alle coste e rendono l’habitat meno adatto per pesci e molluschi. Questo si aggiunge ai pericoli arrecati dai cambiamenti climatici, provocando modifiche nella presenza delle alghe marine e la perdita della biodiversità nei tropici, nelle aree subtropicali e nelle zone caratterizzate da climi moderati. Di conseguenza, finisce per mettere seriamente in pericolo la pesca e l’acquacoltura.

Gli esperti affermano che soltanto tagli significativi alle emissioni sprigionate dai combustibili fossili potrebbero impedire che questi fenomeni, già in atto in diverse aree, possano diffondersi ulteriormente. Inoltre, esprimono la necessità di un accordo internazionale vincolante, basato sugli obiettivi di sviluppo sostenibile promossi dalle Nazioni Unite, volto ad affrontare e ridurre l’impatto dell’acidificazione degli oceani. “L’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici è benaccetto – dichiara Jason M. Hall-Spencer, che ha condotto la ricerca insieme al collega Ben P. Harvey -. Tuttavia, non menziona l’acidificazione degli oceani, né il fatto che questo rapido cambiamento della composizione chimica degli oceani possa danneggiare i pilastri sociali, economici e ambientali dello sviluppo sostenibile. I tempi sono maturi per un ‘Paris Agreement for the oceans’, che si prefigga specificatamente di ridurre al minimo e affrontare l’impatto dell’acidificazione degli oceani, anche attraverso una forte cooperazione scientifica a tutti i livelli”.

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n.c.