I cambiamenti climatici potrebbero aumentare il rischio che le colture vengano contaminate con le micotossine. Lo ha dichiarato al sito FeedNavigator il professor Naresh Magan, Professore di Micologia applicata presso l’Università di Cranfield (Regno Unito), secondo cui l’aumento delle temperature e dei livelli di CO2, le precipitazioni eccessive e la siccità potrebbero accrescere la presenza di micotossine negli alimenti di base e nelle colture alimentari.
“Abbiamo condotto esperimenti in ambienti controllati per simulare condizioni di umidità e di siccità, scoprendo che si verifica una stimolazione della produzione di aflatossine nel mais quando si espone la coltura al cambiamento climatico rispetto alle condizioni esistenti – osserva lo scienziato -. E non importa se si tratta di mais geneticamente modificato o non Gm. Abbiamo condotto studi con entrambi e abbiamo ottenuto risultati simili”.
L’esperto osserva che anche altre ricerche hanno confermato questi risultati, come quella condotta dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (Usda) a Peoria, nell’Illinois, che ha esaminato l’impatto di elevati livelli di CO2 e della siccità sullo sviluppo di fumonisine. “Quell’esperimento mostra che in determinate condizioni, come la combinazione di due fattori di stress ambientale, la situazione potrebbe esacerbarsi e generare un livello più elevato di contaminazione da micotossine – spiega Magan -. Questo potrebbe avere un impatto su tutte le fasi della catena alimentare e mangimistica”.
Lo studioso ritiene che gli attuali sistemi di controllo delle micotossine potrebbero non essere sufficienti in presenza di condizioni ambientali estreme. “I nostri sistemi di salvaguardia e il nostro approccio al controllo delle micotossine potrebbero dover essere cambiati – afferma l’esperto -. Osservando la resilienza delle muffe coinvolte nella produzione delle micotossine, si scopre che possono evolversi più rapidamente in presenza del cambiamento climatico ed essere più resistenti delle colture”.
“Molte muffe producono più di una tossina e l’impatto dei cambiamenti climatici potrà determinare il passaggio da una tossina all’altra – prosegue il ricercatore -. Forse diventeranno più importanti altre tossine, e noi non siamo preparati per questo, dato che la legislazione si concentra su una sola tossina. Questi sono temi che dobbiamo affrontare dal punto di vista della sicurezza alimentare e della sostenibilità”.
Il suo team sta collaborando con alcuni ricercatori dell’Università di Dublino per studiare gli effetti del cambiamento climatico sull’avena e sulla tossina T-2/HT-2: “Stiamo cercando d’identificare varietà resistenti da un’antica cultivar di avena irlandese che risulta più resistenti di quelle attuali alla tossina T-2/HT-2”. L’obiettivo, conclude il professor Magan, è quello d’identificare cultivar resistenti simili anche negli altri cereali.
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