Home Ricerca Luigi Cattivelli (Crea): “Ricerca pubblica, chiave per la competitività agricola”

Luigi Cattivelli (Crea): “Ricerca pubblica, chiave per la competitività agricola”

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Il Centro di ricerca Genomica e Bioinformatica del Crea coordina un progetto di ricerca su diverse specie vegetali con l’utilizzo delle biotecnologie NBT (New Breeding Techniques), le nuove tecniche di manipolazione genetica. Il progetto è finanziato dal Ministero delle Politiche agricole con uno stanziamento di 6 milioni di euro. Ne parliamo con il direttore del centro, il dottor Luigi Cattivelli.

Cosa rappresentano queste nuove tecniche e quali opportunità danno?
«Le New Breeding Techniques sono delle tecnologie che consentono di indurre mutazioni nella sequenza di un gene determinato a priori (mutazioni sito-specifiche). Le mutazioni sono alla base dell’evoluzione naturale e del miglioramento genetico, tuttavia mentre le mutazioni di origine naturale o indotte da agenti mutageni si distribuiscono in modo casuale sul genoma, le NBT consentono di indurre mutazioni predefinite in specifici siti del genoma senza che il resto del genoma venga in alcun modo modificato. Queste tecnologie possono essere applicate a molti ambiti del miglioramento genetico: la resistenza alle malattie, l’ottenimento di nuovi caratteri qualitativi, una maggiore resa produttiva».
«I prodotti che si ottengono grazie all’utilizzo di queste nuove tecniche sono diversi dagli OGM. Questo perché, per ottenere un organismo geneticamente modificato, si inserisce in una pianta un gene o una sequenza di geni provenienti da un altro organismo vivente, di solito non interfertile con la specie oggetto di studio. Le NBT, invece, consentono di modificare i geni presenti nella specie oggetto di studio senza introdurre sequenze di DNA esogeno. Si tratta di modifiche del tutto equivalenti a quelle che si possono ottenere in natura, in alcuni casi identiche a quelle già presenti nella diversità genetica naturale. Le NBT servono ad accelerare i meccanismi di miglioramento genetico e sono applicabili a tutti gli esseri viventi e, ad esempio, sono impiegate anche per curare le malattie genetiche umane».

Che tipo di ricerca pubblica si sta svolgendo ora?
«In Italia ci sono già diversi gruppi di ricerca che stanno lavorando con le New Breeding Techniques ma a breve verrà avviato un grande progetto organizzato dal Crea su mandato del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali che allargherà l’uso di queste tecnologie a tutte le principali specie agrarie. L’idea di proporre un progetto sulle NBT risale al 2015 e la prima discussione pubblica si è tenuta a Expo Milano; successivamente il progetto è stato valutato ed approvato a tutti i livelli politico-istituzionali: Parlamento, commissioni Agricoltura di Camera e Senato, Conferenza Stato Regioni. Il progetto prevede azioni di miglioramento genetico attraverso l’uso di NBT in circa quindici specie, dai cereali ai pomodori, dalle melanzane alla vite e all’olivo».

Nell’ambito del progetto di ricerca del Crea sono in agenda prove in campo?
«Al momento non sono previste prove in campo sia per una scelta di natura istituzionale – al momento non c’è una normativa specifica e si è in attesa di una decisione dell’Unione europea in merito – sia perché i tre anni del progetto serviranno in larga parte per ottenere le piante migliorate tramite NBT e per verificarle in camere di crescita. Il vero obiettivo di questo progetto è fare delle New Breeding Techniques una tecnologia diffusa, che possa essere nella disponibilità di tutti fra cinque/dieci anni».

Da queste innovazioni che state sperimentando arriverà qualcosa di concreto dal punto di vista commerciale?
«La commercializzazione delle piante è legata a una normativa che ancora non c’è per cui, prima di parlare di commercializzazione, saranno necessari degli interventi legislativi sia a livello nazionale che europeo. Quello che è certo è che con questo progetto l’Italia ha deciso di entrare in un campo estremamente innovativo che ha molte potenziali applicazioni. Molti altri Paesi stanno investendo enormi cifre in queste tecnologie, dalla Francia al Regno Unito agli Stati Uniti. Pertanto, e qualunque sia la normativa che verrà adottata sulla commercializzazione di queste piante, il progetto che sta per partire darà all’Italia le conoscenze necessarie per sfruttare le opportunità che si apriranno e/o per verificare la sicurezza delle nuove varietà che saranno prodotte».

Vito Miraglia