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Allevamento, nuova tecnica identifica mutazioni genetiche

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Sviluppato un metodo che consente di prevedere se un capo di bestiame svilupperà una mutazione genetica dannosa. Grazie a questa tecnica, sarà possibile orientare i programmi di riproduzione animale e aumentare l’efficacia dell’allevamento. È quanto emerge da uno studio pubblicato sulla rivista Evolutionary Applications dagli scienziati della Peter the Great St. Petersburg Polytechnic University di San Pietroburgo (Russia), secondo cui il sistema applica agli animali i progressi ottenuti dalle ricerche genetiche condotte sugli umani.

Gli esperti ricodano come una forma di selezione negli animali d’allevamento finalizzata a far evolvere tratti favorevoli o a evitare caratteristiche dannoe sia stata sempre messa in praticata nell’addomesticamento degli animali selvatici. Tuttavia, questa pratica non può considerarsi sufficiente, poiché le varianti genetiche con potenziale negativo non sono controbilanciate da un afflusso di geni positivi provenienti da popolazioni esterne. Con il tempo, la riproduzione controllata può quindi causare una riduzione generale della forma fisica degli animali da fattoria. come ad esempio i bovini. La capacità del settore zootecnico di fornire prodotti di qualità elevata dipende anche dalla conoscenza degli effetti indotti dalle mutazioni genetiche presenti e dalla capacità di eliminare quelle nocive. E questo ruolo di appronfodimento conoscitivo spetta proprio alla ricerca scientifica.

Gli studiosi hanno utilizzato le informazioni disponibili sulle varianti genetiche umane caratterizzate da potenziali effetti dannosi, e le hanno utilizzate per elaborare un metodo capace di identificare le mutazioni pericolose in altre specie di mammiferi. Le sperimentazioni hanno dimostrato che questa tecnica riesce a identificare le varianti dannose negli animali e potrebbe, pertanto, migliorare la composizione del bestiame,  riducendo in prospettiva l’impiego di sostanze medicinali negli allevamenti. “La metodologia sviluppata potrebbe essere utilizzata per identificare le mutazioni nel genoma degli animali da fattoria – spiega Maria G. Samsonova, che ha coordinato lo studio -, facilitando così la progettazione di percorsi metabolici programmati accuratamente per consentire agli animali di prosperare in una vasta gamma di condizioni”.

Foto: © nikitos77 – Fotolia

redazione