Nel dibattito sugli Ogm è rilevante l’aspetto della sicurezza: quale la posizione della scienza? Quali sono i livelli di sicurezza nella ricerca sugli Ogm?
Innanzitutto un punto fondamentale da considerare è che con le tecniche di ingegneria genetica disponibili è possibile realizzare tanti prodotti anche completamente diversi fra loro. Quindi, per valutare eventuali effetti negativi, occorre considerare specificamente le loro caratteristiche (ad esempio quali geni sono stati inseriti, l’eventuale presenza di altri geni come marcatori, ecc.) e la loro applicazione prevista (es. coltivazione, importazione, trasformazione industriale, alimentazione, ecc.). In poche parole non è scientificamente corretto dire che gli Ogm sono o non sono sicuri per l’uomo e per l’ambiente. La scienza perciò si esprime sui singoli casi e valuta i risultati disponibili relativi a ciascun Ogm. Ad esempio, per il mais MON810 (uno dei pochi autorizzati anche per la coltivazione in Europa) la valutazione del rischio effettuata dal Panel Ogm dell’Efsa ha convenuto che questo evento è sicuro per l’alimentazione umana ed animale quanto il mais da cui è derivato e che è improbabile che questo possa comportare effetti ambientali negativi se vengono implementate alcune misure di gestione in vicinanza di aree protette. L’Efsa è stata la prima autorità mondiale a includere dei suggerimenti in merito alla gestione del rischio, un’ulteriore conferma che in Europa il principio di precauzione viene esplicitamente considerato e che vengono sempre considerati anche gli scenari più pessimistici.
Qual è il ruolo regolatorio dell’Efsa?
Le responsabilità dell’Efsa consistono nel: a) valutare da un punto di vista strettamente tecnico i potenziali rischi per l’uomo e gli animali di cibi e mangimi, b) fornire consulenza scientifica in supporto all’attività legislativa e alla definizione delle politiche europee in materia di Ogm, c) fornire supporto scientifico in situazioni di emergenza che richiedono decisioni tempestive ed efficaci nella gestione del rischio. Il possibile rischio degli organismi, alimenti e mangimi geneticamente modificati (gm) è valutato dall’Efsa prima che qualunque prodotto gm sia immesso sul mercato europeo. La successiva fase di autorizzazione però non ricade nelle competenze dell’Autorità, rimanendo appannaggio della Commissione Europea che decide anche sulla base del parere scientifico dell’Efsa.
Come cambierebbe il contesto europeo se passasse la proposta di revisione del Regolamento 1829/2003?
Un passaggio è già avvenuto per quanto riguarda l’autorizzazione alla coltivazione, pertanto da oggi in poi gli Stati membri potranno decidere autonomamente sul processo di autorizzazione o meno alla coltivazione di Ogm sul proprio territorio, anche adducendo motivazioni non strettamente scientifiche, come è invece richiesto nel cosiddetto meccanismo di salvaguardia. Probabilmente ciò richiederà un po’ di tempo perché ogni Stato membro dovrà attrezzarsi allo scopo e decidere le strutture che dovranno essere coinvolte nel processo. Attualmente si sta considerando la possibilità che ciò avvenga anche per le procedure di importazione dei prodotti Ogm, ma qui il processo è appena agli inizi e immagino che richiederà lunghe riflessioni, mettendo anche in discussione regole e accordi commerciali internazionali. Quello che non cambia è comunque il ruolo dell’Efsa che continuerà a fare la valutazione del rischio considerando l’intero territorio Europeo.
Italia e Ogm: no alla coltivazione e poco spazio alla ricerca. Quali sono gli effetti per la scienza alimentare e per la filiera produttiva?
La scienza sta subendo pesantemente questo stop avendo quasi completamente arrestato un proprio filone di studi sulla biosicurezza che, ovviamente, rende le conoscenze legate ai nostri ambienti e ai nostri sistemi produttivi spesso non più in linea con gli standard raggiunti in altri Paesi. Proprio per quanto riguarda la sicurezza ambientale infatti, sarebbe necessario fare delle valutazioni oggettive che non possono prescindere dalle peculiarità dell’ambiente ricevente. Altrimenti rischieremmo di importare delle tecnologie che sono state ottenute e valutate solo da altri.
Per quanto riguarda la filiera produttiva, occorre ribadire che l’impossibilità di coltivare Ogm comporta qualche svantaggio economico specifico al settore mangimistico e dell’allevamento che deve subire la concorrenza dei produttori maidicoli o di soia di aree dove gli Ogm si coltivano e cominciano a dare qualche vantaggio economico. Con l’aggravante che, essendo l’importazione dei prodotti di questi Ogm possibile in Italia, per gli allevatori lo svantaggio diventa doppio perché non possono allevare in proprio le colture necessarie in maniera competitiva e per giunta devono comprare questo prodotto, comunque Ogm, da loro concorrenti. Ma trattandosi di filiere produttive forse di secondaria importanza nella politica agraria del Paese, non si riscontra nessuna richiesta in questo senso da parte delle grosse organizzazioni di produttori agricoli. Che, anzi rimangono fortemente contrarie.
Foto: Pixabay
Vito Miraglia