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«Più informazione con dati scientifici per valutare l’opportunità di coltivare Ogm in Italia»

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Il dibattito sugli OGM è molto acceso: quanto c’è di scientificamente fondato e quanto invece è viziato dall’ideologia?

La complessa problematica degli OGM ha notoriamente diviso le opinioni del mondo scientifico e di quello produttivo in due posizioni molto ben definite: nettamente a favore e nettamente contraria. Non esiste, in altre parole, una categoria di stakeholders che abbia finora assunto una posizione intermedia su cui poter impiantare un ragionamento di maggiore apertura al dialogo. I preconcetti ideologici possono aver alimentato la posizione anti-OGM ma devo onestamente affermare che talune asserzioni sono state sempre accompagnate da valutazioni su aspetti legati sia alle possibili conseguenze per l’agricoltura sia alla possibile minaccia per la biodiversità sia, infine, sui possibili effetti nocivi per la salute dell’uomo e degli animali.

Per i detrattori gli OGM sono un pericolo per la salute e per l’ambiente e riducono la biodiversità. Siamo di fronte a un vero pericolo?

Negli ultimi vent’anni, relativamente agli effetti sulla salute, non si sono osservati andamenti patologici che potessero essere ricondotti da un punto di vista epidemiologico al consumo di mangimi o alimenti geneticamente modificati. Vorrei ricordare che l’Unione Europea richiede, prima di autorizzare un evento OGM, una serie dettagliata di informazioni per valutare la sicurezza d’uso dei prodotti GM. I principi generali della valutazione del rischio degli OGM sono stati sanciti dalla Direttiva 18/2001/CE; l’obiettivo è determinare i potenziali effetti avversi sulla salute dell’uomo, degli animali e l’ambiente mediante una valutazione delle differenze e/o della non equivalenza con la controparte non GM, caratterizzata da storia consolidata di sicurezza d’uso. La valutazione comprende l’analisi delle caratteristiche molecolari, agronomiche, morfologiche, composizionali e la valutazione dell’allergenicità. La valutazione, inoltre, può prevedere successive analisi nutrizionali e tossicologiche specifiche al fine di dimostrare che la pianta GM e i suoi prodotti derivati sono sicuri come la controparte tradizionale. Inoltre, possono essere utilizzati trials in campo per valutare in modo significativo le eventuali differenze e/o l’equivalenza tra pianta GM e/o prodotti derivati e comparatore e varietà non-GM in commercio. Inoltre, dal dicembre del 2013 l’analisi tossicologica prevede l’obbligo degli studi di alimentazione a 90 giorni sui ratti (regolamento UE 503/2013).

Relativamente alla biodiversità, probabilmente è l’aspetto più realisticamente caratterizzato da una criticità. Sono, infatti, stati pubblicati studi a riguardo, che testimoniano come la possibile resistenza agli erbicidi da parte delle piante, la diffusione del materiale transgenico nelle acque fluviali, possibili danni all’ecosistema del suolo, minacce per altre specie animali come gli insetti, la accertata diffusione del polline di piante di mais GM anche a distanze considerevoli, possano di fatto costituire una possibile minaccia per il mantenimento della biodiversità. Aspetti quelli citati che rimandano immediatamente alla conclusione che di fatto, almeno in Italia, non sarebbe possibile realizzare una effettiva coesistenza tra coltivazioni GM, biologiche e convenzionali.

Quali sono stati gli sviluppi dall’introduzione degli ogm negli anni ’80?

Lo sviluppo delle coltivazione di piante GM nel mondo ha subito un incremento esponenziale. Attualmente 28 Paesi coltivano piante GM, 19 Paesi in via di sviluppo e 9 industrializzati.
I dati attualmente disponibili raffigurano uno scenario globale molto definito. La superficie destinata a colture OGM sfiora i 200 milioni di ettari, con una concentrazione in Stati Uniti (70), Brasile (40), Argentina (25) e Canada (12). Ma oltre a queste nazioni, sono realistiche le prospettive per un ampliamento dei mercati anche in Cina e Africa. Inoltre, alcune tipologie di coltivazioni sono quasi del tutto GM. Negli USA oltre il 90% di soia, cotone e mais sono transgenici. Analogo risultato per la colza canadese con un 96% di produzione GM. Per quanto riguarda la soia argentina, la produzione è pressoché totalmente transgenica, mentre quella brasiliana raggiunge quasi il 90% dell’intera produzione di soia, mentre la Cina produce un cotone Bt al 90% e l’India una percentuale vicina al 95%.

Quali sono gli obiettivi della ricerca sugli OGM per i prossimi 15 anni (ad esempio, aumentare la resa, sfamare le popolazioni più povere, diminuire il consumo di acqua in agricoltura)?

Gli obiettivi della ricerca possono essere diversi e tutti orientati a un miglioramento delle caratteristiche dei prodotti GM. Tuttavia, non sarà di aiuto per la ricerca il non poter effettuare sul nostro territorio prove sperimentali in campo per vagliare possibilità reali di impiego degli OGM, in termini di miglioramento della resa produttiva di talune colture ma soprattutto di miglioramento di alcuni aspetti specificatamente sanitari che potrebbero essere ottenuti con le colture GM. In alcuni casi infatti, si è accertato come in alcune coltivazioni transgeniche, come il mais, il livello di alcune micotossine, sostanze dotate di spiccata tossicità per il benessere degli animali e per la salute pubblica, sia fortemente ridotto rispetto alle controparti convenzionali. Inoltre, non è da sottovalutare un aspetto importante su cui porre la dovuta attenzione legata agli OGM di terza generazione che potrebbero apportare indiscussi miglioramenti per la salute umana da un punto di vista nutrizionale e funzionale.

Possono esserci altri campi del geneticamente modificato oggetto di studio oltre le commodities?

Attualmente gli OGM sono impiegati in medicina, nella produzione dell’insulina e di medicinali come biomedicine. Anche in questo settore esistono controversie soprattutto per le implicazioni etiche legate alla creazione ad hoc di topi geneticamente modificati per utilizzarli come cavie per la ricerca su cancro e altre malattie di origine genetica. Gli OGM sono inoltre impiegati nell’industria, sotto forma di microrganismi in grado di degradare gli idrocarburi, o per migliorare le caratteristiche richieste ad alcune materie prime.

Un’ultima domanda, qual è il futuro degli OGM in Italia?

In Italia, come noto, è stato recentemente firmato un decreto interministeriale tra i Ministeri della Salute, delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, e dell’Ambiente che ha prorogato di ulteriori 18 mesi il divieto alla coltivazione in Italia emanato nel 2013. Il futuro dipenderà da quale scelta si farà da un punto di vista politico prima ancora che produttivo, considerando i molteplici aspetti che ho precedentemente menzionato, senza dimenticare la posizione del consumatore che a oggi non si è mostrato favorevole a un’eventuale commercializzazione di prodotti GM. A questo proposito però, a mio avviso dovrebbe essere assicurata una maggiore informazione all’insegna di una obiettiva declinazione del tema basata su considerazioni oggettive e soprattutto esclusivamente basate su evidenze scientifiche. Infine, si dovrebbe, a mio avviso, auspicare il raggiungimento di una posizione tra gli agricoltori condivisa ed armonizzata, attraverso un esame specificatamente correlato alla realtà del nostro territorio, di quei temi ancora oggetto di controversia, per dare una risposta univoca e condivisa sulla opportunità o meno di sviluppare nel nostro Paese un’agricoltura GM.

 

Foto: Pixabay

Vito Miraglia