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Performance e salute degli animali inalterate dopo l’introduzione di colture gm per la produzione di mangimi

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Il bisogno di ulteriori ricerche è nella natura stessa del progresso scientifico, ma al momento non sono state rilevate alterazioni nelle performance e nella salute degli animali dopo l’introduzione delle colture geneticamente modificate nella produzione di mangimi. Il professor Gerhard Flachowsky, ricercatore dell’Institute of Animal Nutrition, Germania, fa il punto dell’impatto degli Ogm sulla salute e la produttività degli animali su Feedipedia, il progetto congiunto della Fao e di diversi centri di ricerca francesi sui mangimi. 

L’impiego di tecnologie, sia convenzionali che genetiche, può contribuire a superare diversi ostacoli, sottolinea Flachowsky, dall’ottimizzazione dell’uso di risorse scarse a livello globale alla riduzione dei gas serra all’adattabilità ai cambiamenti climatici. Dal 1996 al 2014 gli ettari di terreni impegnati a coltivazioni geneticamente modificate è più che centuplicato, passando da 1,6 a 181,5 milioni di ettari. La maggior parte di queste colture sono Ogm di prima generazione, ovvero piante resistenti a pesticidi ed erbicidi. Secondo il cosiddetto principio di sostanziale equivalenza, la salute degli animali così come il profilo nutritivo, la qualità e la sicurezza dei prodotti di origine animale non è influenzato dai mangimi gm. 

Quali sono gli ambiti su cui si sta concentrando la ricerca? Oltre cento coltivazioni gm sono finite sotto la lente dei ricercatori allo scopo di migliorarne gli aspetti nutritivi (ad esempio incrementare l’apporto di proteine, con ricadute sull’alimentazione umana in alcuni Paesi in via di sviluppo), di ridurre il contenuto di sostanze indesiderate (fitati, micotossine, alcaloidi, ecc.) e di incrementare la resistenza all’attacco di parassiti. Questi sono invece gli Ogm di seconda generazione.

 


Foto: Pixabay

Vito Miraglia