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Geneticamente corretto. Intervista alla Senatrice Elena Cattaneo

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Negli ultimi mesi ha infiammato le pagine dei maggiori quotidiani italiani, dal Sole24Ore al Corriere della Sera, con i suoi interventi lucidi, documentati e diretti che hanno riportato il dibattito intorno a Ogm sui binari di un reale confronto scientifico. Nel suo nuovo ruolo di Senatrice a vita, Elena Cattaneo non ha smesso le vesti della scienziata – è tra le ricercatrici più importanti a livello internazionale, suoi gli studi pioneristici su cellule nervose e staminali per la cura della Còrea di Huntington -, ma ha raddoppiato l’impegno battendosi per un principio: la politica, quando decide su questioni scientifiche, non può prescindere dalle competenze. Il “caso Stamina”, la libertà di ricerca e, naturalmente, la battaglia per il futuro delle biotecnologie. “È la politica a dover dire l’ultima parola, ma se si parte da dati manipolati non potrà che essere una parola sbagliata”, ricorda la scienziata che oggi guida il Cattaneolab, il Laboratorio di Biologia delle cellule staminali e Farmacologia delle malattie neurodegenerative del Dipartimento di Bioscienze dell’Università di Milano.

 

Professoressa Cattaneo, partiamo da zero. Cosa sono gli Ogm e perché fanno tanto discutere?

Gli Ogm sono organismi a cui sono stati aggiunti, eliminati o modificati elementi genici. L’uomo da sempre usa la domesticazione vegetale e animale per ottenere specie, razze e varietà più utili perché migliori dal punto di vista della resa, della resistenza, della nutrizione o anche solo del gusto. Per tutta la storia dell’umanità gli agricoltori hanno usato gli incroci, ovvero incrociavano piante fino a che non ottenevano le caratteristiche richieste. Nel periodo tra le due grandi guerre, grazie a uno scienziato del calibro del Senatore e agronomo Nazareno Strampelli che ha incrociato grani provenienti da luoghi anche molto lontani si sono ottenute varietà molto produttive e ad alto contenuto di proteine (ossia di glutine) come il grano “Senatore Cappelli” che ha soppiantato centinaia di varietà di grano italiane meno efficienti.

Dopo la seconda guerra mondiale Gian Tommaso Scarascia Mugnozza ha usato gli avanzamenti della fisica nucleare e le radiazioni per aumentare il tasso di mutazione e ottenere in meno generazioni la pianta desiderata, ottenendo un grano famoso ed esportato in tutto il mondo, il grano creso, che ha raggiunto il 70% di tutta la pasta prodotta in Italia. Infine da vent’anni riusciamo finalmente a ottenere dalle piante le caratteristiche desiderate con alta precisione grazie all’ingegneria genetica che interviene con precisione “chirurgica” su singoli geni o parti di geni. Il paradosso è qui. Per migliaia di anni abbiamo incrociato e ci siamo nutriti di piante spostando a casaccio geni senza nemmeno sospettarne l’esistenza, facendo piombare sequenze di DNA sotto il controllo casuale di altre sequenze di DNA. Poi sessanta anni fa abbiamo accelerato l’evoluzione bombardando alla cieca coi raggi X l’intero genoma delle piante, e, senza mai aver avuto bisogno di fare analisi sanitarie, abbiamo avuto numerosi vantaggi con l’aumento della produzione e del gusto. Oggi che invece possiamo fare tutto ciò in modo mirato, ovvero sapendo quale gene sostituire, eliminare o disattivare a seconda dei casi, ebbene oggi alcuni dubitano degli Ogm, spesso senza avere studiato alcunché o proponendo dati smentiti o interpretazioni paradossali come quella che, secondo alcuni, vede la tragedia dell’aumento dei suicidi tra gli agricoltori indiani connessa all’ingresso delle piante Ogm in India. Da anni gli studiosi smentivano pubblicamente tutto ciò. Ora pare che finalmente questa bugia sia stata svelata e compresa anche dal grande pubblico nella sua completezza. Ecco questi e altri paradossi esemplificano il comportamento profondamente irrazionale e, dati alla mano, ingiustificato nei confronti degli Ogm che a mio avviso andrebbero studiati e affrontati uno a uno.

 

Torniamo al dibattito e alle “prove tecniche” di dialogo. Sul Sole24Ore ha invitato il ministro dell’Agricoltura Martina a rispondere a 16 domande sul tema degli Ogm. A oggi a quali di queste ha ricevuto risposta?

Quelle domande sono ancora in attesa di risposta e da molto tempo. È la comunità scientifica a porle, sono gli agricoltori e gli imprenditori a porle. Da tempo sto studiando l’argomento per capire come stanno le cose sugli Ogm e del perché vengono avversati in Italia con tanta forza. In tutta Europa solo da noi vengono vietate le sperimentazioni in campo aperto. Solo da noi la ricerca sugli Ogm è vietata. Non li si può nemmeno studiare. Vorrei capire perché. Potrebbero evitare l’estinzione di nostri prodotti tipici. Potrebbero evitare l’attacco da parte di parassiti dannosi. Vorrei che dal Ministero spiegassero le motivazioni oggettive. In generale mi piacerebbe che su questo come su altri argomenti ci si “sfidi” solo sulla base di “dati certificati” da scienziati internazionalmente riconosciuti, senza conflitto di interesse, pubblicati su riviste di settore ad alto impatto, quindi controllati tramite la revisione spietata a cui la scienza è sottoposta ogni volta che diventa pubblica in quanto verificabile da altri colleghi esperti in giro per il mondo. Il resto non riguarda la politica e le scelte strategiche di una nazione, riguarda piuttosto le tifoserie e le fantasie del “sentito dire” fatte girare sui blog. È poi certo la politica a dover dire l’ultima parola, ma se si parte da dati manipolati non potrà che essere una parola sbagliata.

 

No agli Ogm, ma no anche alla ricerca. Basta il “principio di precauzione” per spiegare i limiti imposti alla ricerca biotecnologica nel nostro Paese?

Il principio di precauzione se applicato a qualsiasi campo dell’innovazione e della scienza ci lascerebbe senza auto, senza cellulari e senza cure mediche: ogni cosa in Natura prevede un calcolo tra rischi e benefici, persino un’aspirina non è a rischio zero (a una porzione minima di popolazione provoca shock anafilattico). Perché non proviamo ad estendere il concetto? Un’automobile Ford, Toyota o Subaru può dimostrare di essere immune da rischi? È possibile che facciano un incidente automobilistico? Possiamo adottare la clausola di salvaguardia anche in questo caso? Un panino di una catena di fast food o una pizza margherita possono dimostrare che non soffocheranno mai un avventore su un milione di consumatori? Così estremizzato, il principio di precauzione di cui parlano coloro che avversano gli Ogm dovrebbe essere applicato anche ai prodotti biologici che sono meno controllati degli Ogm e per nulla esenti da rischi. Non so se esistono prove che i prodotti biologici siano sicuri. Eppure vengono commercializzati. Nel 2011 ci fu una terribile serie di decessi a causa di un batterio presente nei germogli di soia biologica. Del resto, il trasferimento orizzontale di geni (che significa il trasferimento di un gene da un animale all’altro, ovvero uno dei punti più avversati da chi è contro gli Ogm) è un processo naturale (una semplice influenza virale provoca il trasferimento di geni), e quindi in generale e per tutti i prodotti, tradizionali, biologici e Ogm le opportunità e i motivi di sicurezza sollevati nella discussione sui miglioramenti meritano di essere valutati caso per caso, e non assumendo che tutti gli Ogm siano da mettere al bando in quanto più rischiosi di altri prodotti.

Niente campi coltivati a Ogm, ma intanto molti prodotti “tipici” del Made in Italy si basano su produzioni Ogm. C’è qualcosa che non torna? È una delle contraddizioni più lampanti. Oltre a importare metà delle carni e del grano, oltre a pomodori e olio d’oliva, quasi tutto il parco zootecnico italiano (bovini, suini, polli) è alimentato con mangimistica ottenuta con soia estera e questa è per l’85% geneticamente modificata. L’Italia, infatti, produce poco più del 10% della soia che consuma e tali importazioni pesano sulle nostre tasche per circa 1.200 milioni di euro l’anno. Inoltre, come si può facilmente controllare andando sul server della FAO, l’Italia importa ogni anno il 35% del mais che le è necessario, ovvero 4 milioni di tonnellate di mais (o derivati) in parte transgenico. Il costo ammonta a quasi un miliardo di euro levati fisicamente dalle tasche degli imprenditori agricoli italiani e regalati a quelli esteri. Va aggiunto che il 62% del mais italiano prodotto nel 2013 era vietato per il consumo umano per un elevatissimo inquinamento da tossine di funghi sospettati di indurre pericolose patologie nell’uomo, le cosiddette fumonisine. I paesi che usano il mais Ogm hanno risolto il problema delle fumonisine. E questo problema non l’ha certo la Germania o i paesi del Nord. Ma Italia e Spagna che le per condizioni climatiche sono particolarmente esposte a questo problema. Nel 2001 eravamo autosufficienti per il mais, ma l’avversione al mais Ogm del tipo Bt, che è l’unico autorizzato dall’Europa per la coltivazione, ci vede pagare a caro prezzo questo retaggio di ideologia antiscientifica.

 

Non si può negare che tra le argomentazioni più convincenti degli oppositori agli Ogm ci siano quelle della coesistenza-biodiversità e del dominio delle multinazionali. Sono preoccupazioni fondate?

A me pare che nessuno delle due si possa dire fondata. Innanzitutto la biodiversità è via via diminuita da un punto di vista evolutivo al punto che, come scriveva Gilberto Corbellini sul Sole24Ore lo scorso 14 settembre “la biodiversità è il materiale grezzo prodotto e consumato dall’evoluzione biologica per espandere la presenza della vita sulla Terra”. Oggi gli Ogm possono solo aiutare a recuperare, grazie alla tecnologia, parte delle diversità perduta. Va detto con chiarezza che se oggi tre quarti del cibo mondiale è ottenuto da sole 12 specie di piante e 5 specie animali, non è colpa degli Ogm. Ben prima, e a prescindere dalla rivoluzione biotecnologica, le migliaia di specie e varietà vegetali e animali addomesticate, cioè selezionate perché ritenute utili per la sopravvivenza dell’uomo, si sono drasticamente ridotte e nel corso del secolo scorso abbiamo perso il 75% della diversità genetica delle piante di interesse agricolo. Gli Ogm e l’ingegneria genetica possono invece aiutarci mettendo a disposizione un’ingente riserva mondiale di germoplasma (milioni di esemplari raccolti dalle migliaia di stazioni sperimentali create nel Novecento), ipoteticamente consentendo di recuperare persino le tracce della diversità genetica andata persa negli ecosistemi agrari moderni. Sulla questione delle multinazionali occorre essere lucidamente critici. Vengono spesso nominate come se rappresentassero il male assoluto, quando invece essendo governate da uomini esse sono passibili certo di biasimo ma talvolta anche di encomio.

Dobbiamo ricordarci che le multinazionali producono farmaci che ci tengono in vita, tecnologie brevettate come gli ABS e l’airbag che ci salvano la vita, i cellulari e i computer che tutti abbiamo e usiamo con grande voracità. Se proprio deve essere un argomento quello dell’interesse economico, allora prendiamolo e guardiamolo da entrambe le parti. Esistono una serie di prodotti commerciali che non sono Ogm ma sono brevettati. Li usiamo e li consumiamo. Pensiamo ad esempio alle buonissime mele Pink Lady che sono brevettate (secondo il meccanismo del club varietale) e quindi nessuno potrà mai disporre di una singola piantina (e nemmeno di un rametto) se non ricorrendo a chi detiene il brevetto. Chi ha investito in quel ritrovato ha il brevetto come forma di tutela dell’investimento fatto; chi acquista piantine può comunque ottenere dei ritorni economici e i consumatori hanno una variante di mela in più. Non dobbiamo quindi pensare che non vi siano altri (altrettanto legittimi) interessi economici in coloro che proteggono il proprio settore agrario, e quindi alimentare, sostenendo una agricoltura Bio. Si dovrebbe far si che sia il consumatore a scegliere cosa preferisce mettendo però tutte le varietà a disposizione, cioè rendendo l’impresa agricola libera di coltivare Ogm peraltro permessi dalle leggi europee. La competizione in genere fa alzare la qualità. Bisogna aver più fiducia nei consumatori e smetterla di trattarli come bambini che vanno accuditi. Ognuno saprà fare la sua scelta libera se potrà confrontare prezzi, sapori ed etichette trasparenti di tutte le agricolture possibili. Acqua, terra, risorse alimentari: cosa può fare la Scienza per il benessere e lo sviluppo futuri? È una domanda a cui non so rispondere. Ma posso dirle che guardando il passato e a tutto ciò che la scienza ci ha sinora donato, è ragionevole avere fiducia nel futuro.

Cosimo Colasanto