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L’orzo: un cereale antico per l’alimentazione umana e animale

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L’orzo (Hordeum vulgare L.) rappresenta uno dei cereali più importanti utilizzati dall’uomo, preceduto solo dal frumento, riso e mais. La produzione mondiale si aggira intorno a 140 milioni di ton. L’Europa è il maggiore produttore seguita dall’Asia. La sua origine è antichissima. Studi archeobotanici datano a 8000-7800 anni prima di Cristo l’addomesticazione dei cereali e l’orzo è stato fra i primi cereali coltivati. Le iniziali aree di produzione vengono individuate nella Mezzaluna Fertile, tra il Tigri e l’Eufrate.

 

Cereale con “radici” antiche

Per molti secoli dopo l’addomesticazione, l’orzo è stato il cereale più coltivato nel Medio Oriente e nel mondo allora conosciuto, soppiantato dal frumento in tempi storicamente a noi più vicini. L’adattabilità ai climi più svariati, le ridotte esigenze idriche, le minori necessità in termini di fertilità del suolo rispetto al frumento, mais e riso consentono un areale di coltivazione molto vasto, dalle regioni umide dell’Europa al Sud America e alle aree aride dell’Africa e dell’Asia. Rispetto alla forma e fertilità della spiga, l’orzo si differenzia in distico e polistico. I primi sono caratterizzati da semi più grossi, di alta qualità, utilizzati soprattutto nella produzione della birra mentre i secondi sono distinti in orzi tetrastici (a quattro file) ed esastici (a sei file).

 

A seconda della varietà è inoltre possibile distinguere orzi vestiti che conservano le glume aderenti alla cariosside, da orzi nudi che perdono le glume dopo la trebbiatura. Quantunque l’orzo sia stato in passato uno dei cereali più usato come alimento, attualmente circa il 60% è destinato all’alimentazione animale (maiale, bovini da latte e da carne e altre specie) per il resto il 30% va alla produzione di malto da birra, il 7% è reimpiegato come semente e solo il 3% viene utilizzato come cibo per l’uomo, principalmente come orzo perlato. Tuttavia, in certe parti dell’Asia e del Nord Africa, l’orzo continua ad essere uno dei maggiori cereali nella dieta dell’uomo.

 

Il ruolo dei beta-glucani

Nell’alimentazione del suino, dove l’orzo trova una tradizionale, larga utilizzazione, il suo impiego come unico cereale è generalmente sconsigliato e il suo uso limitato a percentuali inferiori al 30% in associazione, ad esempio, con il mais. Ciò in quanto l’elevata percentuale di fibra grezza riduce il valore energetico della razione. L’alto contenuto, inoltre, di β-glucani accresce la viscosità del contenuto intestinale contribuendo a ridurre ulteriormente il valore nutritivo della dieta.

 

Dal punto di vista chimico, i β-glucani sono dei polisaccaridi formati da catene lineari di unità di glucosio legate con legame glucosidico β-1-3 e β-1-4 e nell’orzo sono componenti delle pareti cellulari dell’endosperma amilifero. Essi sono indigeribili dai monogastrici e nell’uomo si sono dimostrati particolarmente attivi nell’abbassamento del colesterolo del sangue e nella prevenzione del diabete. Secondo autori americani il contenuto di β-glucani varia dal 3 al 7%. Nella collezione mondiale di orzi conservati presso l’Istituto del Germoplasma di Bari sono stati trovati valori che vanno da un minimo del 1,8 % ad un massimo del 6.0% su s.s. Tale variabilità dipende dalle condizioni ambientali e dalla cultivar quantunque l’influenza del genotipo pare sia preminente. Gli altri maggiori componenti della fibra sono rappresentati da arabilosani, cellulosa e lignina. Quest’ultimi sono massimamente concentrati nelle glume. I livelli di cellulosa sono dell’ordine del 4,1-4,8% negli orzi vestiti mentre in quelli nudi scendono a valori del 2,0-2,9%.

 

 

Identikit dell’orzo: aminoacidi e fibre

L’amido è il maggiore componente (intorno al 58%), zuccheri, lipidi e sali minerali sono in media uguali o inferiori al 3%. Il tenore in proteine è largamente variabile con un intervallo dal 7% al 25%. Mediamente viene indicato un valore del 12%. Le proteine sono composti azotati ad alto peso molecolare i cui componenti di base sono gli aminoacidi, raggruppati a formare peptidi. Nella cariosside dell’orzo le proteine sono costituite da diverse frazioni con funzione metabolica o strutturale e sono composte da 18 aminoacidi. Parimenti ad altri cereali, la qualità proteica (intesa come quantità e bilanciamento tra gli aminoacidi essenziali e non essenziali) non è del tutto adeguata. Gli aminoacidi essenziali sono quelli che non possono essere sintetizzati da un sistema metabolico animale e pertanto debbono essere introdotti con gli alimenti. A seconda della specie sono ritenuti essenziali da 8 a 11 aminoacidi. Quello che si trova in minore quantità rispetto al fabbisogno viene definito “limitante”. Nell’orzo il primo aminoacido limitante è la lisina, il secondo la treonina seguiti dalla metionina e triptofano. Il contenuto in lisina sebbene insufficiente è tuttavia mediamente superiore a quello del mais con il quale l’orzo spesso si accompagna nella razione degli animali ed in particolare del suino. Per migliorare pertanto l’efficienza proteica della razione è necessario integrarla con gli aminoacidi carenti, soprattutto lisina, fino al raggiungimento del fabbisogno richiesto dall’animale. Come fatto cenno in precedenza, l’orzo, soprattutto quello vestito, ha un alto contenuto in fibra. Ciò ne limita l’utilizzazione quale unica fonte amidacea nel soddisfacimento del fabbisogno energetico dei monogastrici, come il maiale. Negli orzi nudi e particolarmente in quelli decorticati, si riscontra un notevole abbassamento della fibra grezza e di conseguenza un significativo miglioramento del valore energetico.

 

Un ulteriore miglioramento in tal senso si consegue con il fiocco d’orzo decorticato. Secondo alcuni dati di letteratura nel fiocco decorticato il valore di fibra grezza passa rispetto al prodotto crudo non decorticato da 4,60 a 1,00, l’ED ((Kcal/Kg) da 3070 a 3760, l’EN (Kcal/Kg) da 2280 a 2880, le proteine da 11,3 a 12,2, la lisina da 0,38 a 0,42 % sul tal quale. L’orzo ha una grande variabilità genetica e ciò consente l’intervento di una selezione mirata ad obiettivi specifici come la costituzione di nuove varietà a basso tenore in β-glucani, ridotti livelli di fibra e più alta digeribilità dell’amido. Tali nuove varietà potrebbero consentire di incrementare nella dieta del suino e di altre specie la percentuale di orzo a scapito del mais. La coltura di quest’ultimo, come è noto, comporta forti consumi idrici che nel futuro potrebbero essere non del tutto sostenibili. La disponibilità di maggiori quantità di orzo di queste nuove varietà potrebbe rappresentare una soluzione al problema sopraccennato.

 

Foto: Pixabay

Raimondo Cubadda, Presidente Onorario AISTEC