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Il carrubo: risorsa alimentare alternativa per la zootecnia

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Il carrubo è una leguminosa arborea sempreverde, di grande effetto scenico, peculiare del paesaggio agrario dell’intero bacino del Mediterraneo. In Italia il carrubo trova ampia diffusione nel sud-est della Sicilia, tanto che il paesaggio dei monti Iblei è stato definito “paesaggio del carrubo” dal Presidente dell’Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio – Sezione Sicilia. Oltre ad un ruolo paesaggistico e ricreativo, il carrubo assume anche un importante ruolo ambientale; già da tempo infatti è indicato come pianta idonea per la riforestazione di aree costiere degradate dall’erosione o dalla desertificazione (Battle & Tous, 1997).

L’impiego del carrubo nell’alimentazione del bestiame rientra in una tematica di scottante attualità, quella della ricerca e dell’utilizzo di risorse alimentari alternative ai cereali, al duplice scopo di ridurre sia la competizione tra uomo e animale che i costi dell’alimentazione zootecnica, tenendo d’occhio la qualità dei prodotti di origine animale. Il carrubo si inserisce tra le risorse alimentari zootecniche alternative sia come pianta pascolabile che come sottoprodotto dell’industria agroalimentare. L’impiego delle foglie e/o dei frutti di arbustive ed arboree è diffuso nei sistemi di allevamento estensivi di molte aree aride e semiaride. Ben Salem e coll. (2004) riportano notizie sull’utilizzo di acacia, olivo e Moringa oleifera in diverse aree tropicali e sub-tropicali. El-Aich e coll. (2007) parlano del pascolamento dell’argania da parte dei caprini in Marocco.

Le foglie del carrubo non sono particolarmente appetibili e digeribili (Silanikove e coll., 1996) ma il consumo dei frutti del carrubo da parte dei ruminanti al pascolo è una pratica abbastanza comune in Giordania (El-Shatnawi & Ereifej, 2001). Il baccello è il frutto del carrubo, noto dall’antichità con il nome di “pane di San Giovanni”, di cui si producono circa 350.000 t (INEA, http://alimenti.vet.unibo.it/) in tutto il mondo. L’Italia è il secondo paese produttore dopo la Spagna, con un contributo di circa il 26%; gran parte della produzione nazionale è concentrata in Sicilia (circa il 70%). Il frutto veniva utilizzato in passato come spuntino, previa tostatura, o come sostitutivo della cioccolata (tostato e macinato); oppure poteva essere utilizzato per la produzione di alcool o di sciroppi. Oggi è destinato soprattutto all’industria agro-alimentare che ne sfrutta i semi, i carati, che rappresentano circa il 10% del peso dell’intero baccello. Nel seme si distinguono il tegumento (30-35% del peso totale), l’endosperma (40-45%) ed il germe (20-25%).

Dall’endosperma si ottiene la farina di semi di carrube (locust bean gum o carob gum in inglese), denominazione ufficiale in lingua italiana dell’additivo alimentare codificato dalla sigla E410 (Direttiva 95/2/CE relativa agli additivi alimentari diversi dai coloranti e dagli edulcoranti). La farina di semi di carruba è ricca in galattomannani, polisaccaridi complessi che conferiscono proprietà addensanti e gelificanti ai sistemi acquosi. La farina di semi di carrube può essere addizionata a molti prodotti alimentari quali ad esempio confetture, panna e gelati. Il sottoprodotto di questo processo è la farina di germe di carruba. Il baccello denocciolato, che costituisce circa il 90% in peso del frutto intero, viene comunemente chiamato polpa di carruba ed è destinato all’impiego zootecnico. La polpa di carruba può assumere denominazioni differenti, carrubina o semolato, a seconda del livello di macinazione. Le caratteristiche chimico-nutrizionali della polpa di carruba sono riportate sia nel database “Alimenti” edito dall’INEA (Istituto Nazionale di Economia Agraria) (http://alimenti.vet.unibo.it/) che nel database internazionale “Feedipedia” edito dalla FAO e da due istituzioni di ricerca francesi (INRA e CIRAD) (http://www.feedipedia.org/).

La composizione chimica della polpa di carruba dipende dalla cultivar, dall’area di origine e dal momento della raccolta che influisce sul livello di maturazione del frutto (Batlle & Tous, 1997). In media, essa contiene un elevato quantitativo di carboidrati non strutturali (40 – 50% della sostanza secca, SS), tra cui predomina il saccarosio. Tale caratteristica fa sì che la polpa di carruba sia un alimento altamente energetico e di sapore gradevole, tanto da essere impiegata nei mangimi di svezzamento (in misura del 5-10%) proprio per migliorare la appetibilità della miscela. Un effetto “collaterale” positivo della inclusione della polpa di carruba nelle diete di svezzamento e post-svezzamento dei suini è l’effetto antidiarroico, legato alla capacità di modulare lo sviluppo microbico nell’intestino cieco (Andrés-Elias e coll., 2007).

Il database Alimenti indica un effetto antidiarroico, attribuito all’azione astringente dei tannini, anche per i giovani ruminanti. La polpa di carruba, tuttavia, presenta un modesto livello di proteine (2-5% SS), un basso livello di grassi (<1% SS), ricchi in acido oleico e linoleico, un alto livello di fibra (NDF 33% su SS) ed un alto livello di lignina (ADL 8-25% su SS), caratteristiche che, nel loro insieme, pongono dei limiti ad un suo uso importante, in senso quantitativo, nell’alimentazione animale. L’elevata variabilità della lignina è legata alla presenza di tannini, composti che appartengono alla famiglia dei polifenoli, il cui contenuto dipende dal grado di maturazione dei frutti (Vekiari e coll., 2012). La letteratura scientifica è abbastanza ricca di studi sull’impiego zootecnico di alimenti ricchi di tannini o di altri polifenoli e suggerisce che i loro effetti dipendono dal contenuto complessivo e dal tipo di molecola. Semplificando, si può dire che a basse concentrazioni i tannini presentano alcuni effetti positivi: riducono la degradabilità ruminale delle proteine alimentari a favore della disponibilità intestinale di aminoacidi; riducono l’incidenza del meteorismo e lo sviluppo delle larve di nematodi nell’intestino. Ad alte concentrazioni possono determinare una serie di conseguenze negative sul consumo di alimenti, sulla attività microbica ruminale, e quindi sulla degradabilità ruminale e sulla digeribilità della proteina con ridotto assorbimento degli aminoacidi, e possono anche ridurre l’assorbimento di alcuni minerali.

Presso l’Università di Catania sono state condotte numerose prove di ingrasso di agnelli con diete contenenti diversi livelli di polpa di carruba. La sostituzione dei cereali con la polpa di carruba in misura del 20% sul tal quale ha determinato le stesse prestazioni produttive (crescita, peso e resa della carcassa) di animali alimentati con le diete controllo, non ha modificato il tenore di grasso della carne e ha reso le carni più chiare (Priolo et al., 1998). Una presenza nella dieta pari al 35% ha permesso di mantenere le prestazioni degli animali su livelli comparabili di quelli alimentati con le diete tradizionali senza influire negativamente sul benessere metabolico degli agnelli ed ha migliorato la qualità del grasso intramuscolare in termini di composizione acidica, in senso favorevole per la salute umana (dati non ancora pubblicati). Livelli di inclusione più elevati (≥45%) invece hanno determinato una notevole riduzione delle prestazioni degli animali con produzione di carni più chiare (Priolo e coll., 2000), con minore contenuto di grasso che risulta però di peggiore qualità in termini di composizione acidica (Vasta e coll., 2007). Simili risultati sono stati ottenuti anche da Obeidat e coll. (2011) con gli agnelli e da Silanikove e coll. (2006) con i capretti. Riguardo all’impiego della polpa di carruba nel pollame, il confronto delle informazioni dei due database (Feedipedia e Alimenti) mette in evidenza alcune discordanze.

Feedipedia indica che il 5% di polpa di carruba peggiora già le prestazioni degli animali ma fa riferimento a ricerche piuttosto datate (la più recente è del 1982); Alimenti suggerisce un uso massimo dell’8%. Per quanto riguarda il coniglio, invece, Feedipedia indica che questi animali sono ghiotti dei baccelli di carruba che vengono comunemente somministrati nelle piccole aziende familiari in Algeria. Nelle ricerche citate in questo database i livelli di inclusione della polpa di carruba, sotto forma di sfarinato incluso nei mangimi destinati ai conigli all’ingrasso, variano da un minimo del 2-3% sino ad un massimo del 20%. Alla luce di quanto esposto, si può concludere che la polpa di carruba rappresenta una valida risorsa alimentare alternativa per la zootecnia, permettendo di sostituire quota parte dei cereali nell’alimentazione dei ruminanti, con possibilità di miglioramento della qualità del prodotto. La valorizzazione dei prodotti del carrubo, farina di semi di carrube e polpa di carruba, fornisce un contributo essenziale al mantenimento del valore economico di una specie arborea tradizionale del paesaggio e della cultura mediterranea e che, in alcune nazioni, è anche inclusa nella lista di specie arboree da salvaguardare.

La bibliografia è disponibile presso l’autrice

 

Foto:  © Rossella – Fotolia.com

Luisa Biondi, DISPA, Università di Catania