In questo contesto, in cui viene riconosciuto – come è avvenuto recentemente in una conferenza mondiale – che per garantire un disponibilità di alimenti sufficiente per alimentare il pianeta sarà necessario duplicare la produzione agricola entro il 2050 e che la superficie coltivata con organismi geneticamente modificati raggiunge a livello mondiale i 125 milioni di ettari (9,4% in più rispetto al 2007) soprattutto di soia, cotone, mais e colza, credo valga la pena di riflettere sull’attuale politica europea in materia di organismi geneticamente modificati.
Non tanto perchè sia dell’opinione che gli OGM risolveranno il problema della fame nel mondo – che è una questione differente – quanto perchè le biotecnologie sono una tecnologia di estrema importanza non solo per migliorare la produttiva agricola e l’introduzione delle colture in aree che naturalmente sono avverse (scarsa piovosità, problemi salini, …), ma anche perché in grado di migliorare la qualità nutrizionale sia dei mangimi che degli alimenti; si pensi ad esempio all’introduzione degli Omega 3, degli acidi grassi essenziali o alla riduzione del fosforo, tutte potenzialità che possono e dovranno incontrare le diverse richieste del consumatore. Tuttavia, come tutte le nuove tecnologie, deve essere valutata e monitorata sulla base di criteri scientifici.
Ora più che mai, quando assistiamo a movimenti anti-OGM di fronte ad una ambasciata, a petizioni via internet e gruppi di scienziati che sostengono l’approvazione dei prodotti esistenti basata sulla valutazione scientifica (Francia e Germania), è necessario instaurare una discussione aperta e depoliticizzata che permetta una scelta libera da parte sia dei produttori che del consumatore, senza rifiutare la sperimentazione e le ricerche che sono gli unici mezzi per valutare la sicurezza dei nuovi prodotti.
Una politica di pettegolezzi e rumori non può sconfiggere il cammino verso l’educazione e la conoscenza.
La recente decisione della Germania, insieme a Francia, Grecia, Austria, Ungheria e Lussemburgo, di proibire la coltivazione del mais MON810, l’unico attualmente autorizzato per la coltivazione nell’Unione Europea, costituisce un cambio di rotta della politica iniziata dal Presidente Barroso sugli organismi geneticamente modificati.
Il Presidente della Commissione si è sempre battuto per una politica di apertura basata sulla valutazione del rischio effettuata dall’EFSA (Autorità Europa per la Sicurezza Alimentare), riconoscendo che la perdita di terreno dell’Europa nei confronti degli Stati Uniti nel campo delle biotecnologie, compromette sia la competitività del settore agroalimentare a causa della scarsa disponibilità di materie prime per alimentare sia gli esseri umani che gli animali, che l’accesso alla conoscenze ed all’innovazione.
Vorrei ricordare le conclusione del gruppo di lavoro di alto livello (Sherpa) così come la ricerca effettuata dalla Commissione (DG AGRI) e successivamente lo studio effettuato dalle organizzazioni europee relativamente alla produzione zootecnica (mangimi ed alimenti di origine animale). Queste conclusioni hanno evidenziato le conseguenze dovute all’inesistenza di una politica relativa all’impatto determinato dalla tolleranza zero per quegli eventi transgenici che non sono ancora autorizzati nell’Unione Europea, ma che sono stati approvati dall’EFSA e che sono stati autorizzati negli Stati Uniti, il Brasile o l’Argentina. Non possiamo importare questi prodotti che sono sempre più spesso coltivati fuori dall’Europa.
L’impatto ammonta a oltre 2,5 miliardi di Euro. Questo è quanto gli Europei dovranno pagare per continuare, allo stato attuale delle cose, una competizione sleale con i partner dei mercati mondiali. La Globalizzazione è un processo irreversibile e l’attuale crisi prevale sulla richiesta di porre fine al protezionismo e di una maggiore regolamentazione.
Non prendiamoci in giro: il mondo non ha intenzione di aspettare l’Europa .
Un Europa che è narcisisticamente orgogliosa di avere, in campo di organismi geneticamente modificati, la legislazione più rigorosa al mondo.
Sono gli stati Membri che hanno il potere di decidere, e che ora vogliono autorizzare o proibire sulla base della sensibilità dell’opinione pubblica e della propria valutazione del possibile rischio, senza considerare che gli studi effettuati dall’EFSA non raggiungano una opinione unanime specialmente in termini di impatto ambientale. Tutto ciò avviene nonostante l’EFSA abbia confermato l’innocuità dei prodotti per la salute umana e animale e per l’ambiente. A tal riguardo la Commissione può fare veramente poco, specialmente ora che non riesce a raggiungere la maggioranza per eliminare il divieto previsto in Austria ed Ungheria che mantengono la clausola di salvaguardia.
In questo scenario non dobbiamo aspettarci importanti cambiamenti di una politica che non fa altro che nuocere all’agricoltura europea ed al settore agroalimentare, privandolo della propria capacità di competere, portandola ad aprire le porte all’importazione di carne, latte e uova da animale che sono stati nutriti con prodotti (OGM, Antibiotici, etc) che l’Europa ha rifiutato.
Sarebbe meglio che i politici responsabili che sono contro gli organismi geneticamente modificati e le organizzazione che le sostengono, spieghino pubblicamente le loro opinioni ed i fatti o che semplicemente propongano di bloccare queste importazioni.
Nonostante tutto questo, non ci sono nè vincitori nè vinti.
Perdiamo tutti e tutti ci troveremo a pagarne le conseguenze. E questa potrebbe essere la differenza tra la nuova PAC dopo il 2013, che ponga al centro l’agricoltura nella sua nobile funzione di produrre alimenti, potrebbe inoltre considerare la via per la creazione di una agro-industria sostenibile. Industria che creerà posti di lavoro e ricchezza per il paese; ma al contempo potrebbe assicurare, con un contratto con la società la protezione del territorio, delle riserve naturali e l’ambiente il tutto tutelando e valorizzando ulteriormente il mondo rurale. In un certo senso si tratta della preparazione al “ritorno alla terra”.
Potrebbe essere che il futuro Parlamento Europeo e la nuova Commissione abbiano un diverso punto di vista ed una “visione “ differente per un dossier di immensa importanza per tutti noi.
Sino a quel giorno, la scelta è tra il Coraggio e l’Ipocrisia.
Pubblicato: Luglio-Settembre 2009
Foto: Pixabay
Jaime Piçarra – Segretario Generale IACA