I mercati nazionali di mais e soprattutto di soia sono avviati, nel 2020, a una calo della produzione a fronte, invece, di un maggior output globale. L’Italia rafforza inoltre il suo profilo di Paese non autosufficiente, con un netto aumento del deficit commerciale per le due colture. È quanto indica Ismea nell’ultimo report sui Seminativi. L’istituto certifica, infine, l’aumento delle quotazioni delle due principali materie prime per l’industria mangimistica. A ottobre i prezzi sono saliti per via delle speculazioni sui mercati. Le attese per i prossimi mesi vanno nella stessa direzione alla luce della domanda di mangimi da parte degli allevamenti piuttosto solida.
Più contenuto il calo per il mais
La produzione mondiale di mais è stata stimata dall’International Grains Council in crescita del 2,8% a 1,15 miliardi di tonnellate. Merito soprattutto dell’ottimo recupero degli Usa: +8%. Della stessa percentuale, invece, dovrebbe scendere la produzione in Ue, soprattutto per la flessione di Romania, Bulgaria e Ucraina. Di fronte a questo scenario, in Italia Ismea ha rilevato una lieve flessione dei raccolti inferiore all’1%, di poco sotto i 6,2 milioni di tonnellate. È il risultato che deriva dalla flessione degli investimenti di quasi il 4% e dall’aumento dei rendimenti unitari che raggiungono 10,3 tonnellate a ettaro nel 2020 (+3,1%). Merito delle piogge abbondanti e uniformi e delle temperature non troppo calde di giugno e luglio.
Con la domanda in crescita, e a livelli superiori all’offerta, nel 2020 si è registrata un’erosione delle scorte finali globali. Escludendo però quelle cinese, nei principali Paesi esportatori lo stock è invece in crescita di oltre il 12%. Dallo scorso luglio, con la nuova campagna di commercializzazione, il mercato internazionale si è dimostrato piuttosto volatile e i prezzi su quello nazionale ne hanno risentito. A luglio i listini del mais erano maggiori su base congiunturale, stabili ad agosto, in calo a settembre ma in decisa crescita a ottobre per il peggioramento dei dati dei raccolti di Ucraina e Ue e per la pressione della domanda cinese (Pechino è alle prese con la ricostituzione della suinicoltura colpita dalla Peste suina africana).
Anche per la soia, con un raccolto globale in crescita, quello nazionale diminuisce. Il forte recupero degli Usa ha portato il raccolto mondiale a 370 milioni di tonnellate. In Italia, invece, la produzione è scesa del 6% rispetto al 2019, a 937 milioni di tonnellate a causa di un calo delle superfici e delle rese a ettaro. Sul mercato internazionale, con produzione in crescita e minima riduzione delle scorte, i prezzi nel medio periodo dovrebbero avere una tendenza al ribasso. Tuttavia nelle ultime settimane c’è stato un apprezzamento. A ottobre le quotazioni sono aumentate dell’8,5%. Tuttavia per i prossimi mesi bisogna considerare sia l’arrivo dei raccolti dal Sud America che il maggiore import cinese. L’unico comparto che ha fatto segnare un aumento è quello dell’orzo, dove i raccolti sono in crescita del 3,4% nel 2020, a 1,1 milioni di tonnellate, grazie a maggiori investimenti e rese.
Soia, forte aumento del deficit della bilancia commerciale
La produzione di materie prime in Italia non è sufficiente e quindi è costretta a coprire il fabbisogno con le importazioni. Per il mais si è passati da un tasso di autoapprovvigionamento del 64% nel 2015 a circa il 50% nel 2019 per colpa di problematiche sanitarie e condizioni climatiche sfavorevoli. Per la soia la richiesta di maggiore prodotto estero si è resa necessaria davanti alla crescente domanda della filiera agroalimentare-industriale ma comunque si è passati da una quota di prodotto nazionale del 54% nel 2015 a una del 34% nel 2019. Il tasso di autoapprovvigionamento dell’orzo è costante intorno al 60%.
Nel 2019 sono aumentati i volumi importati sia di mais che di soia e, con riferimento alle principali materie prime per l’alimentazione animale, si è registrato un peggioramento di quasi 200 miliardi rispetto al 2018 del deficit commerciale, pari ora a 1,851 miliardi. Per il mais il prodotto estero ha sfiorato i 6,4 milioni di tonnellate (+11,1%) con prezzi in calo di solo lo 0,8%. La bilancia commerciale ha così segnato un peggioramento del deficit, con un saldo di quasi 1,1 miliardi di euro contro i 988 milioni del 2018 (+9,2%). Per la soia l’aumento dell’import è stato addirittura del 24%, a oltre 2 milioni di tonnellate, e il deficit è peggiorato del 20,5% (saldo negativo per 681 milioni). Una flessione dell’import ha invece riguardato l’orzo: -13,9%, con un lieve aumento dei prezzi, risultando così in un calo del disavanzo del 12,7%.
Nel 2020 (gen-lug) i numeri paiono diversi. All’avvio della pandemia l’industria mangimistica ha denunciato delle difficoltà di approvvigionamento (l’effetto è stato visibile sui prezzi del mais cresciuti proprio a marzo/aprile, ad esempio). Tuttavia gli scambi con l’estero ne hanno risentito solo in parte. L’import italiano di mais è sceso di poco per via della minore disponibilità di prodotto in Ucraina e comunque dopo il consuntivo 2019 risultato in crescita. Il disavanzo è sceso a 601 milioni di euro, migliorandosi del 5,1% su base tendenziale. Per la soia, invece, si è confermata la tendenza del 2019, con un aumento dei volumi importati del 6,1%, a poco meno di 1,2 mil di tonnellate, e un disavanzo a circa 439 milioni di euro (+9,3% anno su anno). Conferma, ma di segno opposto, anche per l’orzo: -13,2% di prodotto importato.
In ogni caso, la domanda del comparto mangimistico è comunque alta. Gli allevamenti, soprattutto suini, devono infatti far fronte al rallentamento delle macellazioni, conseguente al calo dei consumi nel canale Horeca, prolungando la permanenza degli animali.
Il bilancio del 2019
Lo scorso anno sia la produzione mondiale di soia che di mais è diminuita. Per il mais la flessione è stata minima, dello 0,5%, con un livello di output di 1,12 miliardi di tonnellate. Se gli Usa hanno fatto segnare un calo del 5%, nell’Ue la produzione è stata invece in aumento dell’1,6%. Le scorte sono diminuite ma il prodotto è stato comunque disponibile (infatti il mercato ha registrato una lieve flessione dei prezzi). In Italia c’è stato un incremento dell’1,3%, con un livello totale di 6,2 milioni di tonnellate. Per la soia la flessione è stata del 6,8%, a 338 milioni di tonnellate, risultando poi in una contrazione delle scorte del 24%. La tendenza ribassista ha investito anche l’Italia, a -12% portando l’output totale a un milione di tonnellate dopo il record produttivo del 2018. Il prezzo all’origine della soia nazionale è cresciuto del 4,8%.
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