La pandemia di CoVid-19 ha sconvolto l’economia mondiale. Il lockdown e il blocco alle attività, gli shock produttivi, le difficoltà nell’accesso al credito, la perdita dei posti di lavoro hanno avuto, e avranno, importanti conseguenze. Naturalmente anche il settore primario è stato colpito, mostrando però una certa capacità di reazione. I mercati alimentari – ricorda la Fao – hanno probabilmente subito di meno l’impatto delle perturbazioni della logistica e della minore domanda, ma restano comunque vulnerabili. Più esposti agli effetti della diffusione del nuovo coronavirus sono i Paesi già alle prese con crisi economiche o problemi strutturali, ad esempio quelli che dipendono dalle importazioni. Il rischio da scongiurare, in ogni caso, è quello di un’emergenza alimentare mondiale per l’aumento dei prezzi delle materie prime alimentari, per la disoccupazione e le diffuse difficoltà economiche.
I dati macroeconomici delle principali organizzazioni internazionali indicano una contrazione del Pil mondiale: -6% secondo l’Ocse, -5,2% secondo il Fondo monetario internazionale. Dietro questi dati ci sono riduzioni di reddito disponibile, perdita dei posti di lavoro, cali della produzione, difficoltà a esportare nei mercati dei Paesi più avanzati. La recessione dell’economia potrebbe comportare un forte aumento del numero di individui che soffrono la fame, almeno 83 milioni ma fino a 132 milioni in più. Inoltre secondo la Banca mondiale l’impatto economico potrebbe spingere circa 100 milioni di persone nella fascia della povertà estrema.
Penalizzate pesca e acquacoltura
Le ripercussioni della diffusione del nuovo coronavirus e della gestione dell’emergenza sanitaria sono state diverse nel tempo. In un primo momento ci sono state restrizioni ai movimenti di persone e merci, quindi per il mercato alimentare le difficoltà erano legate all’accesso e non alla disponibilità dei prodotti, spiega la Fao. Poi alcuni Paesi hanno introdotto dei limiti alle esportazioni ma senza eccessi di proibizionismo. In ogni caso il mercato ha mantenuto una certa stabilità; ad esempio le scorte di cereali per il 2020 sono comunque a livelli adeguati e le previsioni per la produzione di grano e altri cereali sono positive. La situazione è più critica nei Paesi che già devono affrontare problematiche nell’approvvigionamento di materie prime.
Anche il settore zootecnico ha subito l’impatto della pandemia, tra difficoltà ad acquistare i mangimi per gli animali allevati, la ridotta attività dei macelli, la carenza di manodopera e le difficoltà nella logistica. In alcune aree di Asia e Africa il segmento si è mostrato particolarmente vulnerabile. Per la pesca e l’acquacoltura tra le conseguenza ci sono state le perturbazioni della logistica e nei trasporti, il calo della domanda, l’impossibilità di alcune imbarcazioni di operare.
Le prime previsioni della Fao per il 2020/21 indicano inoltre una situazione confortevole per la domanda e l’offerta nel settore cerealicolo. Per la produzione totale di carne, invece, si prevede un leggero calo nel 2020, -1,7%, per via delle perturbazioni di mercato e agli effetti prolungati della siccità. Il mercato ittico sarà ancora condizionato dalla pandemia, in particolare l’offerta di freschi, con i produttori che hanno ridotto di molto gli obiettivi di restocking. Tra le specie più colpite ci sono il salmone (domanda mondiale giù di almeno il 15% nel 2020) e i gamberi (in India il calo produttivo sarà del 30-40%). Il settore agroalimentare mostrerà comunque una maggiore capacità di reazione alla crisi rispetto ad altri settori.
Sul fronte delle materie prime, come rilevato dall’Indice dei prezzi della Fao, a luglio c’è stato il secondo aumento consecutivo dei prezzi, dovuto all’incremento delle quotazioni di oli vegetali e prodotti caseari mentre quelle di riso e carne sono calate. Nei mercati locali, soprattutto nei Paesi già colpiti da crisi alimentari, alcuni prezzi stanno aumentando per via dei problemi logistici e delle difficoltà nelle importazioni. Secondo la Fao verosimilmente saranno proprio i Paesi che dipendono dall’import a soffrire di più gli effetti nel medio-lungo periodo della pandemia.
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