Contrazione della domanda ma anche maggiore spesa da parte delle famiglie. Prezzi all’origine in netto calo e forti preoccupazioni per l’export nonostante l’avvio incoraggiante a gennaio/febbraio. Sono alcune delle principali dinamiche rilevate da Ismea nell’ultimo rapporto Tendenze dedicato al settore lattiero caseario e riferito al primo trimestre del 2020. L’analisi ha dunque tenuto conto del primo impatto economico del lockdown e dell’emergenza CoVid-19. Le previsioni per il resto dell’anno non sono rosee e proprio la performance del Made in Italy potrebbe risultare determinante per le sorti del settore.
Prezzi e mercato estero
Sul fronte dei prezzi l’Indice di Ismea ha rilevato un calo su base tendenziale del 6% nel primo trimestre. Hanno pesato soprattutto le flessioni dei listini dei formaggi duri e del latte da stalla (quasi 3 euro/100 litri in meno agli allevatori). Le pressioni al ribasso sono state determinate dalle minori richieste dei caseifici per la ridefinizione della domanda in fase di lockdown. Nel mercato del latte spot il ribasso è stato ancora più netto rispetto ai contratti a media e lunga durata (listini della piazza di Lodi anche sotto i 30 euro/100 kg ad aprile).
I primi quattro mesi del 2020 hanno visto un calo del 20% in media dei listini del Parmigiano reggiano e dell’11% per il Grana Padano. La chiusura dell’Horeca ha penalizzato questi formaggi (con gli acquisti “scorta” dei consumatori che non hanno compensato a sufficienza), così come lo sono stati i freschi, soprattutto la mozzarella, e le materie grasse come il burro. Questo si è verificato dopo un 2019 più incoraggiante, con i prezzi dei formaggi grana che avevano toccato il picco in estate prima di ripiegare in autunno sia per la continua crescita dell’offerta che per il calo dell’export a causa dei dazi statunitensi.
Il 2019 è stato un anno importante anche per l’export di settore che aveva toccato il record di 3,1 miliardi di euro, con molti prodotti in forte ascesa, dal Grana al Gorgonzola ai freschi. E incoraggiante è stato anche l’esordio del 2020: +11% in volume e +12% in valore a gennaio-febbraio rispetto al 2019. Tuttavia sui risultati finali dell’annata peseranno molto probabilmente gli effetti del lockdown all’estero tra chiusura dell’Horeca e difficoltà logistiche.
Anche sul fronte import il primo bimestre ha confermato la tendenza dell’anno precedente, quando, per compensare la minore disponibilità di materia prima e la forte domanda dei trasformatori, c’è stato un aumento di quasi il 12% del latte in cisterna estero. Un afflusso caratterizzato anche da prezzi in aumento. Sebbene in misura più contenuta, la dinamica ha interessato anche l’avvio del 2020.
Spesa famiglie
Il primo trimestre ha visto un rimbalzo delle vendite di prodotti lattiero caseari su base tendenziale (+7%). Il 2019, infatti, aveva visto una certa stabilità grazie al bilanciamento tra calo degli acquisti e aumento dei prezzi, soprattutto per i formaggi. Nel nuovo anno ci sono stati importanti aumenti per i formaggi duri (oltre l’8%), i freschi (+7,9%), gli industriali (+9,5%), meno marcato l’incrementi per i semiduri (+1,7%). Il latte ha visto invece un aumento di quello Uht (per la maggiore durabilità in fase di lockdown, +12,4%, con punte settimanali del +36% su base annua), meno per il fresco: solo +2%, probabilmente come conseguenza di una aumentata propensione alla colazione in casa.
La crisi derivante dalla gestione dell’emergenza sanitaria ha finito per pesare sulla fiducia degli operatori dell’industria di settore. Le attese per il secondo trimestre sono negative, riferisce Ismea. Le amministrazioni nazionali e sovranazionali hanno preso dei provvedimenti per tutelare il lattiero caseario, come i maggiori acquisti di latte Uht nel fondo indigenti, ma la partita si gioca sulla ripresa dei consumi fuori casa e del turismo, e sul consolidamento del Made in Italy all’estero.
Sul mercato mondiale
L’apertura ottimistica del 2020 del mercato mondiale del lattiero caseario è stata compromessa dalla crisi CoVid-19. Nei primi due mesi dell’anno, ad esempio, si è confermato il buon andamento della produzione di latte del 2019 nell’Ue ma la pandemia è arrivata con il picco di produzione primaverile, aumentando la pressione al ribasso sui prezzi. Un altro effetto è stato il calo delle richieste dei caseifici e lo stop a bar e ristoranti che potrebbe indirizzare più latte alla trasformazione di prodotti stoccabili. Ancora, il rallentamento degli scambi e le eccedenze nel periodo di maggiore produzione in Usa e Ue hanno avuto effetto sui listini e di conseguenza anche sul latte alla stalla. Il prezzo medio ponderato in Ue è già diminuito del 2,2% tra marzo e febbraio e dovrebbe calare ancora. Per gli allevatori la Commissione ha definito un piano per l’ammasso privato dei formaggi e del burro.
Anche l’export Ue, dopo gli ottimi dati del 2019, ha perso slancio nel primo trimestre soprattutto per la Brexit e le difficoltà logistiche per CoVid-19. Le spedizioni di latte scremato in polvere sono calate del 24%, quelle di formaggi del 7%. Un ruolo decisivo per il futuro del mercato lo avrà la Cina. Nel primo trimestre 2020 ha fatto segnare ancora un aumento di molti prodotti, dal burro ai formaggi, ma non per il latte scremato per il quale rappresenta il principale sbocco per l’Ue. Molti attendono una possibile ripartenza della domanda cinese: il cambiamento delle abitudini alimentari raccomandato dall’amministrazione potrebbe infatti sostenere una maggiore richiesta di prodotti lattiero caseari dall’estero.
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