La diffusione del coronavirus e le conseguenze della gestione del rischio contagio nel mondo ha spinto al ribasso i prezzi delle commodities alimentari. Nel suo aggiornamento sull’Indice dei Prezzi alimentari la Fao ha rilevato il terzo calo consecutivo: pesano le restrizioni alla logistica, la contrazione della domanda, la riduzione delle attività lavorative, le maggiori disponibilità di prodotto. Il caso della carne è esemplare, come spiega l’economista esperto della Fao Upali Galketi Aratchilage: “La pandemia sta condizionando sia la domanda che l’offerta, con la chiusura dei ristoranti e il minor reddito che hanno portato a meno consumi e la riduzione della manodopera sta impattando sui sistemi di produzione just-in-time nei principali Paesi produttori di carne”.
L’Indice generale della Fao ha raggiunto ad aprile un valore medio di 165,5 punti, in calo di 3,4% rispetto al mese precedente e del 3% su base annua.
Cereali
Solo i cereali hanno fatto registrare una riduzione dell’indice più contenuta: -2,4% portando il valore a 164 punti. Questo perché i prezzi internazionali di grano e riso sono aumentati in maniera significativa e quelli del mais sono calati. Il riso è aumentato del 7,2% in gran parte a causa delle restrizioni temporanee all’export dal Vietnam, poi abrogate, mentre i prezzi del grano sono aumentati del 2,5% a causa delle voci di un rapido adempimento della quota di export dalla Russa. Il calo del mais è dovuto alla precoce ampia disponibilità per l’export e alla minore domanda per mangimi e carburanti.
Un quadro per il 2019/20 e le stime per la prossima campagna
La Fao ha pubblicato anche l’ultimo bollettino sulla Domanda e offerta di Cereali. Per il 2019/20 sono state mantenute le stime della produzione di cereali a 2.720 milioni di tonnellate mentre quelle per il consumo sono state ridotte di quasi 25 milioni proprio per l’impatto della pandemia sulla crescita economica, sul mercato dell’energia e sulla domanda di mangimi. Determinante il ridotto consumo di mais in Cina e Usa che, a livello globale, scenderà di 9 mil rispetto al 2018/19. Anche il consumo di grano è stato rivisto al ribasso – per un minor uso industriale soprattutto in Ue – ma comunque alla fine maggiore del livello dello scorso anno, così come quello del riso.
Il minor consumo porterà a un aumento delle scorte di cereali nel mondo, sopra i livelli di apertura di 13,6 milioni. Il rapporto scorte-consumo sarà superiore del 31%, con una correzione al rialzo per l’aumento previsto di scorte di mais destinate a un massimo storico di 428 milioni. La contrazione nell’uso di mais per mangimi e nell’industria potrebbe portare le scorte degli Usa al record di 62 milioni.
Anche il commercio mondiale è previsto in aumento del 2,8%, soprattutto grazie a grano e sorgo. Le restrizioni all’export di grano della regione del Mar Nero, correlate alla pandemia, sono già state revocate nella maggior parte dei casi e per un anno non dovrebbero influire sugli impegni all’esportazione dei produttori.
Nel bollettino la Fao ha anche fornito le prime previsioni per la stagione 2020/21. La produzione è stimata a 762,6 milioni di tonnellate, in linea con il 2019, con un minor raccolto previsto in Ue, Nord Africa, Ucraina e Usa controbilanciato però dai maggiori raccolti di Australia, Kazakistan, Russia e India. Il consumo dovrebbe mantenersi stabile, con una maggiore quota per l’industria alimentare che compensa le riduzioni per mangimistica e industria. Le scorte sono previste in aumento a 274,5 milioni per la crescita di quelle cinesi. È previsto, per quest’anno, anche un forte aumento della produzione di mais in Argentina, Brasile e Sud Africa.
Carne
Tornando all’indice delle materie prime, quello della carne ha raggiunto 168,8 punti, con un calo del 2,7%. Un recupero parziale nella domanda di importazione dalla Cina non ha bilanciato completamente il forte calo dell’import in altri Paesi. Pesano inoltre le difficoltà logistiche e il forte calo della domanda per il lockdown, con scorte e ampie disponibilità per l’export. Il valore raggiunto è stato di 168,8 punti, il quarto calo consecutivo.
Prodotti lattiero-caseari
L’indice ha raggiunto i 196,2 punti, in calo del 3,6% ma di oltre il 10% per latte in polvere e burro. Hanno pesato le maggiori disponibilità all’export, l’aumento delle scorte, la debole domanda per l’import e le ridotte vendite nel canale della ristorazione nell’emisfero settentrionale. La moderata ripresa per le quotazioni del formaggio è riconducibile alla limitata offerta di spot in Oceania per il declino stagionale della produzione.
Zucchero
L’indice dello zucchero, a 144 punti, ha toccato il punto più basso da tredici anni. Da marzo il calo è stato di ben il 14,6%. I prezzi del greggio in caduta libera hanno ridotto la domanda di canna da zucchero per l’etanolo, dirottando la produzione sullo zucchero e quindi aumentando la disponibilità per l’export. Il lockdown ha poi contribuito alla pressione verso il basso dell’indice.
Oli vegetali
Il calo è stato del 5,2% portando l’indice a 131,8 punti. Sono diminuite le quotazioni di olio di palma, soia e colza mentre sono aumentate quelle dell’olio di girasole per il timore di restrizioni all’export che ha fatto aumentare le richieste dall’estero. La minore domanda di biocombustibile e del settore alimentare hanno contribuito, così come il carico maggiore del previsto di produzione di olio di palma in Malesia e di frantumazione di soia negli Usa.
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redazione